di Agostino Bagnato

L’uomo ha abitato le città che si è costruito secondo le necessità e le condizioni del suo tempo. Da millenni, ormai!
Ma qual è l’idea di città nell’uomo contemporaneo e quale visione di futuro per la città più ricca di storia del mondo: Roma.
Come sarà nei prossimi venticinque anni?

L’EREDITÀ
Il prossimo autunno si voterà per il rinnovo delle amministrazioni comunali nelle principali città italiane, a cominciare da Roma. I candidati a sindaco, espressioni di singoli partiti o di coalizioni, non hanno ancora elaborato e presentato programmi precisi per le città di riferimento, ma qualche cosa che rispondano ad una idea di città, ovvero quale debba essere il modello della casa di tutti. Questo vuoto si avverte nelle parole dai candidati di ogni schieramento politico, sia di centro-sinistra che di destra. Al massimo si parla di emergenza abitativa e di politica della casa, in particolare da parte dei candidati del sinistra. Ma sono temi abituali, ripetuti in ogni occasione. Così come la destra parla di sgomberi dei campi nomadi e della case occupate illegalmente, di respingimenti e allontanamento degli immigrati. Senza precisare come.
Eppure, è la città il punto di partenza della civiltà occidentale, dalla polis greca con al centro l’agorà e all’urbs romana tra pomerium e oppidum che crea il forum e che porta alla civitas di Anco Marzio e a quella imperiale, fino al burg germanico e scandinavo e al grad slavo. Ogni lungo periodo storico ha caratterizzato il modello di città, dal borgo protetto con palizzate alle mura ciclopiche e megalitiche del periodo arcaico, alla razionalità del cardo e decumano nel periodo classico, di cui sono testimonianza centinaia di aree archeologiche, a cominciare da Pompei e Ostia antica. Il crollo dell’Impero vede il lento decadere del modello classico e la nascita di nuove strutture edilizie, a cominciare dall’abbazia, custode del sapere antico e poi, con l’ordine carolingio, il formarsi di una rete di castelli arroccati e imprendibili, attorno a cui sorgono borghi rurali e botteghe artigiane di ogni tipo. Prende così forma la città murata del Medioevo, ricca di case-torri e di templi religiosi sempre più appariscenti e riccamente decorati.


Roma medioevale: Castel S.Angelo fu progettato dall'architetto Demetriano come mausoleo su ordine dell'imperatore Adriano, fu terminato poi da Antonino Pio, e nei secoli successivi si susseguirono interventi e trasformazioni. A destra l'interno della Basilica di Santa Maria in Trastevere

Il Rinascimento riscopre i principi di Vitruvio e afferma la concezione della città ideale di Leon Battista Alberti dai ricchi palazzi signorili e patrizi, dalle chiese sempre più accoglienti e ricche di opere d’arte, fino allo splendore delle ville di campagna, di cui il modello di Andrea Palladio è ancora insuperato.


Roma rinascimentale: Il tempietto di San Pietro in Montorio, detto anche Tempietto del Bramante e , a destra, il Palazzo Farnese. Il progetto originario del palazzo si deve ad Antonio da Sangallo il Giovane, per incarico del cardinale Alessandro Farnese (futuro papa Paolo III),  I lavori, iniziati nel 1514 su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, furono proseguiti sotto la direzione di Michelangelo nel 1546

Il periodo barocco esalta la fantasia e dà vita alla città che si mostra, in ogni suo aspetto, talvolta spudorata nel suo apparire estetico. Ed ecco la città pulviscolare della Rivoluzione industriale e poi la città giardino del Novecento e quella verticale ancora in auge nel Terzo millennio, sostenuta dall’impiego di materiali sempre più staticamente sicuri. Attorno non sempre c’è sempre stata una visione intelligente, un progetto umanistico di assetto e di governo del territorio, per ragioni strategiche, militari ed economiche. Ma ha risposto alle esigenze del tempo, di ogni suo tempo. Quella cultura del vivere la città e il territorio che sarebbe diventata l’urbanistica. Da urbs, “urbanistica”, appunto!


