BIAGIO MINNUCCI – GRAZIAROSA VILLANI
La notte delle cinque lune.
Gangemi editore, Roma 2000. Euro 24,00
Oscillazione tra romanzo storico e saggio di storia territoriale, questo bel volume, che reca per sottotitolo Il processo al Conte Everso dell’Anguillara. Estinzione dell’antica stirpe, ha il merito di trasportare il lettore in un’epoca lontana e trascinarlo nel vortice di una vicenda rilevante per il tempo, ma anche di farlo riflettere sul presente. Tutto è basato su una documentazione vastissima, frutto di lunghe ricerche bibliografiche e archivistiche, nonché di un puntuale apparato fotografico delle località e della strutture architettoniche superstiti. Un lavoro preparatorio molto vasto sopra un tema interessante, anzi avvincente, che intreccia storia, cronaca, fantasia narrativa sul filo della verità e della veridicità fattuale.
Protagonista è il Conte Everso dell’Anguillara (1398/40-1464), ultimo discendente di una gloriosa famiglia della Campagna romana e del Patrimonio di S. Pietro. Si tratta di uno dei protagonisti «più controversi della storia del Quattrocento, il Conte Everso dell’Anguillara, capitano di ventura ed erede di una famiglia dalle leggendarie origini», come scrivono gli autori nella quarta di copertina, «ha consolidato il proprio potere in un ampio territorio del Lazio. A neanche un anno dalla sua morte, manu militari, il Papato ne debella gli eredi e ne decreta, ma non ufficialmente, una damnatio memoriae. In questo romanzo storico se ne riscopre la figura sullo scenario di un’Italia ad assetti variabili per decenni, fino al consolidamento indiscusso, tra nepotismi ed alleanze, del potere del Papa Re».
Biagio Minucci
Gli autori non cercano l’eroe o la vittima, come in tanti romanzi storici da Stendhal a D’Azeglio, ma narrano freddamente gli avvenimenti. Il comportamento di Everso si presta ad una lettura distaccata in cui prevalgono i caratteri della storia e del tempo; Everso è figura controversa, tra senso delle armi e del potere e mondanità di convenienza tra alleane, tradimenti, congiure, matrimoni, relazioni amorose, fino a quando non entra irrimediabilmente in conflitto con il Papa, quel Pio II al secolo Enea Silvio Piccolomini, che decide di abbatterne il potere come aveva fatto con altri feudatari e con città riottose come Tivoli e Viterbo. La carta che legittima questo assalto è presenta dagli autori sotto forma di processo intentato contro il Conte nel 1464, anno cruciale nella storia della Chiesa che vede il fallimento dell’ultima Crociata e la morte dello stesso Pontefice ad Ancona. Si tratta di una invenzione narrativa riuscita che si realizza attraverso il sogno che Everso fa nel momento più aspro dello scontro. Il sogno diventa un vero incubo, fino alla conclusione con la morte.
Il tribunale dell’Inquisizione istruisce un processo su falsità evidenti, che Everso cerca di contestare, difendendosi da solo davanti al Tribunale con accusatori spietati e indegni della funzione giudiziaria. Gli autori del libro ricostruiscono meticolosamente le varie fasi del processo, fino alla conclusione e alla morte di Everso. «Il frate benedettino, tormentato dalla aumentata frequenza di quel suo tic nervoso, riprese urlando: “Conte Everso siete accusato di malversazione, latrocini ed abigeati, gravi maltrattamenti – fino ad uccisioni – nei confronti di vostri famigliari e di vostri sudditi”». E con voce minacciosa elenca tutti i castri, ovvero castelli cui corrispondono intere comunità di abitanti nei borghi sottostanti, appartenenti al Patrimonio di San Pietro con chiaro intento di impadronirsi di proprietà della Curia romana… E non rinuncia all’accusa di jus primae noctis che il Conte non avrebbe rinunciato ad esercitare.
Niente di nuovo nella storia dell’Italia medievale, alle soglie del Rinascimento. Non c’è pontefice che non abbia abusato del suo potere, così come non c’è feudatario che non abbia allargato la propria influenza con violenze e malversazioni. Del resto le Signorie si sono formate in quel contesto e se nel Lazio ciò non è avvenuto, è proprio per la strenua difesa del Papa delle sue prerogative feudali. Basti citare la lunga lotta della Camera Apostolica contro la famiglia Colonna… Everso si difende disperatamente, mostrando carte, documenti, testamenti, atti notarili. Ma a nulla vale la sua tenacia. Finisce col soccombere e morire. Tragica conclusione di una vicenda simile a tanti altre che hanno caratterizzato la crescita del potere temporale della Chiesa, fino alla costituzione dello Stato Pontificio. Gli avvenimenti si svolgono in un periodo cruciale della storia d’Italia che prepara gli eventi del 1494 e del 1499 con l’arrivo dei Francesi e l’inizio della guerra che porteranno all’assetto della penisola che durerà, con poche variazioni, fino al 1860.
