di Agostino Bagnato
In ricordo di Fulvio Gressi

Il ricordo incrocia la casualità e una semplice suggestione emotiva diventa pretesto per dare corso alla narrazione. La storia si trasforma in  contenitore di persoggi e avvenimenti realmente accaduti intrecciati con invenzioni narrative.
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Michele Sestito era nato a Tricarico  nel 1953. L'anno della morte di Rocco Scotellaro. Aveva sempre sentito parlare di quel giovane sindaco di Tricarico condannato ingiustamente alla galera, calunniato dai suoi concittadini nemici politici, gli agrari, i clericali, i borghesi, tutto quel mondo erede del fascismo rimasto ancorato ai vecchi poteri.
Socialista, amico di Carlo Levi e di Manlio Rossi Doria, il giovane Rocco Scotellaro si era fatto stimare e amare dagli abitanti di Tricarico e in particolare dai lavoratori della terra per il suo impegno politico e per l'attività letteraria. Le sue poesie erano apprezzate dai giovani e dalle ragazze per il realismo è il forte sentimento  sociale e ideale, incardinato sull'amore per la sua terra, la Basilicata.


Rocco Scotellaro

Il suo insegnamento era considerato positivamente. Univa all'impegno scolastico quello della politica. Parlava di riforma agraria per dare la terra a chi la lavora, di emancipazione dei contadini e di sviluppo del Mezzoggiorno. Era stato insegnante in città dell'Italia centrale e spiegava bene le condizioni di arretratezza del Sud rispetto al Settentrione. Fondò la sezione socialista e insieme ai comunisti promosse la lista elettorale per il comune di Tricarico che vinse le elezioni amministrative del 1946, le prime dopo la caduta del fascismo.
Michele Sestito aveva sentito questa storia dalle labbra del padre, bracciante come la maggior parte dei lavoratori della terra e gli era rimasta fissa nella memoria. Le sere d'inverno davanti al focolare mentre bruciava lentamente la legna o attorno al braciere, posto al centro del soggiorno al piano terra della modesta casa di famiglia posta nella parte alta dell'antico borgo, il ragazzo ascoltava i racconti del padre. Racconti incentrati sul tempo passato, sulla guerra in Grecia e in Jugoslavia e poi sul lager in Germania da dove era scampato miracolosamente fino alla liberazione da parte dei soldati sovietici. E poi le prime occupazioni delle terre per ricavare di che vivere, la cooperativa agricola per trattare con il Comune la concessione delle quote demaniali e con gli agrari per la coltivazione delle terre incolte,  gli scontri con la polizia al sh avanti nel guidare i contadini a fianco della locale Federterra.
Erano stati anni di entusiasmo, passione civile e speranza. Ma la delusione era arrivata ben presto. La riforma agraria era stata tradita da Alcide De Gadperi e Paolo Bonomi. I poderi assegnati ai contadini erano aridi e infertili. Il padre di Michele non aveva neanche ottenuto quel pezzo di terra arido e brullo, scartato perché comunista e seguace e  sostenitore di Rocco Scotellaro. Restava poco da fare. Le giornate di lavoro sui campi si riducevano sempre di più, le prime macchine agricole sottraevano mano d'opera nelle aziende agrarie della zone. Cosa fare?
Qualcuno suggerì di emigrare, andare via da Tricarico, dall'Italia. Molti conterranei andavano in Germania o in Belgio. Così, Salvatore prese la corriera, portando con sé una valigia  di cartone legata con lo spago, per la stazione ferroviaria di Potenza da dove avrebbe raggiunto Salerno e il treno per Monaco di Baviera, insieme ad altri disperati come lui.
Non ha fatto più ritorno a Tricarico. Un grave incidente sul lavoro, verificatosi in un cantiere edile nei pressi di Augsburg, lo aveva sottratto alla vita. La salma giunse a Tricarico accompagnata da un funzionario del Consolato italiano in Baviera. Quel che restava del Paese, svuotato dell'emigrazione, si strinse attorno a Maddalena, la vedova, ed ai bambini tra cui Michele ancora incapace di comprendere l'accaduto.
Michele cresceva nel ricordo del padre e nella ricerca di tracce di quel giovane sindaco poeta, di cui tutti in paese parlavano con rispetto e ammirazione.  La maestra ripeteva di tanto in tanto alcuni versi selle poesie più famose. Una in particolare aveva colpito il ragazzo. Erano pochi versi, dedicati alla Lucania. La maestra aveva voluto che i ragazzi li imparassero a  memoria, al pari delle poesie più famose della letteratura italiana.
Era intitolata Lucania  ed apparteneva ad una delle prime raccolte poetiche del giovane, pubblicata dall'editore Giuseppe Laterza nel 1940, quando aveva appena diciassette anni.

