Roma rincorre Bologna? Sarebbe una sfida bellissima, una occasione di arricchimento del mercato e del confronto tra esperienze artistiche, organizzative e professionalità imprenditoriali differenti. Risultati che non si ottengono in poco tempo. Per cui non bisogna arrendersi di fronte a successi parziali o limitati delle prime manifestazioni. Artefiera Bologna ha impiegato oltre venti anni per essere l’evento internazionale che è attualmente, ruolo che tutti i principali artisti e galleristi gli riconoscono. Romart 2015 è un esempio di questa realtà. Nata come Biennale Internazionale di Arte e Cultura, questa edizione del 2015, svoltasi dal 15 al 18 maggio alla Nuova Fiera di Roma, lo dimostra pienamente. La sede è molto suggestiva, ma non facilmente raggiungibile senza l’automobile, anche se un servizio di autobus navetta consente la visita della Fiera, collocata nei pressi dell’aeroporto di Fiumicino. Circa 200 gallerie d’arte si sono presentate all’appuntamento, ma a voler compilare un elenco di qualità è veramente arduo.
Ci sono opere di Renato Guttuso, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Salvatore Fiume, tuttavia manca il respiro internazionale che pur manifesta la creatività artistica italiana. Probabilmente l’autoreferenzialità romana continua a pesare. Eppure il pubblico ha risposto con un certo interesse, presentandosi alla ricerca di novità e di suggestioni che solo in parte sono state soddisfatte. Unica positiva eccezione è la presenza di un artista storico come Ennio Calabria. E giustamente la sua partecipazione alla manifestazione è concepita come evento collaterale, dal titolo “Visioni. Fantastiche trame dell’invisibile”.
Chi segue l’attività creativa del maestro romano non si trova di fronte a consistenti sorprese dell’ultimo periodo, tranne alcune concepite nell’anno in corso e strettamente legate al contingente travaglio creativo che sta approdando a risultati altissimi, di contenuto filosofico ed estetico sorprendenti. Ci sono opere degni anni Ottanta ed alcune tele che testimoniano la profonda svolta del maestro negli anni ’90, dopo il crollo e la morte delle ideologie e l’aumento vertiginoso della velocità degli scambi, in conseguenza del prodigioso sviluppo tecnologico nelle comunicazioni.
Svolta senza mai tradire se stesso e la propria esperienza di vita e di impegno civile. Opere di una intensità drammatica in cui il pathos autobiografico è nella ricerca di una identità narrativa che fa del sé il centro di ogni racconto. Nel senso che avendo smarrito ogni codice identitario, l’uomo contemporaneo deve trovare nel proprio profondo ogni carattere identificativo. Il presente non dà nutrimenti e chi vuole cercare le ragioni della propria natura esistenziale deve rifugiarsi nel più profondo anfratto della coscienza per sopravvivere allo spaesamento e alla disarticolazione del presente.
Una rassegna dal carattere antologico, messa a punto da Rita Pedonesi che cura l’archivio Calabria. L’agire dell’archivio come galleria d’arte è di per sé una novità e facilita l’approccio del maestro con il pubblico e il mercato. Mercato ancora molto difficile, reso pesante dalle anguste politiche fiscali, ma per alimentarlo occorrono qualità e inventiva. A manifestazioni come quella romana la presenza di artisti come Ennio Calabria è una garanzia.
Agostino Bagnato