Due interviste che offrono una lettura originale della situazione in Russia, di fronte al conflitto in Ucraina, la prima dall’interno della società russa e la seconda sul piano psicologico.
di Roberto Pippan
Opposizione repressa, consensi in aumento per Putin. Dalla Russia, dove i network sono oscurati, giungono poche e scarne notizie. Il regime censura la stampa, chi dissente finisce in prigione. L’opinione pubblica non protesta in massa contro la guerra al contrario la piazza sostiene il Cremlino malgrado migliaia di soldati, sopratutto giovani, non ritornino più a casa dal fronte ucraino. Molti di questi giovani erano partiti addirittura senza sapere di andare in guerra ma convinti di compiere solamente alcune esercitazioni. Alle loro famiglie arriva una lettera in cui è scritto che sono morti da “eroi patrioti”. Cosa dicono allora gli ultimi sondaggi? l’opinione pubblica russa condivide ancora l’operato del Cremlino? Le pesanti sanzioni imposte dall’Occidente stanno provocando effetti concreti nella vita reale e quindi le prime proteste di massa? Perché cosi numerose persone in Russia finora hanno girato la testa dall’altra parte? Per dare risposta a queste domande e per cercare di capire quindi meglio quello che sta accadendo all’interno dei confini russi abbiamo raccolto due diversi punti di vista: quello di uno studioso storico della Russia e quello di uno psicanalista. Cominciamo con il professor Fabio Bettanin, autore del libro “Putin e il mondo che verrà”, docente di storia delle relazioni internazionali e storia dell’Europa orientale all’università di Napoli.
Professor Bettanin, lei è stato molte volte in Russia ed ha continui contatti in quel paese, cosa sa degli ultimi sondaggi indipendenti sulla guerra?
<< Le conoscenze che abbiamo della Russia contemporanea sono affidate anche ai sondaggi di opinione che vengono condotte da istituzioni indipendenti come il Levada Center (www.levada.ru ) e altre finanziate dallo stato, come il FOM e il VCIOM, che propongono comunque inchieste interessanti su temi sociali e politici (https://fom.ru/; https://wciom.ru/) Non vanno trascurati nemmeno i dati di conoscenza offerti dalle statistiche ufficiali (https://rosstat.gov.ru/) , dalle quali, ad esempio, hanno permesso di stabilire che i dati ufficiali sui decessi in conseguenza dell’epidemia di coronavirus sono inattendibili, e sottovalutano grandemente le cifre reali . Per restare alle questioni politiche, i sondaggi di opinione confermano che negli ultimi anni la presidenza Putin ha goduto di un approvazione popolare molto alta, oscillante attorno al 70%, calata in alcuni momenti per l’accumularsi di problemi sociali, non per dissensi sulla politica estera o sulla politica repressiva inaspritasi dopo il 2014. Ma nel 2021 il 42% dei russi dichiarava di non desiderare la sua rielezione nel 2024, e la percentuale saliva al 57% fra i giovani dai 18 ai 24 anni. Prima della guerra, le preoccupazioni maggiori dei cittadini riguardavano la crescita dei prezzi, le disuguaglianze sociali, la corruzione, la disoccupazione, e infine il coronavirus. In politica, i sondaggi hanno registrato per anni la crescente apprensione per l’inasprimento dei contrasti con l’Occidente, unita a una sostanziale approvazione della linea di confronto seguita dal Cremlino. In sintesi, Putin non era considerato né uno zar, inamovibile dal potere, né un personaggio dotato di un carisma capace di proiettarsi oltre le carenze del sistema e dell’élite politica, dei quali i russi hanno sempre mostrato di non avere una grande considerazione. Nonostante i suoi pessimi risultati e gli incerti obiettivi, la guerra con l’Ucraina, che nel dicembre 2021 il 39% dei russi giudicava improbabile e il 47% dichiarava di non temere, sembra aver consolidato il consenso per l’azione di Putin e del governo. Secondo un sondaggio del centro Levada di fine marzo, l’81% dei russi “sosteneva” l’ “azione speciale” in Ucraina, accogliendo le motivazioni ufficiali: era stata intrapresa per difendere le popolazioni del Donbass (43%), per prevenire un attacco dell’Occidente (25%), per “denazificare” l’Ucraina (21%), per fermare l’allargamento della NATO (14%). Dato il clima di “caccia al traditore”, sostenuta da dure sanzioni penali, le risposte ai sondaggi vanno considerati con cautela. Ma colpiscono alcuni dati. Da tempo i sondaggi registravano che più della metà dei russi consideravano l’Ucraina un paese ostile, e quasi 2/3 erano favorevoli all’annessione delle due repubbliche del Donbass o alla loro indipendenza. Senza essere decisiva, la certezza di poter godere di questa base di consenso interno può aver indotto Putin a una aggressione ch molti indizi fanno ritenere decisa all’ultimo momento. Prima della guerra più della metà dei russi dichiarava di non seguire le vicende dell’Ucraina; ora la percentuale è scesa a circa 1/3, e, se il dato è attendibile, esso definisce i limiti del potenziale di mobilitazione patriottica del regime. >>
I giovani fino a poche settimane fa potevano accedere ai network di tutto il mondo e avevano ogni tipo di informazione. Come vedono la guerra?
