di Agostino Bagnato

Per un Democratico europeo, di formazione liberale o socialista, il discorso d'insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti suona un serio pericolo, quasi una minaccia estesa al resto del mondo. Non si tratta soltanto della guerra e della pace, dell'economia e dell'emigrazione, ma di aspetti che riguardano l'etica e la morale e quindi toccano nel profondo le ragioni dell'Essere.
La visione di un'America al di sopra di tutto, libera da regole condivise e da contrappesi riequilibratori dei poteri, con pochi megaoligarchi e megatecnocrati desta un allarme grave perché comporta la fine degli organismi internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite. Chi governerà il mondo e chi dirimerà le controversie tra Paesi, sempre più inevitabili per il nuovo equilibrio economico che deriverà dalle politiche ambientali, energetiche, industriali e automobilistiche?
Sono soltanto le prime impressioni al discorso di Trump, sul quali i commenti e le riflessioni continueranno a lungo. Non si tratta soltanto dei destini dell'America ma di tutto il mondo, proprio per il peso politico, economico, militare e culturale del popolo americano.



Un aspetto di plastica inquietudine riguarda l'assenza dell'Europa alla cerimonia. È vero che Giorgia Meloni era seduta tra tanti potenti e che in quanto presidente del Consiglio dei Ministri di uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea, rappresenta idealmente un pezzo importante del Vecchio Continente e della sua storia, ma non è a capo della Commissione Europea, il principale strumento di governo dell'Europa unita. La sua presenza costituisce un fatto quasi personale, per i rapporti che l'on. Meloni ha con Donald Trump e con Elon Musk, impasto di simpatia, amicizia e sintonia politica e culturale. Non a caso nella grande Sala ovale della Casa Bianca era presente la destra di quasi tutto il mondo. Non solo sovranista, populista, nazionalista, miscela di conservatorismo, autoritarismo, militarismo e liberismo anarcoide, ma la nuova destra di tutto il mondo nella cui pancia fermenta il nuovo ordine mondiale.
Ne sono testimonianza le entusiastiche espressioni di giubilo di osservatori e commentatori politici italiani, tronfi nell'appargamento di trovare al potere pochi uomini decisi a fare i propri comodi sfidando tutte le regole.
Tutto ciò non è un buon inizio per il mondo che crede ancora nei valori della democrazia partecipata, nella libertà come conquista e non carta bianca, nelle solidarietà sociale. Se a questo si aggiunge che a volere tutto questo è stato Dio, quel Dio che ha salvato Donald Trump, l'uomo del destino per fare grande non soltanto l'America, l'inquietudine del mondo non può che crescere.
La grande Sala Ovale è apparsa come la fucina agitata da novelli Titani sulle cui spalle poggiavano, leggeri come piume, i destini della Madre Terra.

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