Piazza Navona è un simbolo della Roma barocca, con elementi architettonici e scultorei di Gian Lorenzo Bernini (la Fontana dei Quattro Fiumi al centro della piazza, che rappresenta il Danubio, il Gange, il Nilo ed il Rio della Plata, i quattro angoli della Terra), Francesco Borromini e Girolamo Rainaldi (la chiesa di Sant'Agnese in Agone, davanti alla fontana del Bernini)

Tutte le epoche hanno espresso una concezione ideale, da Pericle e Licurgo, da Servio Tullio ad Ottaviano, fino a Traiano, Adriano e Diocleziano, per limitarsi ai periodi più rilevanti del lungo periodo romano. Figure come Apollodoro di Damasco e Vitruvio non possono essere dimenticate, per il contributo che hanno dato nella progettazione e costruzione di monumenti e palazzi che hanno caratterizzato la grandezza di Roma. Ma lo stesso si può dire del periodo romanico e gotico che sfocia nel Rinascimento con Leon Battista Alberti, Pietro Laurana, Leonardo da Vinci e Andrea Palladio che hanno gettato le basi della città ideale sul piano strategico, funzionale ed estetico. Basti pensare ai Navigli di Milano, progettati da Leonardo alla fine del XV secolo, e che ancora costituiscono la dorsale fondamentale dello sviluppa urbano.


La statua di Ottaviano Augusto a Roma e, a destra, il frontespizio di De re ædificatoria (Sull’edilizia) di Leon Battista (circa 1450) uno dei più importanti trattati sulla tecnica delle costruzioni

Quelle innovazioni proiettano il loro effetto fino all’Ottocento, superato il periodo barocco e neoclassico, creando lo stile romantico e neobarocco. Anche il Novecento, con l’emersione di nuovi soggetti politici ed economici, utilizza la lezione del passato e fa del Razionalismo, edilizia borghese e di quella sociale la firma del secolo. I grandi progetti di architetti come Eero Saarinen, Walter Gropius, Alvar Aalto, Frank Lloyd Wright e Giò Ponti hanno lasciato una impronta inconfondibile nella visione della città. Una città mista di residenze, servizi e luoghi di lavoro, non ancora a misura d’uomo, ma avviata su un percorso di sviluppo policentrico e multiservizi.

Legare la città al contado  era il compito dei feudatari e dei gonfalonieri,  dei capitani del popolo del passato, poi dei Principi e dei Signori. La Rivoluzione industriale e lo sviluppo dei trasporti hanno imposto la viabilità urbana, suburbana e periurbana, su gomma ferro e rotaia, come strumento fondamentale di sviluppo dei commerci, prendendo a modello la concezione augustea delle miliare e dei porti marittimi. Tutto ciò era legato alla necessità di garantire spostamenti rapidi alla popolazione impegnata nelle nascenti fabbriche, oltre che nel funzionamento di servizi alla persona, dalla scuola all’assistenza ospedaliera, all’arte e alla cultura con la nascita di teatri e sale per feste, non più al servizio del Principe ma della popolazione borghese. E da sempre la preghiera esercitata nei templi cristiani, eredi  delle grandi architetture classiche, producevano stili architettonici immortali, dal romanico al gotico, dal barocco al neoclassico giungendo al romanticismo e poi al modernismo e alla città di ringhiera. Il cemento e l’uso di nuovi materiali hanno dato impulso alla concezione di città sempre più strutturate per rispondere ai bisogni dello sviluppo capitalistico, purtroppo fortemente condizionato dalla rendita fondiaria. Il Novecento è stato il secolo che ha fatto della città il contenitore delle speranze per milioni di uomini, in ogni parte del Pianeta. è nata l’esigenza, di fronte alle sollecitazioni sociali, di creare città accessibili alla maggioranza della popolazione: il collettivismo sovietico, il razionalismo liberale e l’edilizia popolare e sociale, fino al monumentalismo nazionalista che ha segnato una battuta d’arresto, a parte l’edificazione delle nuove città, in particolare in Italia.
Tutto ha ruotato attorno al progetto di città e alla sue infrastrutture produttive e di servizio, fino alla concezione della città tentacolare ed a quella dormitorio, quasi sempre dipendente dalle scelte economiche ed imprenditoriali. La politica industriale in Italia è stata lasciata allo spontaneismo dei singoli imprenditori e alla speculazione fondiaria, costringendo spesso la città in soffocanti spazi privi di verde e di aree libere. La programmazione del territorio e il coordinamento istituzionale tra Stato e Regioni non ci sono stati come visione, ma come scelte di potere spesso clientelari.

