di Agostino Bagnato
Stefania Fienili è apparsa di recente sulla scena artistica romana, con prolungamento addirittura in Cina. Una pittrice e scultrice che riesce a mettere in evidenza le proprie emozioni che si fanno colore, segno e materia. “I colori in particolare sono le mie vere “parole”, il mio linguaggio profondo ed intimo” afferma nel corso di questa intervista. Parlare con Stefania è un godimento per la mente, riportata sempre al presente, con un fondamento di ottimismo e di positività che appartengono ad una donna che sta vivendo la maturità come una seconda giovinezza. Da qui la freschezza e naturalità dei suoi pensieri che si fanno forma attraverso i sogni.
Recentemente ha tenuto una mostra personale a Roma che può essere considerata un punto di partenza per ottenere nuovi traguardi. Ecco il testo della piacevolissima conversazione.
Stefania Fienili negli anni ‘80 con il suo gufo domestico Morfeo, il suo spazio per dipingere e in una foto degli anni recenti
La tua ultima mostra a Roma è stata un successo. È stata preceduta da partecipazioni a collettive che hanno segnato la qualità della tua pittura e scultura, lo spessore del tuo lavoro, l’originalità del tuo pensiero, la poeticità della tua natura. Consideri questo appuntamento romano un punto di arrivo, un traguardo conquistato?
Faccio una premessa: ho da sempre avuto matite e colori fra le mani. Come tutti i ragazzini forse, forse con una “vena artistica” ereditata in famiglia nonostante la mia sia stata una famiglia di artigiani e impiegati, piccolo borghese come si sarebbe definita un tempo. Una famiglia che mi ha dato stimoli e suscitato tante curiosità, tante passioni e sensibilità proprio verso l’arte ma non solo. Mi è stato trasmesso l’amore per la natura e qui intendo mondo vegetale e animale, di cui casa mia è stata ed è abbondantemente ricca in presenze e varietà. Fin da bambina ho appreso ad amare, convivere e rispettare queste forme di vita diverse da noi, fanno parte di me e quest’esperienze si riflettono sicuramente anche nelle mie opere.
Purtroppo questa stessa famiglia mi ha impedito di seguire gli studi che desideravo intraprendere, vuoi per pregiudizi o per eccesso di “protezione”.
La mostra romana presso la galleria Horti Lamiani Bettivò è stata piuttosto un’occasione molto positiva per esporre le mie opere, un’esperienza di crescita, soprattutto di confronto con le reazioni delle persone che hanno visitato la mostra.
L’ampio apprezzamento ricevuto è indubbiamente gratificante e un grande stimolo per la mia ricerca artistica.
Nel 2019 hai partecipato ad uno scambio artistico con la città di Chongquing, molto importante per acquisire nuove conoscenze. Che ricordo hai di quella esperienza collettiva?
Il viaggio in Cina è stata un’occasione straordinaria. La conoscenza diretta di quella realtà umana e artistica molto forte e importante. L’esperienza a Chongquing, rappresenta un punto di svolta per il mio lavoro. Mi ha sollecitata a superare alcuni “blocchi”, incertezze,a sentirmi artista fra gli artisti. Mi ha costretta ad esempio a lavorare all’aperto, con persone che passavano, guardavano e commentavano, per fortuna in cinese, affrontando tela e colori con poco tempo a disposizione, situazioni queste mai vissute prima che mi incutevano una grande ansia.
In quel viaggio mi sono confrontata e ho lavorato anche con altri cinque artisti del nostro gruppo, tutti accademici e con un importante bagaglio artistico che mi hanno incoraggiata e consigliata per il mio lavoro, con loro è stato naturale entrare in sintonia, in amicizia.
Di quest’esperienza devo essere grata a Gerardo Lo Russo ex direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma ed alla sua Accademia di Belle Arti di cui Angiolo Marroni è presidente. Sono loro due che mi hanno coinvolta e spinta a partecipare come artista.
Chongquing, Cina, 2019. Nel parco della loro Accademia d’Arte e il Museo dell’Accademia di Chongquing
Da dove sei partita per ottenere questi risultati che anche i collezionisti hanno premiato?
Credo fondamentalmente dalle emozioni. Le mie opere nascono tutte da emozioni. Dalla fascinazione che mi può suscitare una luce, un paesaggio o, più da uno stato d’animo intimo che mi si agita dentro.
