Nell’ottobre del 1967 ero una timida ragazzina di 15 anni: frequentavo il V ginnasio del Liceo statale di Civitavecchia e vivevo in un piccolo paese dell’entroterra, che lasciavo ogni mattina in autobus, in inverno con le stelle ancora brillanti nel cielo, per raggiungere la scuola.
Non ricordo se o da quanti anni la tv avesse già trovato posto nel salotto di casa o se la vedessi ancora solo quando tornavo a Roma a trovare i nonni. Di certo allora per me Cuba era molto lontana, al massimo poco più di un puntino sul mappamondo intorno al quale si svolgevano i miei frequenti viaggi …. sognati. Non sapevo nulla di Ernesto Guevara, detto il Che: al massimo negli anni passati avevo colto qualche battuta irridente di mio padre, nostalgico del fascismo, sui guerriglieri “barbudos” che erano insorti contro il governo in un paese lontano. Probabilmente non seppi nulla della sua morte, o comunque per me non ebbe alcuna rilevanza.
A quei tempi la mia vita aveva un unico obiettivo: lasciare quel paesino e tornare finalmente a Roma. Gli ottimi voti riportati agli esami di V ginnasio ebbero il merito di costringere i miei a mantenere la promessa fattami, così ottenni che l’anno dopo la mia famiglia tornasse nella mia città, lasciata 10 anni prima.
Mi ritrovai quindi in un liceo nuovo, con tutti compagni sconosciuti e senza telefono per 8 mesi: quelli erano allora i tempi per avere una linea telefonica!
Quella “contestazione” che non aveva neanche lontanamente sfiorato la scuola precedente improvvisamente mi avvolse totalmente: ero parecchio confusa e non capivo molto di quello di cui si dibatteva intorno a me. Con grande soddisfazione di mio padre ero capitata in una sezione piuttosto destrorsa, ma non mi trovavo molto a mio agio con gli esponenti di quell’area, pur non capendo bene il perché. D’altra parte non mi sentivo nemmeno in linea con quelli che giravano - ovunque - con in mano il “libretto rosso” di Mao Tse Tung. L’ho anche comprato – devo averlo ancora da qualche parte nella libreria - ed iniziato a leggerlo ……. ma non credo di essere arrivata alla fine! E neppure i veementi discorsi del mastodontico compagno della II D Giuliano Ferrara, già leader in pectore, mi convincevano del tutto …..
All’inizio della seconda liceo, l’improvvisa morte di mio padre mi promosse sul campo capo famiglia e, soprattutto, mi colse a metà del guado della mia crescita politica, e il mio graduale avvicinamento alla sinistra ebbe un brusco arresto: mi sentivo in colpa nel rinnegare gli “ideali” di mio padre, così cominciai a frequentare gente di destra.
Ernesto Che Guevara continuava a rimanere molto lontano da me.
A contatto con quelle persone a volte provavo però disagio, anche perché ero vista con un certo sospetto: mi dicevano che sembravo “di sinistra”!! Peraltro, quando capitavo in ambienti di sinistra, dove mi trovavo invece piuttosto bene, e mi dichiaravo “di destra”, venivo guardata con stupore perché ……. secondo loro non lo sembravo proprio!!!
In quegli anni i confini ideologici e le definizioni erano molto molto chiari ……. Dunque in me qualcosa non doveva funzionare …….
Tutte le ambiguità si sciolsero definitivamente nel 1974, con il referendum sul divorzio: il mio primo voto (allora la maggiore età si raggiungeva a 21 anni)!
Nonostante venissi sollecitata perentoriamente a votare per l’abolizione, il mio NO fu più che convinto e deciso, e segnò il punto di non ritorno per il mio percorso di crescita.
Fin dal 1971, nel corso della III liceo, avevo cominciato a lavorare nell’Ente dove aveva prestato servizio mio padre. Nel mio ingenuo candore, il primo giorno di lavoro mi presentai in pantaloni, indumento che usavo abitualmente per andare a scuola. Non mi accorsi minimamente che la cosa aveva fatto scalpore: me lo fece notare una collega solo dopo diversi mesi. Rimasi di stucco e mi resi conto anche di tante altre questioni di cui non mi ero minimamente accorta: nel mondo del lavoro eravamo molto lontane dalla parità con gli uomini e per noi donne c’era davvero ancora tanto tanto da fare!!!
Ernesto Che Guevara e i suoi guerriglieri erano ancora molto lontani …..
Furono anni di marce e di gonne a fiori, di manifestazioni e di eskimi ….. eravamo continuamente in strada per tutto: per i diritti civili, per il Vietnam, per la condizione della donna ……. E spesso nei cortei si vedeva sventolare la bandiera cubana e l’immagine di quel volto bellissimo, circondato da riccioli neri e da un basco con la stella, con lo sguardo intenso e sognante allo stesso tempo, rivolto verso un futuro misterioso cominciò a divenirmi familiare, ma ancora non mi colpiva emotivamente.
Gli anni passavano e la lotta testarda dei cubani contro l’embargo americano era ben nota e a tratti si facevano raccolte di medicinali e beni non deperibili da inviare, ma Che Guevara e Cuba sono entrati davvero nel mio cuore solo molto più avanti, quando ero già adulta. Nell’estate del 1997 con un’amica decido infatti di passare le vacanze a Cuba: era proprio l’anno in cui le spoglie del Che erano state ritrovate e riportate nell’isola.
Santiago de Cuba, la caserma Moncada con i proiettili ancora conficcati nei muri, lo sbarco del Granma, la lunga guerriglia nella Sierra Maestra si fanno strada nella mia mente: Fidel, Il Che, Camilo Cienfuegos, il coraggio e la determinazione loro e dei loro uomini e le condizioni in cui avevano combattuto mi lasciano totalmente allibita e sconcertata. Più tardi all’Avana, al Museo de la Revolución, ho avuto modo di formarmi un’immagine ancora più chiara sia degli stenti sofferti, che del coraggio e della forza di quegli uomini che, in condizioni infinitamente inferiori di numero e mezzi, riuscirono a liberare Cuba dalla tirannia.
Il ritratto gigantesco del Che domina Plaza de la Revolución e mi diede un’emozione fortissima: i suoi resti mortali erano lì, a pochi metri da noi, custoditi in attesa di venir traslati a Santa Clara, dove era in costruzione il monumento a lui dedicato. Avrei voluto rendergli omaggio con un fiore, ma era proibito, chissà perché non si poteva e mi è rimasto un gran rimpianto …..
Nelle strade di Cuba ho poi avuto modo di constatare le difficoltà quotidiane che i cittadini erano costretti a ad affrontare, ma anche di ammirare il loro orgoglio, il coraggio, la determinazione e anche la creatività con cui le affrontavano, anche se nei più giovani si cominciava già a notare qualche ….. cedimento.
Un giorno nei vicoli del centro dell’Avana ho trovato un pittore che fra le sue opere aveva una riproduzione su tela del mitico ritratto del Che e l’ho acquistata: da 20 anni quel ritratto è su una parete del mio studio. Ogni volta che lo guardo il pensiero ritorna al passato e agli ideali di un uomo che ha scelto di dedicare ad essi l’intera sua vita, con una determinazione che mi appare davvero stupefacente. Penso che neanche le sconfitte che ha subito potranno mai, nemmeno lontanamente, scalfire il suo fascino immortale.