MARCO VARRIALE, Sardine, 2019, pastello su carta
Lucida e documentata analisi sulle ragioni che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del movimento denominato Sardine. Interrogativi sul percorso intrapreso a disperato bisogno di autonomia, sfuggendo ad abbracci interessati e respingendo attacchi strumentali, evitando ingenui errori comportamentali e scivoloni mediatici. Ma il futuro delle Sardine è legato alla capacità del Paese di sapere cogliere e reagire al nuovo. E’ questa la speranza di un futuro non impossibile.
di Roberto Vena, giornalista
Che cosa succederà ora? Che cosa accadrà dopo le elezioni in Emilia-Romagna? Le Sardine gioiose e festanti decideranno di staccare subito la cedola per riscuotere il dividendo politico della loro azione spontanea (e, probabilmente, risolutiva) emergendo come nuovo soggetto politico e imponendo la propria agenda? Oppure preferiranno prima diffondere nel resto del Paese il loro messaggio di valori nuovi in politica, garantendosi spazio di manovra e mantenendosi ancora a distanza di sicurezza dagli angusti recinti di partito? Vorranno rivendicare subito un ruolo da primattori (o almeno da co-protagonisti) sulla ribalta italiana o preferiranno rimanere seduti in platea liberi di applaudire o criticare lo spettacolo? Infine, come giudicare le recenti “carezze” se non il vero e proprio endorsement che il finanziere George Soros ha rivolto a Santori&Co? Potrebbe avvicinarli all’abbraccio mortale col grande capitale sentenziando la fine della loro purezza e credibilità? E che dire, poi, delle polemiche seguite allo scivolone imprevisto per via della famigerata foto di gruppo con Benetton? Le domande sono di strettissima attualità tra la piazza e il Palazzo, entrambi sono curiosi di sapere quale rotta prenderà il movimento apparso improvvisamente, se imboccherà la corrente che lo farà flottare verso la riva o se al contrario farà dietro-front incrociando al largo per sottrarsi alle mortali secche della politica italiana.
La disfida emiliano-romagnola: breve ricostruzione dei fatti
Facciamo un piccolo passo indietro nelle ultime settimane per cercare di comprendere il ruolo svolto dalle Sardine. Non appare superficiale attribuire buona parte del merito del voto emiliano-romagnolo alla marea di persone che non “ha abboccato” al richiamo aggressivo della Lega. Non tanto (e non soltanto) in termini di apporto percentuale ai consensi per Bonaccini, quanto per aver ridato vigore e speranza a quei cittadini lontani sicuramente dalla weltanschauung di Salvini ma quasi irretiti dalle sue smargiassate propagandistiche e dalla sua capacità di aver trasformato in contenuto politico anche il “quinto quarto” da mattatoio. Quei cittadini, tramortiti dalle sconcezze da campagna elettorale del Sovranismo in “cassœla”, asfissiati dalle esalazioni velenose del “volgar-bolario” salviniano e ormai certi di non poter più incidere nelle scelte del Paese, con l’irrompere sulla scena politica delle Sardine hanno improvvisamente riascoltato accenti quasi perduti, parole ristoratrici, pacifiche e solidali, rivisto piazze piene di giovani uniti dalla voglia di combattere la paura senza istillarne altra uguale e contraria. Dal primo flash mob in Piazza Maggiore il 14 novembre scorso – quando in Piazza Grande si riunirono sorprendentemente quasi 15 mila persone- è sembrato che i cittadini abbiano ritrovato fiducia, superando anche le perplessità verso un Pd ineffabile e immobile, tanto a Roma quanto sotto le Due Torri. Si sono scossi di dosso il torpore e hanno vinto la rassegnazione recuperando così quelle energie che li ha spinti alle urne per esprimere un consenso a favore di un politico che nei precedenti cinque anni ha dato esempio di buon governo e buona amministrazione.