Nel caso delle sculture c’è in più l’interazione con la materia quale che sia, terracotta o pietra, che mi permette di lavorare e dare forme tridimensionali alle mie ispirazioni. Nelle mie recenti sculture c’è una ricerca di far convivere, di integrare anche materiali diversi: la terracotta smaltata che si intreccia con legni che raccolgo al mare. Ma tornando alla mia “curiosità” questa mi ha spinto anche a sperimentare di scolpire nell’ossidiana, vetro naturale vulcanico, faticosissimo e difficilissimo da lavorare, tant’è che non so se mai ripeterò quest’esperienza.
Come hai scoperto questa vocazione? Il tuo percorso formativo corrisponde al tuo viaggio nella creazione artistica?
Credi sia una “vocazione”? Io l’ho sempre sentita piuttosto come una necessità.
È il mio modo e bisogno di esprimermi, i colori in particolare sono le mie vere “parole”, il mio linguaggio profondo ed intimo. Dipingere mi è necessario, quando ne sento l’impulso sono inquieta finché non gli dò spazio e forma.
Nei miei quadri ci sono parti di me, ci sono sogni, incubi, solitudini, c’è anche amore, ci sono le mie passioni, ad esempio per il mare. A volte c’è rabbia, come nel quadro “Africa”, tutta la mia condanna alla disumanità e all’egoismo umano sul dramma dei migranti. Ci sta anche il mio pensiero politico come in un piccolo quadro che io amo molto “Miral resiste”, il cui titolo fa una citazione dal romanzo “La strada dei fiori di Miral” dell’autrice Rula Jebreal. Per me quel papavero che vive e cresce, nonostante asfalto, cemento, recinti, immondizie e incuria, illuminando col suo colore rosso le nostre vie e primavere, è simbolo di ogni “RESISTENZA”, da quella della Natura che “resiste” e “rinasce” in una piccola semplice pianta di papavero, a quella di chi resiste alle ingiustizie, ai soprusi, alle discriminazioni. Il rosso Papavero/Miral, spesso, troppo spesso ignorato dai passanti distratti che non sanno percepirne la forte vitalità e fragile bellezza, è simbolo e colore della RESISTENZA.
Per ciò che riguarda invece la mia formazione scolastica purtroppo è stata a dir poco lontanissima dall’arte. È stata scelta dalla mia famiglia non sulla base delle mie aspirazioni. Questo ha significato subire quegli anni di studio, viverli male e indubbiamente ha condizionato le mie scelte di vita dopo la maturità.
Quali sono stati i tuoi studi di base e come sei approdata alla maturità culturale, in senso lato? La tua epifania artistica manifesta un bagaglio umanistico molto interessante, fatto di agganci a scuole di pensiero molto solide, dove la realtà appare filtrata da trame metafisiche che si fanno sogni, colori, forme. È così?
A questa domanda mi viene di rispondere con una parola: grazie alla curiosità. Per fortuna sono curiosa. Curiosa di capire e decodificare il mondo che mi circonda. Questo credo mi abbia “salvata” dall’appiattimento formativo del tipo di studi che ho dovuto fare: Istituto per ragionieri, quanto di più freddo e lontano da me! Ma la scuola non è solo apprendimento nozionistico, specialmente in quegli anni. Nel ’68, avevo 15 anni ed anche una profonda impronta politica ricevuta in famiglia, è stato naturale impegnarmi nel movimento studentesco e dopo la maturità l’approdo nel PCI a Nemi, cittadina dove mi ero trasferita e dove fra il 1980 e il 1995 ho avuto incarichi nell’amministrazione comunale. Anche queste esperienze hanno arricchito quello che tu chiami il mio “bagaglio umanistico”.
Poi ho sempre amato leggere, leggere, leggere anche se disordinatamente, leggere dai romanzi ai saggi. Leggere di storia, di antropologia, di etologia, di arte, di botanica. Il viaggio in Cina ad esempio mi ha suscitato il desiderio di capire meglio quel mondo e così ho letto testi su quelle filosofie e la sua storia millenaria.
Quanto ha pesato l’attività professionale svolta in diversi campi nella sedimentazione artistica?
Più che l’attività professionale in senso stretto sono stati formativi tutti gli altri miei interessi.
Quando ti sei accorta che potevi intraprendere il cammino artistico? C’è stato quel corto circuito tra coscienza ed emozione?