<< I giovani russi per quanto risulta da statistiche e sondaggi usano le reti internazionali digitali ancor più dei loro coetanei occidentali, ma sono ancor meno interessati alla tragedia in corso (51%), e approvano in larga misura l’azione delle forze armate russe (71%). Dato che dispongono di tutti i mezzi per accedere ai media occidentali il problema non è dunque nell’informazione di regime. Forse non sono entusiasti di quanto viene detto e mostrato in Occidente; forse vogliono tenersi al di fuori dai guai con dichiarazioni “antiputiniane”: di sicuro, la generazione Z è in Russia, come altrove, largamente apolitica, e, a essere pessimisti, solo una svolta epocale potrà scuoterla da questa condizione. >>
Dai suoi contatti in Russia quale imptessione si è fatto su come si vive oggi nelle città e nelle campagne?
<< bisogna considerare che una delle ragioni di questo comportamento dei giovani va cercata nella sfiducia nell’azione collettiva, nelle riforme, dall’alto o dal basso. In un paese nel quale le differenze di reddito sono fra le più alte del pianeta, e la corruzione pervade ogni aspetto della vita sociale, né il governo né gli oligarchi sembrano interessati a percorrere questa strada, rischiando l’impopolarità. Nel corso del XXI secolo le proteste popolari più ampie e tenaci sono giunte come reazione ai tentativi di alzare l’età del pensionamento, o dalle periferie abbandonate e impoverite. Quasi 40 milioni di pensionati vivono un “tempo di seconda mano”, per prendere a prestito l’amara espressione della Aleksevič, e non sono disposti a barattare aumenti delle pensioni equivalenti a qualche decina di euro con il prolungamento di lavori usuranti e inutili. Nei primi due mandati Putin si era presentato come un efficiente manager del potere, artefice di una straordinaria crescita economica , che, per la prima volta nella storia, aveva consentito a decine di milioni di russi di raggiungere livelli di vita simili a quelli della classe media dei paesi occidentali. La crisi economica globale del 2008, abbattutasi con violenza sulla Russia, ha distrutto la speranza che i glamurnye nulevye, gli anni duemila pieni di glamour, potessero prolungarsi all’infinito senza interventi strutturali più decisi su una economia condizionata dall’esportazione di materie prima. Nel 2012, Putin ha inaugurato il suo terzo mandato presidenziale con un messaggio conservatore a tutto tondo, al quale si è mantenuto fedele sino alla recente aggressione all’Ucraina. Non ha fatto nulla per combattere inefficienze economiche e corruzione, ma ha creato fondi statali che hanno attenuato gli effetti sociali di crisi e sanzioni. Ha progressivamente stretto le maglie della repressione, colpendo personaggi e istituzioni isolate per soffocare preventivamente contro ogni forma di opposizione. Ha consolidato il potere personale con un referendum costituzionale che gli consentirebbe di governare a vita, ma che non ha accresciuto in modo particolare il potere dei quali godeva, dagli anni Novanta, il presidente russo. Alla metà del primo decennio del XXI la risposta alle “rivoluzione colorate” fu la formazione di Naši, un movimento di giovani fiancheggiatori dai quali doveva giungere la classe dirigente della nuova Russia. Fallito questo tentativo, il Putin di oggi non prova nemmeno a rivolgersi alla generazione Z, non tenta di scuoterla dall’apatia politica, non tenta di offrire una prospettiva collettiva ai problemi personali dei giovani. Più che l’incapacità di risolvere i problemi del presente, nella Russia d’oggi spaventa il disinteresse delle élite, non del solo Putin, per i problemi del futuro. Nella vulgata di regime la grandezza della Russia è ormai affidata alla sua capacità di superare, nel corso di una storia millenaria, qualsiasi crisi, riemergendo come grande potenza. Sarebbe arbitrario cercare in essa una spiegazione diretta all’attacco all’Ucraina, ma la sua diffusione ha creato la cornice intellettuale e emotiva per giustificarla. >>
L'idea di ritornare ad essere una superpotenza come lo era l'Urss a molte persone sembra anacronistica in un mondo sempre più globalizzato e che sempre di più si vorrebbe senza confini. Cosa ci insegna la storia?