Bonaccini dal canto suo in campagna elettorale ha saputo capitalizzare i buoni segnali trasmessi dalle Sardine, ha mantenuto il sangue freddo necessario a erigere i bastioni della Stalingrado d’Italia e a guidare la controffensiva dei suoi, sostenuta dalla narrazione corretta e puntuale del proprio operato. È stato poi abile e astuto nel non cadere nella rincorsa quotidiana alle mille trovate del Situazionista Sovranista. Morale: il fittissimo banco di Sardine con i suoi slogan originali, ironici e divertenti (insieme alla dissennata polarizzazione imposta alla consultazione da Salvini) ha restituito a gran parte dell’elettorato la voglia di tornare in campo e decidere col proprio voto, guastando la festa al Comandante. Il quale era già pronto a varcare in armi il suo Rubicone alla testa delle milizie, guadare il Tevere, cingere d’assedio il Quirinale e gli altri palazzi del potere, reclamare le elezioni anticipate e sognarsi già nuovo Cesare della politica italiana. A confermare dati alla mano la ritrovata verve civica basti il dato dell’affluenza, pari al 67,67%. Un dato che ha praticamente eguagliato il 68% delle elezioni 2010, contro il misero 37,71% delle precedenti elezioni regionali del novembre 2014. Quelle consultazioni si tennero in un clima avvelenato dalle dimissioni del Presidente Vasco Errani, costretto a lasciare dopo aver subito la condanna in Appello per falso ideologico nell’ambito dell’indagine “Terremerse”, dal nome dell’azienda agricola ravennate di proprietà del fratello accusato di aver ottenuto fraudolentemente fondi europei. Errani fu poi assolto in Cassazione due anni dopo perché “il fatto non sussiste”, ma lo shock sull’elettorato di sinistra fu tremendo e la sfiducia degli elettori verso il Pd e verso la politica si manifestò pesantemente con il crollo della presenza ai seggi. E con la vittoria striminzita del Bonaccini Primo, che non superò il 50% dei consensi, fatto storico negativo per i candidati espressi dal PCI prima e dai suoi discendenti PDS e Pd dopo. Pochi dubbi, insomma, sull’effetto balsamico prodotto dall’unguento rivitalizzante che le Sardine hanno spalmato sulla pelle dolente dell’elettorato di sinistra.
Il futuro
Tornando ora alla domanda iniziale sul “che cosa succederà”, non c’è dubbio che l’appeal del movimento nato a Bologna negli ultimi mesi sia indiscutibile. E così come a tavola il consumo di pesce azzurro è vivamente consigliato da tutti i dietologi per il loro contributo di Omega tre e di colesterolo buono, anche nel menu della politica le Sardine sono diventate il prelibato piatto del giorno, soprattutto per un Pd che ha un disperato bisogno di rigenerarsi e di accogliere l’intelligenza, il dinamismo e la potenza inclusiva del movimento fondato da Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori e Giulia Trappoloni, citati in rigoroso ordine alfabetico. E non solo dell’apporto delle Sardine, per la verità. Il corteggiamento del Nazareno al popolo pelasgico si è aperto ufficialmente pochi giorni prima dell’apertura delle urne nella regione che alla vigilia veniva avvertita come l’ultimo ”ridotto” cui i Democratici dovessero aggrapparsi per scongiurare il dilagare leghista e per ricacciare Salvini e tra i confini del Lombardo-Veneto. Santori ha aperto a Zingaretti che ha gradito assai e per dare un segnale chiaro ha portato il Pd in convento per riflettere sul futuro, dare una visione nuova al partito e accogliere Sardine e ogni altro contributo provenienti dai territori e dai diversi mondi per ricomporre e possibilmente ampliare il campo della sinistra italiana. A urne ancora calde, il Segretario del Pd, ha ringraziato e osannato le Sardine e osato tanto al punto da dire che “d’ora in poi la loro partecipazione non sarà più gratuita. Dobbiamo metterle nelle condizioni di incidere nelle nostre scelte”. Insomma, ancora non sa come, ma Zingaretti ha già in mano stoffa e metro da sarto per confezionare un bell’abito su misura al movimento immaginandone un ruolo incisivo ma non organico. E, soprattutto, non egemonizzato da un Pd-Leviatano con cui le Sardine farebbero fatica a stipulare un qualsivoglia contratto sociale senza essere ingoiate in un sol boccone dal corpaccione del partito. Cedere alla tentazione di trasformare le Sardine in Guardie Rosse del Pd sarebbe un errore clamoroso per Zingaretti e decreterebbe la fine prematura del movimento. Anche Romano Prodi, Padre Nobile dell’Ulivo e di un’idea di centrosinistra ampio e accogliente, non ha perso tempo. Il 27gennaio ha scelto le colonne di Repubblica per invitare Zingaretti a “spalancare il Pd”, prestando orecchio alle Sardine e alla società civile perché, ha sottolineato, «la politica ha successo quando cerca un contatto forte con la società». L’ex Presidente del Consiglio ha riconosciuto al movimento un ruolo importante sui risultati emiliano-romagnoli: «Le Sardine – ha affermato Prodi - hanno avuto un doppio effetto. Hanno creato un nuovo clima e hanno riempito le piazze, lasciando alla Lega il ruolo di numero due. E chi lo ricorda il secondo arrivato al Giro di Francia?», ha concluso facendo spuntare gli artigli dal solito sguardo bonario. Se c’è infatti un elemento distintivo delle Sardine è appunto questo: il movimento ha usato abilmente il poderoso mezzo digitale per fare l’appello, ma ha scelto di fare politica nelle piazze, tra la gente, scegliendo il contatto umano, l’ascolto, il canto intonato a più voci, tutti insieme. Insomma, una bella rivoluzione rispetto alla cyberpolitica che si confina e si consegna alla virtualità, al consenso (o allo sprezzante dissenso) via like o emoji.