M'accompagna lo zirlio dei grilli
E il suono del campano al collo
D'un'inquieta capretta.
Il vento mi fascia
Di sottilissimi nastri d'argento
E là, nell'ombra delle nubi sperduto
Giace in frantumi un paesetto lucano.



A distanza di  cinquanta anni, Michele si ricordò di quei versi memorabili. Si era costruita una vita lontano da Tricarico e dalla Lucania.
Dopo gli studi di base e il liceo classico, aveva frequentato l'Università di Salerno, laureandosi in storia contemporanea, discutendo una tesi sulla "L'eredità del feudalesimo nella Questione meridionale" con il professor Augusto Placanica, ottenendo il massimo della valutazione. Era felice. Ma le prospettive di vita erano piuttosto difficili nel Mezzogiorno. Così decise di prendere la strada per Torino. Trovò subito lavoro presso la casa editrice Einaudi, come consulente storico. Anni difficili, a causa delle tensioni sociali e politiche, sui quali incombeva la minaccia costante di azioni terroristiche. Le pulsioni ribellistiche erano molto presenti in Michele, basate su componenti di brigantaggio agrario e post unitario, ma fece prevalere sempre il buon senso e la ragione. Frequentava gruppi di sinistra, coerente con l'educazione ricevuta dalla famiglia e dall!'ambiente universitario, ma ha tenuto testa a sollecitazioni eversive e peggio ancora terroristiche. Conobbe una ragazza torinese di origini proletarie, proveniente dalle Langhe, impiegata in uno studio legale, se ne innamorò e finì con lo sposarla. Vissero felici, grazie anche alla nascita di due figli, Luciana e Salvatore.
D'estate Michele tornava qualche giorno a Tricarico per fare visita alla madre ed ai fratelli e trascorrere qualche giorno al mare sulle spiagge di Metaponto. Il podere di famiglia era stato trasformato in una piccola fattoria moderna. La produzione di latticini e formaggi tipici rendeva bene e dava larghe soddisfazioni economiche. A Tricarico il ricordo di Rocco Scotellaro era ancora molto vivo. Anzi, in occasione dei cinquanta anni della scomparsa del poeta, Michele aveva partecipato ad alcune iniziative culturali. Il livello degli studi sul poeta era decisamente cresciuto, frutto dell'impegno culturale delle associazioni locali, delle istituzioni e dell'attenzione per i problemi del paesaggio e dell'ambiente, di cui Scotellaro è stato sensibile cultore.
Una sera, sulla piazza antistante la Torre saracena in cima alla città, Michele notò un giovane straniero che praticava tatuaggi. Era in compagnia di una ragazza scura di capelli e di carnagione, chiaramente di origini gitane.


La Torre saracena di Tricarico

I due sostavano all'angolo della piazza, accovacciati ciascuno su uno sgabello di legno, tenendo ciascuno una cassettina aperta, con I materiali per effettuare tatuaggi. Michele si accostò.
- Buona sera, signore? Desidera un tatuaggio? - chiese il giovane con chiaro accento spagnolo.
Michele ebbe un lampo. Ricordò la poesia Lucania  che conosceva a memoria dall'infanzia e chiese se potesse essere tatuata. Recitò alcuni versi seduta stante e mostrò il braccio dove avrebbe desiderato venissero riprodotti i magici versi.
- Sarei felice di portare sulla pelle questa poesia. Lei la conosce?
- Mi dispiace, non conosco questo Poeta - rispose impacciato il giovane, mentre la ragazza preparava alcune boccettine d'inchiostro.
- È la nostra gloria locale. Un grande Maestro della parola e del sentimento civico. Il più importante poeta del Mezzogiorno. - Michele parlava come se Rocco Scotellaro fosse davanti a lui.
- Mi faccia avere il testo e vedremo con Carmencita cosa si potrà fare.
- Lo scriverò su un foglio di carta. Quanto tempo ci vorrà? - chiese impaziente.
- Non meno di due ore. Dovremo incontrarci domani.
- Bene. Non abito lontano. L'aspetto qui domani attorno alle ore 18,00.
- D'accordo. - Si strinsero la mano.

