di Agostino Bagnato
Vladimir Putin è stato confermato nelle elezioni russe del 18 marzo scorso per la quarta volta alla guida della Russia con il 76,2% dei voti. Un trionfo, dunque!
Successo meritato, ottenuto grazie all’impegno costante per difendere il prestigio della Russia ed il suo ruolo nel mondo, a dispetto dei pregiudizi e del sentimento ostili di tanta parte dell’establishment occidentale e dell’opinione pubblica internazionale.
Perché tanto successo? Vladimir Putin non era un politico in senso stretto quando è stato scelto per la presidenza della Federazione Russa, provenendo dai ranghi militari e dal Kgb, responsabile dei servizi d’intelligence nella Germania orientale al tempo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. Eppure ha dimostrato un grande senso politico e una capacità di guida formidabili, in cui si mescolano intelligenza, abilità, astuzia, spregiudicatezza e ambizione personale, doti necessarie per un capo di stato in qualsiasi tempo.
Putin he ereditato da Boris Elcin un paese devastato dalla crisi economico-sociale seguita alla dissoluzione dell’URSS, dal disordine politico-amministrativo, dalla corruzione, dalla dissipazione e dal saccheggio delle risorse pubbliche da parte di oligarghi appartenenti agli alti ranghi dell’ex PCUS e degli apparati amministrativi e militari. Ha dovuto usare il pugno di ferro per piegare e sconfiggere la famelica ascesa di finanzieri e di imprenditori spregiudicati, in genere apparatčiki (funzionari) del vecchio regime. Spesso ha dovuto forzare leggi e regolamenti per avere ragione di interessi fraudolenti, facendo leva su fidati collaboratori, chiamati silovki (agenti della sicurezza) perché provenienti dall’ex Kgb o in forza al FSB, i nuovi servizi segreti, oltre che sull’aperto sostegno dell’opinione pubblica russa, a cominciare dalle grandi città. Il tenore di vita della popolazione ha cominciato a migliorare e la modernizzazione del Paese è stata portata avanti con coraggio e scelte accorte. E’ stato pagato un prezzo molto alto da parte della vecchia generazione, dei pensionati, dei lavoratori a scarsa propensione all’innovazione per ragioni oggettive. Ma la Russia ha potuto recuperare molto tempo perduto sul piano tecnologico e di conseguenza su quello scientifico. Se ne è avvantaggiata la stessa industria militare.
I risultati di tale politica sono stati ottenuti grazie alla crescita del prezzo del petrolio e del gas il cui commercio Putin ha posto sotto il controllo dello Stato, nonché attraverso alcune riforme economiche che hanno fatto crescere il prodotto interno lordo. Tuttavia, la Russia continua a restare deficitaria di sostanziali prodotti manifatturieri e di consumo perché l’industria è rimasta arretrata e molti beni di prima necessità sono importati, a cominciare da svariati generi alimentari. E’ aumentato anche il divario tra ricchi e poveri, venendosi a creare una sperequazione sociale che pesa già sul piano sociale. Tuttavia, la popolazione russa ho visto nella figura e nella politica del Presidente l’uomo in grado di restituire alla Nazione dignità e un avvenire migliore.
Il tentativo di bloccare Vladimir da parte degli avversari interni non ha avuto successo, mentre l’iniziativa dei nazionalisti ucraini e di altre repubbliche appartenenti all’URSS, sostenuta apertamente dall’Occidente, è stata bloccata dal deciso intervento politico-militare, come in Georgia. Inoltre, Putin è stato molti abile a inserirsi nelle vicende mediorientale, appoggiando la guerra contro il terrorismo islamista e l’autoproclamazione dello stato islamico su parte del territorio iracheno e siriano. L’annessione della Crimea nel 2014 è la conseguenza dell’isteria nazionalista in Ucraina e della presenza della NATO ai confini nord-occidentali. Nello stesso tempo sono stati intensificati i rapporti con la Cina, a ogni livello, consentendo a Mosca di svolgere un ruolo nelle tensioni tra Corea del Nord e Stati Uniti d’America.
Vladimir Putin è descritto come autoritario, dispotico, intollerante dai suoi avversari interni e dall’opinione pubblica occidentale. E’ un capo di Stato che sa cosa vuole e cosa è giusto per il suo paese e i suoi concittadini. Da Aleksandr Nevskij a Dmitrij Donskoj, Ivan il Terribile, Pietro il Grande e Caterina II è stato sempre così. Putin è l’erede di quella tradizione che la Rivoluzione d’ottobre non ha sostanzialmente modificato e che lo stalinismo, al contrario, ha pesantemente aggravato.
L’appellativo di Vladimir lo zar, nuovo zar, è uno stereotipo giornalistico e una semplificazione banale. La Russia è una Repubblica su basi federative e non un impero con dei governatorati. La Costituzione pone limiti insormontabili ai processi di indipendenza di territori appartenenti alla Federazione, come dimostrano i tentativi ceceni, daghestani e tatari, magari nel nome di Allah e dello stato islamico, sapendo che dietro ci sono poteri ostili alla Russia e alle sue popolazioni. No, Vladimir Putin non può accettare tentativi strumentali per indebolire e fiaccare la Russia.
Può non piacere agli USA, all’Unione Europea e all’Occidente in generale, che impongono anacronistiche sanzioni economiche e commerciali, ma è sempre più chiaro che il mondo non può fare a meno della Russia, dello spirito di Puškin, Tolstoj, Čechov, Pasternak, Achmatova, Brodskij, Čajkovkij, Šostakovič, Kandinskij, Malevič, Eizenštejn, Tarkovskij e molti altri.
Chi pensa il contrario non tiene conto della storia e vuole un futuro di tensioni e di scontri. Il poeta Evgenij Evtušenko ha scritto negli anni Sessanta: «I russi vogliono la guerra? No, i russi non vogliono la guerra. Chiedetelo alle madri, alle mogli e ai figli dei soldati caduti se i russi vogliono la guerra!»
Questi versi sono ancora oggi validi, pur nella retorica internazionalista di tanta poesia del tempo.
Agostino Bagnato
Roma, 19 marzo 2018