<< La nuova Russia si è sempre considerata una grande potenza in un mondo multipolare : prima di Putin e durante le sue interminabili presidenze . Nel tempo, sono cambiati i punti di riferimento esterni: sino al 2008 l’obiettivo è stato l’inserimento in un vago Occidente globale, attraverso la cooperazione con la NATO e con la UE, nell’ambito di una Greater Europe. Dopo, è prevalsa l’immagine di un Occidente (sempre globale, non diviso fra USA e Europa) fonte di caos. L’intervento in Libia ha fatto emergere il profilo , dominante nei documenti e nella propaganda ufficiale dopo il 2014, di un Occidente minaccioso, pronto a attaccare la Russia con gli strumenti della guerra ibrida. Credo che questa deriva avrebbe potuto essere frenata con scelte più lungimiranti da parte di NATO e UE, ma la sua causa principale va cercata nel secolare scarto fra le ambizioni della Russia e i mezzi di cui dispone per realizzarle. La Russia di oggi produce poco più dell’1% del GNP mondiale; il suo ruolo di “superpotenza energetica” è destinato a declinare e la pessima performance militare in Ucraina mette in discussione anche il ruolo di fornitore mondiale. di armi a importanti paesi, con le sue ricadute politiche. Soprattutto, oggi la Russia non è un modello per nessuno dei suoi vicini, e la sua pretesa di essere riconosciuta come potenza globale attraverso il controllo di una zona regionale di influenza rimanda al mondo scomparso del XIX secolo. Nella sua tragica inutilità e imprevedibilità, la guerra in Ucraina è l’epifania di questi nodi irrisolti. Purtroppo, nulla lascia prevedere che una Russia democratica, o retta da una dittatura bonapartista, sia in grado di risolverli nel breve periodo. >>
Disinteresse in Russia, soprattutto da parte dei giovani , almeno secondo gli ultimi sondaggi, per i problemi del futuro, e disinteresse per quello che succede in Ucraina. Come spiegarlo? Abbiamo sentito anche il dottor Giuseppe Riefolo, psicoanalista e psichiatra già responsabile di un centro di salute mentale, membro ordinario della Società psicoanalitica italiana e autore di numerosi testi e cortometraggi sui temi del comportamento di massa e sulla sofferenza mentale.
Dottor Riefolo, l’opinione pubblica russa sembra quindi quasi del tutto disinteressata alla guerra. La propaganda dà voce solo alle ragioni di Putin, spesso con notizie false o inesatte. Basta questo a spiegare il fatto che la maggior parte delle persone giri la testa dall’altra parte o ci sono anche altre ragioni?