Intanto, in attesa che Zingaretti chiarisca prima a se stesso, poi al Pd che genere di partita intenderà giocare, le Sardine hanno preso l’iniziativa, impugnato carta e penna e inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte – che aveva scelto le telecamere della Gruber per lanciare il suo invito alle Sardine - accompagnata da seimila firme. Non propongono ovviamente soluzioni ma esprimono l’esigenza di riallacciare il filo del dialogo con le istituzioni in nome di una Politica alta, in grado di ricostruire una terreno di valori comuni e di desiderio di partecipazione, messaggeri di un’Italia differente, finora silente e sommessa e ora finalmente tornata a far sentire la propria voce. Chiudono infatti le Sardine la loro lettera a Conte dicendo: «Non ci presentiamo a Lei nelle vesti di oracoli ma ci conceda, per un giorno, di sentirci come Ermes. Smettiamola di considerarci solo come elettori e politici. Iniziamo a onorare i nostri ruoli di cittadini e amministratori. Ognuno faccia la sua parte ma torniamo a dialogare. Crediamo possa essere questo il primo nodo da sciogliere, il primo passo verso un'Italia migliore».
Letta la lettera, Zingaretti ha colto l’occasione per un ulteriore epinicio alle Sardine, sottolineandone lo «straordinario contributo politico e civile” e garantendo “rispetto per la loro autonomia e risposte alle loro esigenze di partecipare e incidere» Tuttavia l’importante rendez-vous tra il Palazzo e il popolo pelasgico tarda a svolgersi, tanto che in un suo editoriale il direttore di Repubblica Carlo Verdelli non ha mancato di tirare le orecchie a Conte per «non aver ancora trovato un minuto per rispondere alla richiesta dei volenterosi pesciolini». Forse sarà fissato a breve, forse invece Cunctator Conte preferirà far morire in culla il dialogo, sperando nella distrazione dell’opinione pubblica. E in tanto entusiasmo iniziale nessuno può escludere in via di principio nemmeno l’effetto “Sora Camilla”, con le preziose energie delle Sardine prima tanto corteggiate come la proverbiale donzella romana, e poi neglette da tutti ora che il risultato è stato messo in cassaforte. Abbandonate prima ancora di essere state sedotte, insomma. Gli occhi di tutti sono ora puntati su Scampia dove il 13 e 14 marzo le Sardine hanno annunciato l’evento politico che può definirsi “costituente” del Movimento, il momento di sintesi tra le diverse anime e i differenti fondali regionali che ci dirà qualcosa in più sul programma (già in verità sintetizzato nei sei punti), sui messaggi, sulla tattica e sulla strategia. Se, ed è qui il punto dirimente, decideranno di assumere la forma-partito o se preferiranno nuotare in acque libere sia pure con precise affinità e simpatie. Interessanti saranno anche le parole che dedicheranno al Sud. La questione meridionale diventerà centrale per le Sardine che, non a caso, in questi ultimi giorni hanno di nuovo guastato la festa a Salvini prima a Palermo (quando un loro flash mob al mercato di Ballarò ha sfrattato il Capitano pronto alla comparsata nel quartiere popolare tra un “pani ca’ meusa” e uno stentoreo appello alla gente di Trinacria), poi a Scampia quando la manifestazione proclamata dai pesciolini in parallelo alla presenza di Salvini ha indotto i referenti campani della Lega a spostare di qualche ora la kermesse del leader pur di evitare la concomitanza e, soprattutto, la “conta”. Oltre che in Campania, la presenza delle Sardine è annunciata già in Puglia e poi in Calabria, dove puntano a ricomporre il fronte anti-destra, e reclutare forze fresche facendo germogliare i semi lanciati (lì forse più timidamente) nella campagna di gennaio.
