di Thierry Vissol
Economista e storico, direttore del Centro Librexpression, Fondazione Giuseppe Di Vagno
Aspre discussioni sull’uso o meno del MES (Meccanismo europeo di solidarietà) travolgono i partiti politici. Molti pensano che le “rigorose condizionalità” previste nel trattato del 2012 saranno applicate nonostante la decisione dell’Eurogruppo di non applicarli. Una alternativa proposta da molti è di lanciare un “piano Marshall per l’Europa”, basandosi sul mito costruito all’epoca dalla propaganda americana di un aiuto consentito pro bono.
Purtroppo, non fu il caso. Non solo furono imposte delle condizioni molto dure, ma fu creato la European Cooperation Administration (ECA), per controllare l’uso degli aiuti e delle politiche macroeconomiche con larghi poteri d’investigazione e di sanzioni.
Il European Recovery Program (EPR) delineato da George Marshall nel 1947, fu un tassello importante dell’interesse economico degli USA, perché imponeva l’acquisto di un elenco di prodotti americani. Fu anche centrale nella politica di “containment” dell’espansionismo russo del Presidente Truman.
Dal giugno 1948 a metà del 1951 saranno distribuiti $ 13 miliardi: 11 sotto forma di donazione e 2 in prestiti a tassi agevolati. Al valore attuale, rappresenterebbe l’equivalente di circa € 150 miliardi. Un costo per gli USA, per l’insieme del periodo, stimato all’1,3% del loro PIL.
Per i paesi europei, questo aiuto ha rappresentato in media tra il 2 e il 3 % del loro PIL. L’Italia, ha ricevuto $ 1,5 miliardi cioè l’11,3 % dei fondi Marshall, tra cui il 94 % sotto forma di donazioni. Più della Germania ($ 1,4 miliardi) ma meno della Francia ($ 2,7 miliardi) e del Regno Unito ($ 3,2 miliardi).
Le condizioni del piano Marshall
Per accettare l’EPR, il Congresso aveva imposto delle condizioni rigorose e una stretta vigilanza, economica, politica e finanziaria nell’uso dei fondi. Certo, gli americani affermavano di non avere alcuna intenzione di influenzare la vita politica interna degli Stati europei però "sentivano che era loro dovere preoccuparsene". La distribuzione dei fondi era strutturata in tre livelli : un quadro generale definito nella “Convenzione di cooperazione economica europea” che creava l’OECE organo di cooperazione economica (adesso OCSE); degli accordi bilaterali siglati con i singoli stati membri e l’organismo di controllo : l’ECA.
La Convenzione definisce gli obblighi delle parti, tra le quali: riduzione o soppressione di squilibri eccessivi nelle relazioni economiche e finanziarie; creazione di unioni doganali o zone di libero scambio; libera circolazione dei lavoratori e miglioramento del loro benessere. L’articolo 7 prevede che ogni parte contraente deve “stabilire o mantenere la stabilità della sua moneta, e l'equilibrio delle sue finanze…”.
Gli accordi bilaterali, diversi a seconda dei paesi, furono molto più restrittivi, soprattutto per quelli considerati più a rischio come l’Italia e la Grecia. Ogni paese definiva il proprio programma di sviluppo, che doveva essere approvato dal governo americano. Tra le condizioni generali figuravano: il rigoroso rispetto dei programmi nazionali proposti; la lotta contro : il dirigismo, l'inflazione, i deficit di bilancio, il protezionismo, i tassi di cambio discriminatori, e gli sussidi statali; l’evoluzione delle legislazioni commerciali, fiscali, economiche e sociali verso il modello americano; Il controllo degli USA sull'utilizzo dei sussidi e il rispetto dei programmi nazionali.
Nel caso dell’Italia, l’accordo bilaterale fu formalizzato nella “Legge italiana sulla cooperazione con gli USA” del 4 agosto 1948, n.1108. Alcuni articoli di questa legge meritano di essere citati:
Art II - §1- … il Governo italiano farà del suo meglio per:… C)… pareggiare appena possibile il bilancio dello Stato, creare o mantenere la stabilità finanziaria interna ed in generale ristabilire o mantenere la fiducia nel proprio sistema monetario;…
Art. IV §6 - c) assicurare l'effettiva riduzione del debito nazionale…
La Missione di controllo (ECA) - Oltre al controllo dei macro-obiettivi, il suo ruolo era esteso a tutti gli aspetti pratici: la contabilità precisa delle merci sbarcate nei porti e la loro conformità con gli obiettivi del piano nazionale. Poteva visitare le imprese utilizzatrice delle merci e verificarne l’uso, o le amministrazioni nazionali per richiedere informazioni di tutti tipi. Non esitava a dare «consigli», imponeva ai responsabili nazionali spiegazioni, giustificazioni e una trasparenza totale dell’informazione. Distribuiti in “tranches”, ogni “tranche” di aiuto doveva essere richiesta ed era accordata dopo verifica del rigoroso rispetto delle regole di sana gestione economica e politica.
Una tale sorveglianza non fu sempre ben accetta e creò molte tensioni politiche. Tuttavia, il piano Marshall fu una operazione win-win per gli Stati Uniti e per i paesi dell’OECE, e nessuno si sarebbe spinto fino a denunciare gli accordi. Gli effetti della crisi sanitaria del Covid-19 condurranno ad una crisi economica profonda in tutti i paesi ma più intensa in alcuni paesi come l’Italia a causa dei loro problemi strutturali. Il Pil italiano del 2020 secondo il FMI dovrebbe ridursi tra il -8% e il -10% e il debito pubblico potrebbe raggiungere più del 170% del PIL. Da sola, l’Italia non potrà uscire da una tale crisi soprattutto se non attuerà le riforme che le vengono consigliate da decenni. Per questo sarebbero necessari degli obblighi simili a quelli imposti per beneficiare del piano Marshall.