Una vicenda storica così complessa, resa attraverso un sogno del tutto verosimile, dimostra che gli autori hanno assimilato perfettamente la materia e ne hanno fatto oggetto di un affresco letterario. Con l’aggiunta di un dovere storico che Biagio Minnucci e Graziarosa Villani compiono con il dichiarato intento di riscattare la memoria di questo condottiero dimenticato, risultato del duro assalto alla famiglia da parte del potere pontificio, fino alla damnatio memoriae che seguirà agli accadimenti del 1464, imposta dagli eredi e dai seguaci del Pontefice.
La lettura di questo romanzo consente di vivere gli avvenimenti storici su due binari paralleli: il Pontefice e la Camera Apostolica da una parte, il feudatario Everso dell’Anguillara che sintetizza i caratteri di tanti altri nobili e signorotti del Patrimonio di S. Pietro. Ma è la stessa linea di condotta per gli altri territori dell’Italia centrale. Quindi, la vicenda si presenta avvincente, oltre che stimolante ed istruttiva.
Gli autori si attengono ai fatti, rigorosamente verificati e, pur trattandosi di un romanzo, la fantasia narrativa si esplicita nella descrizione dei luoghi. E nel carattere dei protagonisti, Pio II ed Everso dell’Anguillara, oltre che dei personaggi, in grande parte appartenenti alla famiglia Anguillara in senso esteso. Tuttavia, il fascino della storia narrata è integro, grazie all’abilità e alla capacità degli autori. L’intera materia è trattata con linguaggio appropriato, con la prevalenza dell’aspetto narrativo dialogico rispetto al freddo periodare della prosa storica, fornendo al lettore con brevi note a piè di pagina, quando necessario, una spiegazione che si sostanzia e si trasforma in una documentazione ulteriore. L’assetto dialogico risponde alla complessità della materia e rende leggero il dipanarsi degli avvenimenti.
La figura di Everso è dominante, come protagonista e vittima dell’intera complessa vicenda, ma gli altri soggetti coinvolti nel tempo sono ben tratteggiati dagli autori, comprese figure femminili, così come risaltano i luoghi e i paesaggi, compreso castelli, residenze urbane e nei borghi feudali di cui è ricco il Lazio.
Biagio Minnucci e Graziorosa Villani non sono scrittori di professione; dirigente politico e amministratore pubblico il primo, giornalista la seconda, si scoprono autentici narratori , possiedono il senso della parola, il gusto del periodare, la curiosità del nascosto e l’ansia di disvelare avvenimenti e circostanze. Che senso avrebbe il vastissimo apparato che gli autori chiamano Addendum, Appendice e Cronologia che costituiscono un libro nel libro per la ricchezza di informazioni storiche e riscontri archivistici e biografici, pubblici e tra le carte di famiglia dei superstiti. Documenti che diventano e risultano le fondamenta e l’architrave dell’intera impalcatura narrativa.
Il volume si consiglia agli studiosi di storia medievale e di storia economica, oltre che agli studenti dei licei e dei corsi universitari a indirizzo umanistico. La ricostruzione di avvenimenti così lontani nel tempo, ma le cui conseguenze sono sotto gli occhi dell’uomo contemporaneo, ne fanno una sorta di manuale per identificarsi nei tanti lacerti architettonici, monumentali e militari, accanto agli assetti agrari e all’esercizio di usi civici sulle proprietà pubbliche e private nel Patrimonio di S. Pietro
L’editore Gangemi ha dato alla pubblicazione veste grafica eccellente, con la giusta partizione dei capitoli, la scelta dei caratteri e della spaziatura, risultato di un adeguato lavoro grafico. La carta impiegata per la stampa risulta agevole per la lettura, segno di rispetto per i fruitori del lungo lavoro degli autori. Il successo editoriale di La notte delle cinque lune sarebbe il giusto risarcimento per la casa editrice e nello stesso tempo per gli autori.
Agostino Bagnato
Roma, 31 ottobre 2020