Eppure tira già aria di burrasca
Imprevedibilmente, però, il quadro arcadico e gli entusiasmi scatenati dalla pur recente fenomenologia ed esistenza delle Sardine hanno perso i colori smaglianti dei primi giorni per una disavventura che sa di puerile inesperienza condita da ingenuo autocompiacimento. I quattro promotori si sono fatti impallinare. E dire che non era passato che qualche giorno dall’intervista carezzevole di George Soros al Corriere della Sera, in cui il finanziere lodava la nascita delle Sardine come un elemento di forte innovazione e rilevanza nel quadro politico italiano, attirando sul movimento il sarcasmo di esponenti e giornali di destra che già vi leggevano la zampata dei poteri forti e del complotto demo-pluto-giudaico a ghermire i pesci azzurri come gabbiani affamati. L’allarme cominciava a suonare. Se è vero, però, che nessuna persona di raziocinio potrebbe pensare a un’intervista commissionata dalle Sardine, è vero invece che nella trappola che oggi scuote il movimento Santori e gli altri sono caduti consapevolmente e con tutte le scarpe. La pietra dello scandalo è stata la foto scattata a Treviso con Oliviero Toscani e Luciano Benetton dopo la visita al laboratorio creativo “Fabrica” creato dal decano della famiglia di industriali veneti. L’immagine dei sorridenti “padri fondatori” in posa accanto al famoso fotografo e al capitano d’impresa, azionista di riferimento di Atlantia, considerato responsabile morale del crollo del Ponte Morandi, ha fatto immediatamente e inesorabilmente il giro del web provocando la prima vera turbolenza tra i giovani attivisti. Da Roma il giornalista Stephen Ogongo, esponente di punta delle Sardine della Capitale (ma discusso per una sua presunta apertura a Casa Pound) ha tuonato contro Santori e gli altri. Li ha accusati di essere manovrati e di aver già dilapidato il gruzzolo di credibilità e fiducia conquistato in pochi mesi per via di quello scatto che Ogongo ha definito «una scelta di campo», puntando il dito anche sul fatto l’incontro fosse stato tenuto riservato: prova provata – secondo l’esponente dissociato - della coda di paglia delle quattro incaute Sardine. L’attacco sferrato da Ogongo (che si è auto-espulso dal movimento) è stato subito rintuzzato dalle altre Sardine romane che hanno ribadito fiducia nei quattro leader, ma ha suscitato non pochi interrogativi ed un’ondata di “sdegno” retorico da parte dei detrattori della prima ora e dei media di destra che hanno ringraziato per il regalo offerto con tanta dabbenaggine. Il mare «si increspa ma non si scinde», ha commentato subito dopo il Quartier generale delle Sardine, accusando Ogongo di coltivare ambizioni politiche e, sotto sotto, di soffrire di gelosia per la visibilità conquistata da Santori. Di certo, se è vero che l’iperbole della narrazione giornalistica ed ha avvisato i naviganti parlando di burrasca in arrivo invece che di un semplice moto ondoso in aumento, è altrettanto auspicabile che l’episodio faccia riflettere i ragazzi dal coraggio visionario, capaci di far nascere il movimento, trasformandolo da un estemporaneo flash mob in Piazza Maggiore in uno dei potenziali “maggiori azionisti” del campo di sinistra. E’ facile immaginare che intuiranno molto presto che se in politica si perde la rotta anche per una semplice banalità il mare libero può trasformarsi improvvisamente in una sanguinosa quanto implacabile tonnara.