Cosa resta delle Streghe della Notte, aviatrici sovietiche della seconda guerra mondiale

di Roberto Pippan

E se fosse una donna, con una azione diplomatica senza precedenti, l’artefice della pace tra Russia e Ucraina? Nonostante negli ultimi anni siano aumentate le donne che contano ovvero che ricoprono ruoli dirigenziali, sono tuttavia ancora troppo poche, meno di una su cinque.
Tuttavia alcune donne, almeno in Europa contano davvero: si pensi a Christine Lagarde, che guida la Banca Centrale Europea, o alla maltese Roberta Nestola presidente ad interim del Parlamento Europeo, ad Ursula Von Der Leyen presidente della Commissione Europea, e più di ogni altra all’ex Cancelliera Federale della Germania, Angela Merkel, che gode di enorme prestigio nel mondo e che oggi dice di essere “sempre stata dalla parte dell’Ucraina” aggiungendo però che “con la Russia bisogna dialogare”.
Una donna può tutto è il titolo del libro di Ritanna Armeni, giornalista e scrittrice che ha trascorso molto tempo in Russia per raccogliere testimonianze sulle “Streghe della notte”, che racconta la storia di tante giovani aviatrici che combatterono i tedeschi fino a diventare eroine della Seconda Guerra Mondiale. L‘espressione “una donna può tutto” può sembrare esagerata ma nel loro caso rispecchia la realtà. È la frase che Marina Raskova, una aviatrice già molto famosa in Unione Sovietica (aveva stabilito il record di volo femminile percorrendo quasi seimila chilometri lungo la Siberia) aveva detto a Stalin per convincerlo che lei e le sue compagne future aviatrici avrebbero potuto combattere contro i tedeschi che stavano conquistando ogni giorno nuovi territori avvicinandosi a Mosca. Operaie, contadine, studentesse, madri, le ragazze che si presentarono al corso erano pronte ad imparare come pilotare un aereo per dimostrare di essere al pari degli uomini e combattere come loro contro il nazismo. Per le loro azioni intrepide, improvvise e devastanti furono chiamate “le streghe dei cieli”.


Alcune delle “Streghe della Notte”

Chiediamo all’autrice del libro se la loro partecipazione alla guerra fosse nelle loro intenzioni anche l’occasione per una emancipazione femminile.
Le streghe della notte erano giovani donne nate dopo la rivoluzione del 1917, quindi cresciute con una idea di emancipazione molto salda. L’eguaglianza con l’uomo era perseguita nel lavoro e nello studio. La guerra pose il problema.

Perché era loro preclusa ala difesa della patria socialista? Perché proprio loro che avevano studiato e lavorato come gli uomini non potevano scendere in campo contro il nemico nazista che minacciava l’Urss?
La guerra, per quanto strano possa sembrare, era per loro un altro gradino dell’emancipazione. E lo era anche la morte. Volevano morire come gli uomini. Come gli uomini volevano cadere per difendere la patria. Naturalmente il modo in cui hanno partecipato alla guerra è stato poi molto diverso da quello maschile. E proprio su questo il mio libro ha cercato di indagare. Scrivendolo mi sono trovata in sintonia con La scrittrice bielorussa, vincitrice del Nobel Svetlana Aleksievič che nel suo La guerra non ha il volto di donna scrive: “Nelle narrazioni delle donne non c’è, o non c’è quasi mai ciò che siamo abituati a sentire : gente che ammazza eroicamente altra gente e vince. O viene sconfitta. E la tecnica schierata in campo e i generali. I racconti femminili sono altro e parlano d’altro. La guerra al femminile ha propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti. E anche parole sue. Dove non ci sono eroi e strabilianti imprese, ma semplicemente persone impegnate nella più disumana delle occupazioni dell’uomo”.


