La pubblicazione della recensione sul saggio Svegliamoci! di Edgar Morin sull’ultimo numero della rivista “l’albatros”, ha provocato la reazione del sociologo Ettore Ianì, che volentieri pubblichiamo quale contributo alla ripresa di una più ampia discussione sui temi affrontati dal sociologo e filosofo francese
di Ettore Ianì
Edgar Morin, sociologo, filosofo e saggista francese, centouno anni, è uno dei pensatori più autorevoli del pianeta. Osservatore acuto del presente, caposcuola del "pensiero complesso", della necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi, ci delizia con un nuovo e agile pamphlet dal titolo esortativo: Svegliamoci !, pubblicato da Mimesis Edizioni 2022.
Un vero e proprio manifesto di 80 pagine, dove elenca i pilastri di una nuova possibile politica partendo dal come "concepire l'enorme crisi che stiamo vivendo" (pag. 43). Una crisi che, secondo il suo pensiero, colpisce la stabilità del sistema, provocando il mancato funzionamento delle regolazioni e minacciando l'organizzazione del sistema stesso. La preoccupazione del maître à penser è che la società contemporanea ha perso l'orientamento e del non sa più dove si trova e dove sta andando. Eloquente, in tal senso, l'epigrafe del pamphlet, del filosofo e sociologo spagnolo José Ortega y Gasset: "Non sappiamo che cosa ci sta accadendo ed è precisamente quello che ci sta accadendo".
La crescita tecno-economica, che a suo parere costituisce la regolazione stessa delle società moderne, "ha provocato la gigantesca crisi ecologica della biosfera e dell' antroposfera" . Viceversa, la sua sospensione o cessazione, provoca "una crisi capace di raggiungere una gravità estrema, come accadde con quella del 1929, che ha portato prima al nazismo e poi alla guerra" (pag. 45). Paradossalmente dovremmo comunque fermare la crescita per salvare il pianeta e sostenere quella per tutelare e salvaguardare la regolazione delle società moderne. E' il superamento di questa contraddizione che, secondo l'Autore, deve venire da una politica capace di garantire una decrescita di tutto ciò che procura inquinamento e distruzione dell'ecosistema e , contemporaneamente, assicuri tutto ciò rigenera la natura e un ambiente sano.
La crescita da perseguire è quella dell'economia dei bisogni essenziali e beni durevoli, mentre la decrescita deve tendere a ridurre l'economia del frivolo e dell'illusorio. È da abbandonare l'assunto della crescita economica senza fine, del consumismo indiscriminato di bisogni non essenziali, stimolati da pubblicità onnipresenti che portano a un degrado che mercifica i rapporti sociali, riducendoli a gracili scambi.
Con sfumature assai diverse dall'economista francese Serge Latouche, sostenitore della necessità di ridurre volontariamente la produzione economica e l'entità dei consumi per ristabilire una sana e corretta relazione fra l'uomo e l'ambiente, Morin sostiene che nel paradigma crescita e decrescita non c'è alcuna aporia, ma che anzi sono reciprocamente funzionali. Ogni crisi, insomma, produce al contempo "lucidità e cecità", tanto che stiamo vivendo non solo una crisi della sinistra, della democrazia, della burocrazia e di una società dominata dal denaro, ma anche da un umanesimo sopraffatto da odio e violenza. Una crisi di un pianeta sovrastato dal dominio del profitto, da una crisi sanitaria scatenata dalle epidemie, dalla crisi del pensiero che ci trascina in uno scoscendimento dirupato e profondo dell'incertezza, del dubbio e dell'indecisione.
Su questo sfondo, il pensatore francese, non ha dubbi sul fatto che la crisi pandemica del Covid sia stato il sintomo brutale della crisi ecologica, dell'umanità, della modernità e dello sviluppo tecnico-economico senza limiti. Pur cogliendo i tratti sociologici, economici e psicologici della crisi pandemica, Morin sottolinea che non ne "comprende il fatto antropologico, né l'accumulo di pericoli che minaccia il nostro futuro" (pag. 50).
Pur non citando esplicitamente l'economia circolare, nelle quarto e ultimo capitolo, Morin ne affronta con arguzia il tema. Premesso che il pianeta è attraversato da una crisi che provoca fratture, riaccende le guerre e che gli interessi generali vengono disattesi, propone di civilizzare la Terra e trasformare la specie umana in umanità, con "la riforma del pensiero". Come? In sintesi.
- Abbandonare il sogno prometeico di dominare l'universo per convivialità sulla terra;
- Una nuova politica che integri in sé l'ecologia, che sostituisca le energie pulite a quelle inquinanti;
- Una agricoltura che abbandoni l'allevamento intensivo e che favorisca le piccole aziende agricole e l'agroecologia;
- Ridare vivacità ai borghi, botteghe di alimentari, uffici postali e ambulatori;
- Una politica economica che assicuri una regressione al profitto valorizzando la redistribuzione delle risorse attraverso una economia sociale e solidale;
- Una produzione che favorisca la crescita di prodotti utili, sani e necessari:
- Una riforma dello Stato mediante la burocratizzazione e lo sradicamento delle lobby (pagg. 60/70).
Un nuovo modello di sviluppo da perseguire con un processo di umanizzazione, inteso come miglioramento fra gli essere umani, fra le società e fra gli uomini, senza per questo rinunciare a un mondo migliore. Diversi e di diversa natura sono i problemi e le sfide che Morin ci prospetta con lucidità, ma che oggi, per la loro complessità, per ritardi politici e culturali non sembra che siano al centro dell'agenda politica, economica e sociale. Ecco perché ci invita a svegliarci prima che sia troppo tardi!