PREMESSA
Titolo più suggestivo ed evocativo non poteva essere trovato da Papa Francesco per la sua Enciclica: Laudato si’. Moltissimi si sono ricordati che si tratta delle parole più diffuse nel Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi e di questi molti sono andati a rileggerselo[1]. E vi hanno trovato una straordinaria affinità, anche se sono trascorsi circa 800 anni dalla preghiera del mendicante umbro.
L’Enciclica di Papa Francesco costituisce una novità assoluta per le tematiche che affronta: la cura della casa comune. Dove la casa comune è la Terra, il pianeta Terra con tutto ciò che ospita e contiene, a cominciare dall’uomo. Una lettura superficiale e affrettata potrebbe far pensare ad un testo generico, per molti aspetti scontato nei contenuti, trattandosi di argomenti di cui si occupano le istituzioni internazionali da molto tempo e le organizzazioni ecologiste, ambientaliste e naturaliste hanno denunciato da oltre trenta anni a questa parte. E il pontefice ne dà atto con grande evidenza proprio all’inizio del testo. Ma a parlare non è uno studioso dell’ambiente, uno scienziato del clima, un geologo ma la massima autorità morale e spirituale del Pianeta. E le sue parole non possono che essere quelle di chi non possiede strumenti tecnico-scientifici politici o eserciti per intervenire, ergendosi a predicatore moderno, esortatore di comportamenti virtuosi e giudice delle coscienze. Il suo linguaggio vuole essere universale e quindi è semplice, piano, leggero, però scontato mai! Anzi, più il ragionare scorre sciolto e limpido come acqua sorgiva e più la densità del messaggio cresce e solidifica, divenendo pietra durissima con cui fare i conti.
I dipinti sono del maestro austriaco Werner Stadler, pubblicati per sua gentile concessione. Cliccando sull'immagine e' possibile aprirla nella dimensione reale.
L’ENCICLICA
L’Enciclica si articola in 245 punti. Non ci sono giri di parole, perché l’attacco è diretto, bruciante: 1. […] «”Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”. 2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a ausa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora».[2] Sono temi su cui ritorna con maggiore respiro dottrinario e spazio di riflessione nella nota 71. Ma la forza del messaggio consiste nella individuazione delle responsabilità per quanto sta succedendo alla casa comune. Non si tratta di generiche responsabilità dell’uomo, a precise accuse ai comportamenti di ambienti e di strutture ben precise.
109. «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanzia soffoca l’economia reale».[3]
Da qui una considerazione amara che lascia molto sorpresi nel procedere affabulatorio di papa Francesco e che introduce elementi di politica, di sociologia e financo di costume. 113. «D’altronde, la gente ormai non sembra credere in un futuro felice, non confida, non confida ciecamente in un domani migliore a partire dalle attuali condizioni del mondo e dalle capacità tecniche. Prende coscienza che il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell’umanità e della storia, e intravede che sono altre strade fondamentali per un futuro felice. Ciononostante, neppure immagina di rinunciare alle possibilità che offre la tecnologia. L’umanità si è modificata profondamente e l’accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie per recuperare la profondità della vita…».[4]
Da qui la critica all’antropocentrismo deviato e al relativismo pratico. Il discorrere diventa più dottrinario, ma i legami con la realtà che è sotto gli occhi di tutti, fatta di sfruttamento e di degrado, è molto forte. 119. «La critica all’antropocentrismo deviato non dovrebbe nemmeno collocare in secondo piano il valore delle relazioni tra le persone. Se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali…»[5] E aggiunge che 123. «La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. E’ la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. E’ anche la logica interna di chi afferma: lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia, perché i loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili. Se non ci sono verità oggettive né principi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione?»[6]
Sono gli aspetti di quella predicazione cristiana che l’ex frate francescano e teologo brasiliano Leonard Boff definisce ecologia integrale, quindi al di là del tema ambientale, collocandola nel quadro della teologia della liberazione.[7] Secondo l’autore, «Quelli della casa comune, della madre Terra, del grido della Terra e grido dei poveri, della cura, dell’interdipendenza fra tutti gli esseri, dell’essere umano come Terra che sente, pensa, ama e venera, dell’ecologia integrale, e altri, sono tutti temi ricorrenti tra noi»[8], ovvero in America Latina dove Papa Francesco ha maturato la sua cultura ecologica.
