GLI ORI Edizioni – PISTOIA
Un artista vertiginoso. Uno scrittore prodigioso. Boris Zaborov è così! Interamente immerso nella cultura e nell’arte del Novecento, affondando le radici nell’humus più ricco dell’Umanesimo e del Rinascimento. Rendergli giustizia non è facile, parlando della sua pittura attraverso l’allestimento e la successiva lettura di una mostra. Oppure leggere la sua produzione letteraria che impegna la traduzione dal russo per il periodare ricco di richiami e di riferimenti. La sua ultima produzione narrativa, dal titolo Impasse Poule, 13, autobiografia davvero sui generis, e che è divenuto una caso letterario perché in Italia è stata pubblicata poco prima della scomparsa del maestro. Per esplicitare queste considerazioni è sufficiente ricordare l’ultimo periodo di vita di Zaborov, costellato da successi e da riconoscimenti ufficiali e accademici, in Francia e in altri paesi, tra cui la stessa Russia è finita per accorgersi del valore di questo artista. Le sue mostre, tra cu quella di Parigi nel 2003 e poi quella fiorentina del 2018 lo attestano chiaramente. Le locandine della sua mostra parigina erano dappertutto: per strada, a tutte le stazioni della Metropolitana e della ferrovia, negli alberghi e negli uffici turistici. Un grande evento culturale. Quella fiorentina è stata, tra l’altro, un percorso a rebours nell’arte italiana del Rinascimento. Ma anche Zaborov narratore non è da meno come impegno culturale, come dimostra questo libro di memorie, il cui titolo è riferito allo studio parigino, al numero 13 dell’Impasse Poule. Una autobiografia originale per struttura narrativa e per linguaggio, oscillante tra il romanzo di formazione e la memorialistica in prosa poetica.
Ed ecco una terza fatica, la traduzione. Per non perdere la freschezza e la immediata spontaneità della narrazione autobiografica, la russista Claudia Sugliano pone a frutto la sua lunga esperienza di traduttrice di molti autori russi contemporanei, compreso testi di favole di autori delle ex Repubbliche asiatiche, merito della profonda conoscenza della lingua di Puškin, Lev Tolstoj, Pasternak e Achmatova. Ma anche del rispetto per il lettore che viene condotto alla piena comprensione del detto, attraverso il ricorso a brevi essenziali note a piè di pagina. La personalità di Boris Zaborov risalta in tutta la sua complessità, originalità, versatilità. Del resto è la sua intera esistenza che emerge dalle pitture uniche nel loro genere figurativo e la sua natura realistica e magica insieme. Un autentico fiume, che si divide in tanti canali che confluiscono e più avanti si separano, e tornano a scorrere ora placidi ora vorticosi, con continui ritorni del navigante alla sorgente e ai tanti affluenti: un vorticoso esplodere di ricordi e di sensazioni, di umori, di pulsioni. Ecco il racconto di Zaborov.
Boris Zaborov in una foto di Marina Zaborova, Parigi 2018
Diviso in cinque parti, lungo 330 pagine viene fuori la Russia sovietica con gli stralci di Minsk, città d’origine dell’artista, il clima dell’Accademia di Belle Arti di Leningrado e poi dell’Istituto Surikov di Mosca, le difficoltà dell’inizio come pittore e grafico, gli ostacoli dell’arte burocratica e il bisogno di respirare, di guardare lontano superando l’orizzonte piatto dell’immensa pianura e della steppa con villaggi colcosiani dai campi mal coltivati e dalle chiese dalle cupole scrostate per disinteresse o avversione. Ed ecco l’occasione dell’ossigeno: Vienna nel 1980 e poi Parigi. Un mondo nuovo comincia a sedimentarsi nella mente di Zaborov, senza mai rinnegare la Russia millenaria, come hanno fatto tanti dissidenti, a cominciare da Aleksandr Solženicyn, salvo poi ritrovarsi su posizioni panslaviste e reazionarie. Zaborov rimane se stesso. Ma originalissimo. Niente inventiva astratta, post-espressionista o post-surrealista, neofigurativo da realismo fantastico. Ma un fortissimo ancoraggio alla cultura del suo grande Paese trasfigurata da lunghi secoli di elevazione, un forsennato ricorso alla memoria che l’Io trasforma in Es e la Russia dei lubki, dello slavonico e delle icone riemerge come da un sogno, tra le nebbie lattiginose della coscienza, con quegli interni raccolti che ricordano Rembrandt e il continuo citazionismo dei grandi maestri che diventa un nuovo linguaggio, un prorompente stile di monocromia. Così nasce la cifra Zaborov, originale, originalissima. Una pittura e una grafica dotte, sensibilissime, dove nulla è lasciato al caso, anche nelle figure che si ancorano iconologicamente alla tradizione.
Il libro di Zaborov rispecchia fieramente questo mondo che si accende e tra le ombre come luminosi fantasmi in cerca del maieuta. Impasse Poule, 13 rispecchia fieramente questo mondo, restituito dall’uso della parola nella sua leggerezza e densità allo stesso tempo, secondo la concezione strutturalista che Zaborov deve avere assorbito dal realismo lirico. Parola che la traduzione di Claudia Sugliano rende benissimo e che onora il mestiere della traduzione d’autore.
Agostino Bagnato
Roma, 7 febbraio 2021
Ultimi articoli
- Stefano Solinas non c’è più
- Schlein, ora il PD, alla ricerca dell’ identità perduta, è nelle sue mani
- Da Bologna a Riccione: una tragedia senza precedenti
- DIÀ-LOGOS attraverso parole in comune
- Russia Ucraina Europa e il resto del mondo
- Suggestioni pasoliniane
- When Narratives Collide: the War in Ukraine meets Climate Change
Russia > Ucraina
Rocco Scotellaro
centenario pasolini
Religioni
Dante
Afghanistan
Ricordando Roberto Bagnato
CORONAVIRUS
MAKSIM GOR’KIJ E L’ITALIA
Ricordo di Ernesto Che Guevara
IO CONTINUERÒ. LEONARDO DA VINCI
SARDINE
BORIS ZABOROV, Impasse Poule, 13
- Details