Nacqui nella tua Firenze quando
la seconda guerra mondiale era finita,
(devastante era stato il suo Inferno)
derubata, assetata, affamata la città,
sull’Arno distrutti tutti i ponti,
fuorché quello antico, risparmiato
dall’architetto feroce che in tutta Europa
aveva costruito con mattoni d’ossa...

Furono i cittadini poi l’11 agosto del ‘44,
(ne saresti stato orgoglioso
tu Priore a governare la città Guelfa)
a riscattare quella Firenze dei bottegai
degli usurai, delle teste anguicrinite,
dei pugnali traditori e dei vizi segreti,
quando i rintocchi della Martinella sulla torre
accesero finalmente la sua liberazione...

In Toscana ancora nel ‘900, c’era chi
recitava la tua Commedia a memoria,
ne avevo anch’io un grosso volume
del 1880 (illustrata da Gustavo Dorè)
ed il tuo ritratto accigliato accompagnò
le mie prime allitterazioni, disegni e sogni
in cupe atmosfere o nel volo per le stelle prima
che per me sbocciassero i primi amori...

Fragilità, terrore, volontà e coraggio,
eri un amico misterioso che insegnava
ad osare, nonostante tutto,
col viaggio di Ulisse e con la passione come
Paolo e Francesca (anche se finiva male)
seguendo la fascinosa complessità
della virtù, di conoscenza e sentimento
della vita ed il valore della memoria...

Ancora tu, l’antico, ad aver osato
(Orfeo innamorato, nel viaggio agli Inferi)
vergare una cosmogonia del contrappasso,
dovesti assistere impotente a S. Croce
al traboccar del fiume iroso e sacro a Marte,
lurido di petrolio a demolir cultura ed esistenze,
poi un miracolo fece scendere i nipoti di Stendhal
in aiuto, e volare a Firenze gli angeli del fango...

Appena ad un anno dalla tragica Alluvione
che fece piangere l’altera Firenze sul crocifisso
del maestro Cimabue (già oscurato dal realismo
del suo allievo, da te evocato nell’undicesimo
Canto del Purgatorio) che una forte
ondata di contestazione attraversò l’Europa,
dilagando dagli Stati Uniti per l’Inferno
del Vietnam, dal Messico al Giappone...

Noi in Toscana eravamo soprattutto giovani
che ripercorrevano le strade e le orme
della Resistenza (da Firenze a Vallombosa
e fino a quel San Benedetto in Alpe nel
casentinese) dove i nostri padri, ancor divisi
in movimenti, avevano affrontato insieme
guerriglia, disperazione e subìto le incursioni
dei dèmoni e lo sterminio di innocenti testimoni...

E ancora una volta ti incontrammo esule
mentre a cavallo passavi il selvatico Appennino
cercando asilo, per poi iscrivere della ripa scoscesa
(nell’attraversamento tra il settimo e l’ottavo Cerchio)
che conduceva in Malebolge e dell’assordate fragore
paragonando quel Flegetonte all’Acquacheta nostra,
mentre ancora noi, pensando all’amore, cantavamo
Bella ciao e Dio è morto, da Nietzsche a Guccini...

Molti furono gli sconfitti poi, tra quelli che
non volevano vivere come bruti, né essere
massa grigia che stava a guardare (imprigionati
da una mentalità che non voleva cedere)
ci furono altri che per risorgere più degnamente,
attraversato il Flegetonte, si addormentarono
in quella foresta amara e senza sentieri
né ritorno, perseguitati da torvi pensieri...

Passati altri anni, ancora colpevolmente,
si taceva delle stragi e le brutalità dei tempi
avevano solo cambiato norme e riferimenti,
ma grazie alle tue parole gentili e sanguigne
che non nascondevano pianto e mancamenti,
la tua poesia divina (avendo ritrovato Beatrice
in Paradiso) divenne così forte da resistere
agli oltraggi di ripetizioni e addestramenti...

Fu la tua morte in esilio e Ravenna,
(che ti aveva ricevuto con grande rispetto)
vegliò la tua dipartita il 14 settembre del 1321
nella data dell'Esaltazione della Vera Croce.
I santi e le divinità sui cieli d’oro ti accolsero,
cittadino onorario per l’eternità che meritavi,
ma sulla terra le tue ossa si mossero
ancora, contese tra tumuli e ideologie...

Son 700 gli anni da quel giorno
e la tua tomba a Firenze è ancora vuota,
ma tu sei sempre vivo ed artista universale
nonostante le fazioni, rispettato emblema
di un Paese dolente, litigioso, disunito,
fin nella lingua che ci hai indicato; da volgare
divenuta metafora poetica e nobile riferimento
della gloria, della ragione e dell’etica...

Carla Guidi, febbraio 2021

 

 

 

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