Ma Papa Francesco va oltre le considerazioni dottrinarie ed entra negli aspetti più politici e culturali. 228. «La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione… l’amore fraterno può essere solo gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, l sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale.»[9]
Infine, il richiamo alla responsabilità della comunità internazionale a compiere scelte che vadano nella direzione indicata. Senza un’accelerazione dell’agire politico e della stessa scienza, non sarà possibile fare molta strada. 157. «Il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà. Tra questi risalta specialmente la famiglia, come cellula primaria della società. Infine, il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza. Tutta la società – e in essa specialmente lo Stato – ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune».[10]
L’Enciclica si conclude con due preghiere molto toccanti che il pontefice ha composto invitando i cattolici e gli uomini di buona volontà a tenere conto dei suoi insegnamenti.
Prima di concludere questa breve nota, è opportuno ricordare che Papa Francesco, proprio all’inizio dell’Enciclica, rivolge un appello, «Il mio appello», lo chiama. 13. «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare… i giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi».[11]
Il pontefice prosegue nella sua esortazione: 14. «Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul mondo in cui siamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti… purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto del potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di una nuova solidarietà universale».[12]
LA SFIDA EDUCATIVA
Di conseguenza, il suo messaggio si connota e si riempie di contenuti pedagogici. E’ nello stile e nei compiti della Chiesa esercitate questa missione e educativa, ma in questo caso il logos è più alto, epocale, universale. Per questo si parla di educare all’alleanza tra l’umanità e l’ambiente. 209. «La gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. Molti sanno che l progresso attuale e il semplice accumulo di oggetti o piaceri non bastano per dare senso e gioia al cuore umano, ma non si sentono capaci di rinunciare a quanto il mercato offre loro. Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini, per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa».[13]
Può sembrare una considerazione scontata, ma in questa riflessione di Jorge Bergoglio sta la sostanza delle maggiori difficoltà al cambiamento. Le conquiste economico-ociali e il benessere sono considerati diritti acquisiti e pertanto immutabili. In questo modo si trasformano in privilegi, protetti dall’establishment politico, sindacale, culturale. Da qui la necessità per Papa Francesco di una educazione ambientale che coinvolga tutti, nella piena consapevolezza dell’impossibilità di proseguire ancora per lungo tempo sulla strada della dissipazione delle risorse a vantaggio di pochi. 210. «L’educazione ambientale è andata allargando i suoi obiettivi. Se all’inizio era molto centrata sull’informazione scientifica e sulla presa di coscienza e prevenzione dei rischi ambientali, ora tende a includere una critica ai “miti” della modernità basati sulla ragione strumentale (individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza regole) e anche a recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con se stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio».[14]
Ed ecco il salto di qualità dell’agire, passando dalla pedagogia all’etica e quindi ai cambiamenti virtuosi. 211. «Tuttavia, questa educazione, chiamata a creare una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informare e non riesce a far maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico…»[15]