Michele era orgoglioso del tatuaggio, la cui esecuzione si presentò più difficoltosa del previsto. Manolo fu all'altezza del compito. Era felice dell'opera compiuta.
Michele tornò a Torino e mostrò il tatuaggio ai colleghi delle Edizioni Einaudi come un vero e proprio trofeo. Gli amici e i colleghi gli manifestarono apprezzamento e simpatia. Molti speravano di poter pubblicare le opere di Rocco Scotellaro alla futura scadenza dei vincoli editoriali gestiti dalla Siae. Michele avrebbe potuto fornire qualche contributo.


Foto di Anna Rita Piacentini (Viterbo, febbraio 2025)

Dopo qualche anno, le cose cominciarono a cambiare per Michele. La figlia Luciana era partita per Bruxelles, assunta da una società d'informatica che lavorava per l'Unione Europea. Il figlio Salvatore si era laureato in ingegneria mineraria ed aveva deciso di trasferirsi a Dubai. La moglie non godeva delle migliori condizioni di salute e fu costretta a lasciare il lavoro.
- Cosa facciamo, ora che siamo soli? - chiedeva Michele alla moglie di tanto in tanto. - Io potrei tornare a Tricarico.
- A fare cosa, il contadino? - interloquiva Maddalena. La prospettiva l'allarmava.
- Non ne sono capace, ma I miei fratelli stanno benissimo sul loro piccolo podere...
Discorsi ripetuti sempre più spesso. Tuttavia, anche la donna cominciava a soffrire di solitudine. La mattina trascorreva per mercatini e negozi, il pomeriggio a qualche evento culturale con qualche amica. Raramente usciva la sera, anche in compagnia di Michele.
Decisero di aprire un piccolo negozio di libri, non lontano dal centro della città.  Maddalena avrebbe potuto gestirlo alla meglio, magari facendosi aiutare da una ragazza. Libri usati, innanzi tutto, a cominciare da quelli rari. Qualche edizione antiquaria, accompagnata da stampe d'epoca e da incisioni di pregio. A Maddalena il gusto e la competenza non mancavano.
Di tanto in tanto si svolgevano incontri, dibattiti, presentazioni di libri. Tutto procedeva per il meglio.
A Michele mancavano ancora alcuni anni per andare in pensione e l'idea di dedicarsi a tempo pieno alla libreria lo gratificava. Anche Maddalena aveva recuperato le forze ed acquistato maggiore fiducia in se stessa. Decisero di compiere un viaggio di piacere nella Tuscia. A Viterbo si recarono a visitare il quartiere medievale di San Pellegrino dove ancora resistevano negozietti di antiquariato, studi d'artista, locali tipici. Si ritrovarono così nella vecchia libreria antiquaria al centro del quartiere.
Michele avrebbe vissuto una esperienza e una emozione difficilmente dimenticabili.