<< Non basta la propaganda di regime a spiegare l’adesione della gran parte della popolazione alle tesi di Putin. Il fenomeno è molto più complesso della semplice rappresentazione dove uno dice una falsità e l’altro ci crede. In queste situazioni si crea un ampio e complesso campo di scambi fra chi dice falsità e chi ha bisogno (per la propria sopravvivenza psichica e fisica) di credere (Sciascia, se ne è occupato nella famosa disputa Bruneri-Canella, ovvero Lo smemorato di Collegno dove per le vittime parlava di “presbiopia della memoria”…-.). Inoltre un elemento molto potente è un processo che si organizza fra il bugiardo e la vittima dell’ordine della dissociazione. Come nel caso della guerra attuale, dobbiamo pensare che sia veramente difficile che anche in Russia non siano evidenti elementi che attestino la realtà della guerra. In modo meno esteso, ma più grave, si tratta di posizioni presenti anche in occidente dove le notizie sono persino numerose ed esplicite. La dissociazione permette di “sapere senza sapere” ovvero un evento può essere riconosciuto nella sua realtà, ma sostanzialmente “tenuto distante” come evento cfhe ci riguarda intimamente. Questa modalità di dissociazione decade solo quando il soggetto ne viene interessato “somaticamente”. Un esempio è quanto accaduto in molti casi di soggetti no-vax nel momento in cui venivano ad ammalarsi. In sostanza voglio dire che nel caso di propaganda falsa (ci chiediamo: esiste una notizia assolutamente vera? Ovvero che non porti con se il desiderio o la partecipazione soggettiva di chi ce la propone?) ciascuno di noi – a vari livelli di intensità e partecipazione – oppone la salvaguardia della propria sopravvivenza ed usa il corpo come ultimo baluardo di difesa e distanza dall’evento violento. Con questo voglio dire che la propaganda di regime – qualunque essa sia – ha sempre bisogno del soggetto (e dei bisogni primari del soggetto…) per realizzarsi. Quindi “restituiamo” quote di responsabilità a chi accoglie la propaganda falsa perché il falsario non è un soggetto onnipotente, ma come sappiamo dalla nostra esperienza quotidiana, spesso un soggetto goffo e maldestro. >>
In Europa ci sentivamo tranquilli. Eravamo convinti che le molte guerre che si combattono nel mondo fossero tutte così lontane da non interessarci mai direttamente che il nostro benessere ci mettesse al riparo da ogni tipo di pericolo. Dopo la pandemia che ha messo a nudo le nostre debolezze rispetto ad un virus che ha fatto tanti morti, adesso scopriamo che non siamo lontani neanche dalle guerre, una addirittura in Europa, con immagini sempre più raccapriccianti che entrano quotidianamente nelle nostre case. Doppio risveglio scioccante. Ci insegneranno qualcosa queste tragiche esperienze o le nostre vite poi nel tempo ritorneranno come prima?
<< Temo che poi tutto tornerà come prima semplicemente perché la mente, soprattutto di fronte ad eventi traumatici (per trauma intendiamo eventi che interrompono il senso di continuità del Sé - o, in modo più semplice, della nostra personalità: scegliete voi…,- ovviamente la prima definizione è più precisa, ma più tecnica…) gradualmente tende a sostenere la sopravvivenza attraverso due modalità. Da un lato la negazione e dall’altro l’adattamento. Sono due processi che, soprattutto il secondo, hanno bisogno di tempo per realizzarsi. La negazione è la prima modalità e può avere vari livelli di realizzazione. C’è chi nega l’esistenza del Covid fino a chi adotta sofisticate manovre visibilmente esagerate finalizzate ad evitare rischi di contatto e per la guerra c’è chi ne nega l’esistenza soprattutto in Russia oppure l’intero dibattito fra interventisti e non interventisti al sostegno armato verso l’Ucraina ha sullo sfondo anche elementi che riguardano livelli più o meno espliciti di negazione della realtà dell’evento (teniamo presente che anche un iper-coinvolgimento può essere una forma di negazione: gli psicoanalisti lo descrivono ad esempio nelle fobie come “controinvestimento”: ad esempio un agorafobico che può risolvere la fobia degli spazi aperti magari diventando paracadutista…). L’adattamento è un fenomeno (potremmo dire: per fortuna) nella nostra vita molto diffuso. Si tratta di “scendere gradualmente a patti” con eventi che si presentano in modo violento nella nostra esperienza che immediatamente non siamo attrezzati a riconoscerli come appartenenti alla nostra esperienza. Gradualmente, ciò che prima poteva farci paura o terrore, viene ad essere giustificato ed accettato. La cosa importante è che si tratta di due modalità di reazione che gli psicologi riconoscono come fisiologici e positivi e che sono alla base della nostra capacità di affrontare le difficoltà. Alla fine sono alla base della civiltà. >>
Questo può spiegare molte cose sull’atteggiamento della maggior parte dei russi nei confronti della guerra. Ma se negare la realtà può essere una comprensiva difesa individuale, è più difficile credere che questo possa farlo una intera collettività. Non esistono vaccini e mascherine che ci possono mettere al riparo dagli effetti delle guerre e il nostro punto di vista cambierà se questi effetti colpiranno direttamente le nostre vite.
LA RIVISTA apr/giu 2023
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