Come ti ho già accennato ho sempre avuto il desiderio, la necessità di cimentarmi in un percorso artistico che per motivi contingenti di tempo, di altri impegni non potevo praticare se non molto saltuariamente. Ho dovuto aspettare di liberarmi dei doveri familiari e lavorativi, della mera quotidianità per potermi concedere il libero uso del mio tempo. In pratica ho dovuto attendere di essere una signora di una certa età che però ha conservato intatta la voglia di mettersi in gioco, anzi diciamo di giocare con le sue passioni.
Da cosa è stato provocato? Un accadimento reale o un bisogno interiore più forte di qualsiasi condizionamento tecnico?
Ti racconto alcuni accadimenti. Verso la fine degli anni ’90 il mio primo marito si è ammalato gravemente ed irrimediabilmente. Io ho dovuto prendere completamente le redini e mandare avanti il lavoro di famiglia, un bar. Ciò ha significato non avere più neanche quei pochi spazi di tempo da dedicare alle mie passioni. Niente pittura, niente impegno attivo in politica e così per diversi anni, solo lavoro e responsabilità.
Poi superato il periodo più difficile, riorganizzata la quotidianità, pian piano ho recuperato anche un tempo tutto mio. In questo mi sono state di stimolo e aiuto mia figlia e la mia amica ceramista Alessandra che mi hanno incalzata per farmi riprendere in mano i pennelli. Già perché ormai ero così sfiduciata di me, potrei dire quasi estranea a me stessa, che pensavo di non saperli più usare.
Dall’istintività allo studio e alla ricerca: quando ti sei accorta delle necessità di studiare le materie artistiche?
Ho sempre sentito la mancanza degli strumenti tecnici che solo lo studio e la pratica artistica possono darti. Negli anni passati per conto mio ho letto qualche testo di base sulle tecniche pittoriche, per la terracotta e la ceramica ho Alessandra, ceramista e scultrice, che mi ha tanto insegnato. Ma soprattutto è grazie ad Angiolo, mio marito, e al suo amico professor Gerardo Lo Russo che hanno creduto in me e mi hanno spinta a frequentare l’Accademia di Belle Arti se sono cresciuta in consapevolezza e capacità. Aver deciso di frequentare l’Accademia mi ha fatto crescere e mi ha dato una sicurezza nelle mie capacità che prima non avevo.
Oltre alla pittura e alla scultura, hai pensato a qualche altro linguaggio, come fotografia, video, grafica?
No, finora no, poi chissà.
Quanto ha pesato la frequentazione dei corsi all’Accademia di Belle Arti? Chi sono stati i tuoi principali punti di riferimento?
Frequentare l’Accademia mi ha dato strumenti teorici e pratici molto importanti. All’inizio mi sentivo un po' fuori luogo in mezzo agli altri studenti, quasi tutti giovani e provenienti da scuole d’arte. Ho avuto la fortuna di incontrarvi docenti sensibili che mi hanno aiutata ad integrarmi e molto stimolanti nella crescita artistica.
L’arte contemporanea affascina o spaventa: quali artisti hai frequentato in questi anni di formazione e poi di produzione artistica?
Contemporanea o meno per me l’arte deve trasmettere emozioni. In questi anni di approfondimento e studio dell’arte, fuori dal percorso accademico, un punto di riferimento importantissimo è stato Gerardo Lo Russo. Il suo apprezzamento mi dà sicurezza, i suoi consigli mi hanno aiutato a trovare il mio linguaggio.
Ho avuto anche la fortuna di conoscere due grandi artisti Ennio Calabria e Paolo Buggiani, due esperienze artistiche tanto diverse ma di vasto spessore e stimolantissime.
Quali musei e gallerie di arte moderna e contemporanea ritieni che si debbano visitare e frequentare per attingere ulteriori informazioni e suggestioni utili per migliorare le qualità espressive?
Frequentare musei, gallerie, mostre è sempre costruttivo, anche se ti accosti a forme d’arte lontane da te o che puoi percepire estranee.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Continuerò a dipingere e a sperimentare nella scultura. Ho ancora molto da imparare e da provare a realizzare. Forse poi altre mostre.
Un tratto particolare della tua apparizione artistica è la capacità di passare dall’informale all’astratto e al figurativo. Qualche volta trapelano lacerti di concettualismo e di surrealismo. Ritieni di procedere verso una sintesi che costituisca il tratto distintivo della tua personalità e del tuo lavoro, o preferisci che l’istintività si manifesti liberamente?