Viterbo, il quartiere medievale di San Pellegrino

Un tardo pomeriggio della lunga estate di quell'anno, la giornalista Agnese Stella entrò nell'antica libreria in cerca di un libro lungamente desiderato, promesso alla nipote docente di filosofia medievale all'Università di Praga. Si era recata a Viterbo, sua città natale, per incontrare dei colleghi francesi impegnati in una ricerca sulla storia del movimento per l'emancipazione delle donne in Italia e il ruolo dell'Udi, l'unione Donne Italiane, di cui Anna Rita era stata una delle principali animatrici. Per l'occasione avrebbe sistemato alcune incombenze notarili dovute a questioni patrimoniali della sua famiglia. Ne approfittò per cercare il libro da regalare alla nipote.
-  Buona sera, Andrea, ti ricordi di me? - disse rivolta all'anziano libraio.
- Oh che piacere, Agnese! Come stai? Ogni tanto ti fai vedere...
- Cerco un libro per mia nipote. Spero di trovarlo da te. - Notò la coppia di Maddalena e Michele che scrutava attentamente le vetrine. I libri antichi, rilegati a dovere, erano allineati con il dorso ben in vista. Quelli antichi ugualmente presentati con cura. Uno spettacolo a cui Michele e Maddalena erano abituati, per provarono un senso di piacere a trovarsi nel negozio ricavato da un antico locale medievale. Le pareti erano tutte in tufo, lasciate a faccia vista, il che arricchita il fascino del luogo.
- Di cosa si tratta? - chiese Andrea.
- L'uva puttanella di  Rocco Scotellaro. Cerco l'edizione vecchia, quella del 1955 di Laterza. La prima, con la prefazion7e e forse la copertina di Carlo Levi.
Michele ebbe un sussulto. Qualcuno s'interessava di Rocco Scotellaro dopo tanti anni della sua scomparsa e così lontano da Tricarico... Sentì appena la risposta del libraio.
- Non credo sia disponibile, ma ci guardo. - Il tono della voce di Andrea non dava molte speranze.
- Scusi se m'intrometto, signora - sentì esclamare alle sue spalle. Si voltò di scatto.
- Mi dica!
- Sono curioso di sapere perché s'interessa di Rocco Scotellaro? - La voce dell'uomo era ferma, ma testimoniava una certa attesa per la risposta.
- È un grande poeta che ho sempre amato. Sono stata a Tricarico, suo paese natale in Basilicata, proprio per partecipare ad un convegno di studi su Rocco Scotellaro. Non ho più dimenticato quei luoghi, così cari a Carlo Levi. Noi viterbesi lo abbiamo eletto senatore nel 1963 - rispose sicura Agnese.
- Ma io sono nato a Tricarico. Vivo a Torino e per Rocco Scotellaro nutro la più grande ammirazione. Sono orgoglioso di essere lucano e di essere nato nella terra di Scotellaro.


Veduta di Tricarico

- Guarda che coincidenza! Ci troviamo nella Città dei Papi a parlare di un poeta del Sud...
Michele si bloccò un attimo, poi si tirò la manica della leggera camicia di lino e mostrò un tatuaggio.
- Guardi, signora! Legga...
Agnese allungò lo sguardo sul braccio e lesse le prime parole: M'accompagna lo zirlio dei grilli
E il suono di un campano al collo...
Ebbe un fremito di gioia. Un sotterraneo piacere che nasceva dal più profondo dell'Essere.
- Ma sono i versi di Lucania...
- Esatto. Li ho fatti tatuare anni fa sul mio braccio come atto di amore verso Scotellaro e come segno di riconoscimento della mia persona, la mia appartenenza alla terra d'origine. Sono fiero e orgoglioso di essere terrone! Per me questi versi vergata sul braccio sono come una carta d'identità!
Maddalena ascoltava come in sogno le parole del marito. Sentiva anche lei lo stesso sentimento per la sua terra d'origine, le Langhe, attraverso la lettura di Cesare Pavese.
Andrea si avvicinò con un libro in mano, esprimendo nel contempo la sua sorpresa e ammirazione.
- Un gesto davvero simbolico, una dedica d'amore! - Mostrò il libro. - È questo, vero?
- Sì, è questo! - esclamò Agnese  spalancando la bocca a un grande sorriso.
- È una rarità! Come ho fatto a conservarlo tutti questi anni... Lo avevo dimenticato.
- Congratulazioni, signora! Un libro bellissimo. Anche io possiedo la stessa edizione. Un dono di mio padre che ha conosciuto ed ha sempre sostenuto Scotellaro!
Uscirono tutti e quattro sulla piazzetta e respirarono a pieni polmoni l'aria che cominciava a rinfrescare. Il sole rideva scivolando sulle secolari pietre di tufo delle case.


La copertina del libro

Roma, 15 febbraio 2025 

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