Infine, l’esortazione alla politica e alle varie associazioni perché compiano uno sforzo adeguato agli obiettivi per la formazione delle coscienze. E l’affermazione icastica: «Compete anche alla Chiesa. Tutte le comunità cristiane hanno un ruolo importante da compiere in questa educazione».[16] Il pontefice non trascura di entrare nel merito della didattica, facendo venire in mente i suoi trascorsi da gesuita. Così specifica gli ambiti dell’agire della Chiesa. «Spero altresì che nei nostri seminari e nelle case religiose di formazione si educhi ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente. Poiché grande è la posta in gioco, così come occorrono istituzioni dotate di potere per sanzionare gli attacchi all’ambiente, altrettanto abbiamo bisogno di controllarci e di educarci l’un l’altro».[17]
CONSIDERAZIONI FINALI
Nel 2012 presso la Biblioteca Giovanni Spadolini del Senato, curato dall’associazione culturale e dalla rivista “l’albatros”, si è svolto un seminario di studi sul tema «Cibo terra acqua sostenibilità. Quale futuro per dieci miliardi di persone». La relazione dello scrittore Alfonso Pascale ha suscitato un vivacissimo dibattito. Il sociologo Franco Ferrarotti, traendo alcune conclusioni della complessa discussione, auspicava proprio il cambiamento dello stile di vita per conseguire il bene comune. Non tanto politiche di decrescita, quanto mutamenti comportamentali da parte di tutti. Compito non solo degli Stati, ma principalmente degli uomini. Compiti epocali, davvero![18]
Leggendo l’Enciclica e annotandone i punti salienti, sono andato proprio a quella giornata di studi, rimproverandomi di non avere raccolto i materiali per una pubblicazione. Probabilmente sarà opportuno riprendere il tema dal punto di vista della cultura e dell’arte in un prossimo futuro, coinvolgendo quanti saranno attenti a gli stessi temi sollevati dall’Enciclica Laudato si’.
Ma l’appello di Papa Francesco troverà ascolto? Esso è rivolto a tutti. Come risponderanno e cosa faranno i capi di stato e di governo di fede cristiana e cattolica, i Ceo (Chief Executive Officer) che governano l’economia mondiale e sono a capo di conglomerati multinazionali con bilanci superiori a quelli dei maggiori stati nazionali, i banchieri e i finanzieri che decidono delle sorti di interi popoli e di nazioni, come insegna l’esempio della Grecia? Continueranno a guardare dall’altra parte, autoassolvendosi con il pentimento finale? Ammesso che ci sia…
E’ questo il punto vero. L’Enciclica ha un grande valore spirituale e morale, ma questa volta è anche uno strumento di “lotta” in più di cui la Chiesa si dota e dota i fedeli per affrontare le sfide del futuro.
11. «Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapaci di porre un limite ai suoi interessi immediati»[19]. Sono le basi della filosofia greca antica, la culla della civiltà occidentale. Le parole di Jorge Bergoglio hanno il merito di ricondurre le basi della riflessione sul futuro del mondo da dove è iniziata la speculazione sul mondo, dal pensiero dei fisici, anche se il suo procedere originante è la Bibbia.[20]
Quindi, l’Enciclica va letta come una esortazione all’umanità intera a scuotersi dal «somnium» e dall’«otium» per guardare con occhi sgombri da nebbie la realtà e il suo divenire. Il divenire dell’universo.
Agostino Bagnato
Roma, 20 giugno 2015
I dipinti sono del maestro austriaco Werner Stadler, pubblicati per sua gentile concessione.
[1] Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. […]
[2]PAPA FRANCESCO, Laudato si’, Enciclica sulla cura della casa comune, Edizioni Sn Paolo, Cinisello Balsamo 2015, p. 27
[3] Cit. p. 109
[4] Cit. p. 113
[5] Cit. p. 117
[6] Cit. p. 119-120
[7][7] LEONARDO BOFF, in “la Repubblica”, 20 giugno 2015
[8] Ivi
[9] PAPA FRANCESCO, Cit., p. 196
[10] Cit, p. 145
[11] Cit. p. 36
[12] Cit. p. 37
[13] Cit., p. 183
[14] Cit., pp. 183-184
[15] Cit. p. 184
[16] Cit., , 214, p. 187
[17] Ivi
[18] Vedi «L’albatros», XIII, n. 3, Roma 2012
[19] Cit. p. 35
[20] Cfr EUGENIO ZOLLI, Guida all’Antico e Nuovo Testamento, Garzanti, Milano 1956