Fondamentalmente non mi pongo il problema. Non ho schemi, anzi penso sia importante non chiudere la propria creatività in recinti codificati. L’arte è libertà. Non ha bisogno di etichette. E poi forse è proprio distintivo della mia personalità non chiudermi in una sintesi. Così come ho tanti e variegati interessi, così ho ancora bisogno di linguaggi diversi per esprimermi. Immagina, io pretendo anche di parlare alle piante, ai miei animali, come posso quindi avere un solo linguaggio. Poi un giorno, con la “maturità”, con più “giudizio”… se mai ne avrò, arriverò anche a ricondurre a sintesi i miei linguaggi.
I rapporti familiari costituiscono spesso un condizionamento. Nel tuo caso, il ruolo di tuo marito Angiolo, uomo di grandi qualità culturali e personalità di notevole spessore per autorevolezza e acume, è sicuramente uno stimolo, una sollecitazione, un sicuro punto di riferimento.
Come si svolgono queste Wahlverwandschaften, le affinità elettive di cui parlava Goethe?
Angiolo è proprio tutto ciò che hai detto tu. Fra noi ci sono tantissime sintonie e interessi comuni, ovviamente anche interessi diversissimi. Oltre al rapporto affettivo avere la stima e il sostegno di una persona speciale come lui è veramente un punto di riferimento. Lui crede molto nelle mie doti, forse ancor più di me stessa. In particolare mi ha molto sollecitata a uscire dal mio guscio, mi ha spinta a superare insicurezze e quello che posso definire il pudore di mostrare le mie opere. Non è riuscito però a convincermi che le mie opere sono tutte vendibili. Alcune sono troppo mie, non riuscirei proprio a separarmene. E non mi convincerà neppure a dedicarmi alla rappresentazione di noi umani come lui vorrebbe.
Ha dovuto aspettare e insistere per anni perché gli facessi un ritratto. E’ stato inutile spiegargli che io non sono una ritrattista, con la sua insistenza mi ha costretta ad arrendermi ma con tutte le conseguenze del caso, ne è nato un ritratto particolare, scherzoso, anche un po' ironico, certamente fuori dai canoni.
In ogni caso, la tua personalità procede indipendente dal rapporto con Angiolo…
Lui ha una personalità e carattere molto forti ma anch’io sono ben ferma nei miei convincimenti.
Un’ultima considerazione. Ti riconosci nell’attuale sistema dell’arte, dal punto di vista della rappresentanza e di quello mercantile?
Non so che dirti, mi sono aperta solo da poco alla possibilità di esporre le mie opere, di frequentare il sistema dell’arte. Proprio in questi giorni ho sentito un servizio su un, anzi una robot umanoide che dipinge e le cui opere vengono esposte in importanti contesti, molto apprezzate e valutate. Mi chiedo se questa è arte vera o non piuttosto solo una tecnologia avanzatissima. Sicuramente i creatori di questa macchina sono geniali, ma un computer è pur sempre altro da noi, deve contribuire a far vivere meglio gli umani, non a soppiantarli.
Forse dovremo ricordarcene altrimenti ci ritroveremo a vivere in un mondo da fantascienza in cui noi umani senza le macchine non saremo capaci di fare più nulla! Anche questo è il “sistema dell’arte”? Certo che in questo non mi riconosco, non mi interessa.
Per ciò che riguarda poi l’aspetto mercantile mi è abbastanza estraneo, ho iniziato da poco a decidere che ciò che realizzo si può vendere, ma non tutto.
Buon lavoro e grazie.
Stefania Fienili a spasso vicino all’Accademia d’Arte, un vastissimo spazio con negozi di ogni genere, luoghi per mangiare per ogni gusto e “tasche”, locali di svago di ogni tipo, ai cinesi piace molto il karaoke! Tutto è dedicato soprattutto ai giovani studenti tenendo conto che quest’Accademia è adiacente alla città universitaria che è enorme. Queste ragazze sono assai simili alle loro coetanee giapponesi o occidentali, anche questa è la Cina di oggi. Sulla destra A Chongquing nel 2019 con l’Accademia d’Arte Villa dei Romani di Guidonia Montecelio, ritratta con il marito Angiolo e un ragazzo dell'organizzazione