Roma capitale è una espressione attualmente povera di contenuti e di prospettive. Come può passare da τóπoς a λóγoς, da locus a lex? Qual è il progetto politico, istituzionale, urbanistico, economico, culturale e artistico della capitale d’Italia? Non c’è soltanto il degrado crescente degli ultimi tempi a preoccupare la popolazione e a sorprendere negativamente i visitatori che da tutto il mondo continuano ad affollare il centro della romanità classica e della cristianità. Non c’è soltanto la carenza amministrativa nella manutenzione quotidiana della città. A tutto ciò si aggiungono la totale mancanza di visione del futuro, di strategia per crescere nel rispetto dei valori della storia e della contemporaneità e l’indifferenza della cultura e dei suoi più importanti esponenti e protagonisti. Non basta protestare contro l’immondizia che ammorba principalmente il centro storico, come degnamente hanno fatto attori e cantanti, ma impegnarsi per costruire un’idea, un orizzonte, uno spartiacque per la città e la stessa Provincia metropolitana. Questa visibile latitanza di università, centri di ricerca, istituzioni culturali e singole personalità si può giustificare con l’assenza del Campidoglio, anzi il fastidio dei suoi attuali inquilini a guardarsi attorno, a domandare con umiltà aiuto e sostegno, superando i vincoli ideologico-aziendali di tutor esterni privi di qualifica e funzione istituzionale. Ma non è un buon motivo per girarsi dall’altra parte, per paura di essere insultati sul Web, questo orrendo Cerbero della contemporaneità o criticati da sceriffetti di bassa tacca.

Cosa fare? Continuare a guardare, aspettando che cambi il vento o agire, mettersi in moto, in poche parole fare qualcosa. Il senatore Luigi Zanda, presidente dei senatori PD, politico di lungo corso dotato di equilibrio e buon senso, merce rara in tempi come questi che si stanno vivendo, ha proposto una legge speciale per dare forza a Roma.

Un progetto che parta dai fondamentali. «Innanzi tutto va ricostruita da capo l’amministrazione comunale e delle aziende partecipate. Per rimettere in moto questa macchina serve continuità. Ho contato che tra gli amministratori e gli alti dirigenti in un anno ne sono stati cacciati, trasferiti, sostituiti, spostati, privati delle deleghe, più di trenta» ha dichiarato in una interessante intervista al quotidiano Il Messaggero lo scorso 9 settembre. Ma chi deve dettare l’agenda di questa rivoluzione amministrativa? E a cosa deve tendere questa trasformazione radicale della burocrazia capitolina? Ed ecco il disegno di ampio respiro che propone Luigi Zanda e su cui sarebbe interessane che si aprisse una discussione pubblica. «Il futuro di una città si costruisce con un’azione a tre stadi. Il primo è quello dell’ideazione, della messa a fuoco della città che si vuole costruire. Il secondo stadio è il progetto, che è il centro di tutto il processo. E’ nel progetto che le idee prendono corpo e diventano vive. Il terzo stadio è il momento in cui si può passare alla realizzazione». Solo questo scenario di totale mutamento può dare forza all’idea necessaria di trasformare la struttura amministrativa capitolina, vera e propria bolgia infernale di stratificazioni storiche, da quelle corporative a quelle disfunzionanti che molto spesso blocca, complica, vanifica progetti e volontà operative.

Ma se la politica capitolina non se ne occupa, se il sindaco non ne ha voglia o non ne è capace, o peggio pensa che sia meglio affondare che sporcarsi e ferirsi le mani per costruire una zattera e tentare di raggiungere la costa nella bufera permanente, cosa si deve fare? Ci deve pensare il Parlamento. Il sen. Zanda aggiunge: «Se il sindaco non se ne occupa, come dovrebbe, la chiederemo noi dall’opposizione. Deve esserci scritto anzitutto che serve un grande piano straordinario per la capitale, perché Roma non può vivere senza un rapporto di sinergia molto forte con il governo nazionale. E vano indicati i progetti, la strumentazione e le risorse per realizzare questo piano». Se così sarà, si tratta di una svolta nella conduzione dell’opposizione in Campidoglio, impegnata prevalentemente nel controllare gli atti amministrativi, peraltro molto scarsi. «Possiamo chiamare in causa tutta la società romana. Ma è chiaro che, con il nostro ordinamento, il motore di una città è il sindaco. Che ha poteri molto forti. Se viene eletto qualcuno che non ha la formazione adeguata e non conosce il mestiere di sindaco, siamo fritti». Bella espressione, cruda ma vera ed efficace nel denunciare l’attuale situazione di molte città italiane.

Oggi le forze di opposizione in Campidoglio sono deboli sul piano della rappresentanza e nella qualità dell’azione politica. Serve quindi una iniziativa nazionale perché un simile progetto possa divenire credibile e soprattutto attrattivo. Chiamando le forze migliori, le élite intellettuali, gli imprenditori e gli economisti a cimentarsi con il futuro di Roma. Produrre un progetto non è decretare un dogma, ma mettere a disposizione della capitale e del Paese una proposta da aggiornare e verificare nel suo farsi concretezza e realtà. E che non appartenga a nessuna forza politica o maggioranza del momento che sia, ma che costituisca l’imprinting delle migliori energie della società locale e nazionale.

Agostino Bagnato

Roma, 10 settembre 2017

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