“Le Streghe della Notte” in divisa invernale al ritorno da una missione

Lei ha conosciuto l’ultima strega, Irina Rakobolskaja, che l’ha aiutata a ricostruire la storia di queste ragazze e che ora non c’è più. Era molto anziana ed è̀ morta da qualche anno. Le ha raccontato delle difficoltà ad essere accettate dagli altri piloti, che soprattutto all’inizio della loro esperienza le prendevano in giro, non lasciavano passare ogni minimo errore. Un capitolo del libro si intitola addirittura “maschi nemici”. Cosa è rimasto di questa battaglia femminile contro diffidenze, pregiudizi, discriminazioni?
Le battaglie delle donne hanno tempi lunghi. Sono stati lunghi anche per le “mie streghe”. Irina Rakobolskaja non le aveva dimenticate. Non aveva dimenticato le difficoltà, le umiliazioni inferte loro dall’Armata rossa. La diffidenza con cui erano state accolte. Il disprezzo di molti loro compagni. Prima di combattere contro Hitler  hanno dovuto combattere contro i pregiudizi, le difficoltà che gli stessi soldati sovietici creavano alle donne che volevano volare e combattere.
Quando l’ho intervistata Irina aveva 96 anni, aveva insegnato fisica all’Università statale di Mosca per quarant’anni, parlava e raccontava con la precisione, l’ordine, la calma di un’insegnante abituata a far lezione. Ma quando ricordava il modo in cui lei e le sue compagne erano state accolte, gli occhi si infiammavano e le parole non riuscivano a nascondere la rabbia. Pure erano passati più di settant’anni da quelli episodi! Ecco in quei momenti non era diversa da tante donne arrabbiate per la discriminazione cui sono state sottoposte per aver osato entrare nel mondo degli uomini.


Irina Rakobolskaja
 
Prima di loro nessuna donna aveva combattuto nei cieli eppure migliaia di ragazze erano pronte a farlo, tutte volevano salire a bordo del Polikarpov, un bimotore molto semplice, con pochi strumenti, che poteva portare al massimo due persone. Le ragazze vi salivano senza paracadute perché sarebbe stato meglio morire che cadere nelle mani del nemico. All’inizio la ragazza seduta dietro portava in grembo la bomba da sganciare; poi le bombe vennero messe in una cassetta sotto la fusoliera che veniva aperta da una cordicella. Le streghe furono decisive quando dovettero fermare i tedeschi che volevano conquistare gli oleodotti del Caucaso, per impossessarsi del combustibile necessario all’esercito. Le ragazze volevano fare di più e meglio degli uomini. Ma il momento più  terribile per loro, come si racconta nel libro, fu nei primi mesi del ’43 perché  proprio durante la controffensiva russa per ricacciare indietro i tedeschi, molti Polikarpov vennero abbattuti. Ma qual è la cosa che l’ha colpita di più nel racconto di Irina?
Il racconto di Irina era sempre stupefacente. Lei, come ho detto, era stata per molti anni insegnante, quindi decideva che cosa raccontare quando e come. Dopo i primi due incontri ho capito che dovevo lasciare i miei appunti e abbandonarmi alle sue parole. Non me ne sono pentita.
Nei pomeriggi passati con lei – era febbraio e a Mosca il termometro era di parecchi gradi sotto lo zero – arrivava il momento del tè. Ci spostavamo in cucina e qui le parole diventavano più libere, anche i ricordi arrivavano in modo spontaneo. È stato in uno di quei momenti che Irina mi ha raccontato del ricamo. Lei e le sue compagne, fra un bombardamento e l’altro, aspettando l loro turno nel freddo delle notti russe per ingannare il tempo ricamavano. Poi risalivano sui Polikarpov e bombardavano. Tornate a terra riprendevano ago e filo. Mi è sembrato straordinario.


Il biplano Polikarpov Po-2, l'aereo delle "Streghe" (Archivio Piotr Strelecki)

Delle Streghe rimangono soltanto pochi ricordi, rinchiusi in una piccola teca che si trova in un museo di Mosca e che passa quasi inosservata. Finita la guerra, le donne dovevano tornare nell’anonimato, al loro posto: non fu creata nessun’altra formazione femminile nell’Armata Rossa. Alle Streghe erano state concesse gonne al posto dei pantaloni (che non misero perché  scomode) e stivali al posto di scarpe larghissime perché fatte per i maschi. Ci furono dei riconoscimenti per l’enorme contributo che con tanti sacrifici avevano dato per arrivare alla vittoria. Tuttavia nessuna memoria ufficiale degna della loro impresa. Secondo Lei per quale motivo?
Devo fare una precisazione. La memoria delle streghe in Russia c’è. Ci sono molti libri su di loro. Loro stesse hanno scritto molto. Il punto non è questo. La questione è che il loro reggimento viene considerato come gli altri. Eroico come tanti.  Non c’è alcuna consapevolezza della loro diversità, nessuno indaga sul modo differente in cui le streghe hanno fatto la guerra. Sullo straordinario rapporto di sorellanza che si è instaurato fra di loro, sul modo in cui hanno superato le difficoltà. Irina Rakolboskaja mi ha raccontato la sua storia e quella delle sue compagne perché non  voleva che fosse confusa con quella di altri anche eroici reggimenti. Loro avevano fatto qualcosa di più. Avevano dimostrato che una donna può tutto. E ne erano orgogliose. Per anni le streghe hanno continuato a incontrarsi a Mosca per sottolineare l’eccezionalità della loro esperienza. Unica al mondo ieri e anche oggi.


Il 588° Reggimento Bombardamento Notturno schierato

Quali insegnamenti ci rimangono, guardando all’attualità, da questa vicenda delle streghe del cielo? Dopo aver letto il suo libro riesce difficile, seguendo ciò che sta accadendo in Ucraina, accettare il fatto che “i russi” bombardino città, facciano strage di civili. Sembra quasi più accettabile pensare che sia solo Putin a volerlo, che i bombardamenti continui avvengano “per ordine di Putin”. Perché è difficile credere che decisioni che portano alla morte di tante persone vengano prese da chi ha subito le stesse violenze nel passato ed ha combattuto chi aveva invaso la propria patria. Mi chiedo insomma come possa, chi è stato attaccato, massacrato, violentato come lo è stato il popolo russo, chiudere gli occhi o addirittura condividere la decisione che si faccia la guerra ad un popolo, quello dell’Ucraina, con il quale ha oltretutto legami strettissimi. Questa domanda può apparire molto ingenua perché la storia è piena di casi come quello che da mesi è sotto i nostri occhi. Fare agli altri ciò che abbiamo subito è un fenomeno talvolta ricorrente anche a livello individuale. Ricordare quindi le streghe del cielo è quasi un paradosso che ci può aiutare a capire che la Russia è ben altro rispetto a quello che fa oggi Putin e a ciò che dice la sua propaganda. Forse può aiutarci a riflettere sulle ragioni del male e su come correggere una delle tante cose orribili che spesso troviamo nella natura umana. Lei crede che nel DNA dei russi ci siano gli anticorpi che un giorno consentiranno di porre fine a questa terribile guerra che oggi sembra infinita?
La storia non si ripete. Ci piacerebbe che così fosse, ma non è. Anche le guerre non si ripetono, sono sempre diverse. Chi nel passato è stato oppresso può diventare oppressore e viceversa. I casi sono talmente tanti e sotto gli occhi di tutti che non vale neppure la pena di citarli.


Francobolli commemorativi dedicati alle “streghe della Notte”

Però la storia (che non si ripete) può insegnare. A me ha insegnato che anche quando si combatte per una causa giusta la guerra è brutta, distrugge popoli e paesi, devasta le coscienze. Oggi lo è ancora di più perché non può che essere globale, coinvolgere tutti, distruggere il pianeta. Questa è la terribile verità.
Il punto non è quindi se nel DNA dei russi o in quello degli americani ci siano degli anticorpi che consentano di correggere il male, ma se l’umanità tutta è in grado di capire e di far capire a chi la governa che oggi la guerra può avere conseguenze inimmaginabili. Che dobbiamo uscire non solo dalla guerra ma dalle sue logiche che sono purtroppo generali e fanno parte della vita di tutti.
Dalle streghe della notte, poi, ho imparato una cosa importante. Queste donne coraggiose, tuttavia, odiavano la guerra e mantenevano  nel loro eroismo una estraneità che invece agli uomini mancava. Credo che questa estraneità vada raccolta e potenziata. E che dobbiamo impegnarci perché di guerre non ce ne siano più. Oggi nel mondo ce ne sono più di cinquanta e non sono meno drammatiche di quella ucraina.

Luglio 2022

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