NUOVE ESIGENZE
Qual è la visione, il progetto, il modello di città dei principali candidati, per sanare lo spaventoso degrado di tante aree urbane, da nord a sud, e per governare la crescita funzionale alla globalizzazione, che deve assumere caratteri democratici e non distruttivi di intere aree tradizionali, nel nome della delocalizzazione per sostenere la competizione.
Come saranno i trasporti urbani, i servizi scolastici, le strutture sanitarie, le direttrici commerciali, i centri culturali e sportivi? La burocrazia soffocante, la corruzione sempre in agguato, la competenza spesso latitante, la criminalità diffusa e pervasiva: non sono soltanto competenza delle forze dell’ordine e della Magistratura, ma riguardano l’assetto morale di una città e il cuore della sua identità attuale e futura, non potendo vivere dell’eredità del passato.
E quale futuro: l’omologazione digitale non è proprio una passeggiata, con la popolazione che invecchia e non sa come amministrare la propria esistenza; come dovranno essere gestiti i cambiamenti climatici che avranno effetti sempre più devastanti anche per le grandi città; e l’assistenza sanitaria che avrà sempre più bisogno del supporto umano per i più deboli e anziani. Sono soltanto alcuni capitoli del duro lavoro che attende gli amministratori delle città di ogni parte dell’Europa e del mondo.
Ed i rifiuti urbani divenuti vera emergenza in ogni stagione, di fronte alla protervia di rifiutare impianti di smaltimento, riciclaggio e processazione sul proprio territorio. La sicurezza dei cittadini è l’altro grande tema che viene affrontato con approssimazione e talvolta scarso coordinamento tra la polizia locale e le forze dell’ordine.

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l problema dei rifiuti, vera emergenza cittadina


L’immigrazione è l’altro aspetto che richiede attenzione particolare, se non si vuole che il processo di integrazione sia una vuota parola, evitando di procrastinare all’infinito soluzioni di assistenza e di risanamento ambientale. La politica di solidarietà e di accoglienza, l’inclusione sociale e la tolleranza non sono doveri degli altri, ma di ogni singola amministrazione locale, con risposte concertate con la Regione e lo Stato centrale. Come valorizzare il patrimonio storico, monumentale, paesaggistico, artistico, religioso, di cui l’Italia rappresenta il contenitore più importante e che deve essere gestito anche con una politica locale basata sulla progettualità sulla competenza gestionale. Tutto questo s’intreccia con una sana politica dei servizi e con il turismo che non può avere il carattere devastante che ha assunto negli ultimi anni per la forte pressione antropica con conseguenze negative sulla fruizione delle città e delle sue ricchezze.
Ma se l’orizzonte di città come Milano, Firenze, Napoli, Torino è storicamente tracciato e le politiche attuali risentono di quelle strategia, qual è il destino di Roma capitale d’Italia? Quali grandi opere sono necessarie? Che tipo di assetto dovrà avere l’Area metropolitana? Quali obiettivi economico-sociali e di integrazione con il resto del territorio regionale? Al momento non si è capito molto. Una proposta riguarda la definizione di una macro-area di programmazione, coordinamento e investimenti che comprenda Lazio, Umbria, Toscana e Marche, in effetti l’Italia centrale che si configurerebbe come una macro-Regione, un ritorno allo Stato pontificio allargato al Granducato di Toscana. E questi nomi non facciano arricciare il naso, perché la storia è sempre maestra di vita! L’altra proposta si basa sulla creazione di un’agenzia pubblica per la gestione degli investimenti destinati allo sviluppo di Roma.
Ma non ci sono solo l’assetto istituzionale e la strumentazione gestionale che servono alla gestione del territorio e di ogni agglomerato urbano. Quale sviluppo dovrà avere Roma per rispondere al ruolo di capitale d’Italia e di centro internazionale politico, culturale, artistico? E come dovranno essere integrate le attività che ne conseguono con il resto del territorio, stante la conurbazione crescente su se stessa degli ultimi decenni? Non è chiaro dove si vuole andare! Del resto, è da 150 anni che Roma subisce una continua trasformazione. Dopo il trasferimento della capitale del Regno d’Italia a Roma, sono state realizzate grandi opere di sistemazione archeologica, urbanistica, architettonica, sociale e culturale: l’arginatura del fiume Tevere da Ponte Milvio alla Basilica di S. Paolo fuori le Mura, la perimetrazione e la classificazione delle aree d’interesse storico per la salvaguardia dei monumenti archeologici, storici, civili, religiosi e di risanamento igienico-sanitario. Per quest’ultimo capitolo, basti ricordare che l’opera fognaria più importante restava e resta ancora oggi la cloaca massima.
Nei primi decenni del XX secolo sono stati realizzati interventi monumentali come il Vittoriano, demolendo parte del Foro di Traiano e delle pendici del Campidoglio; ma anche centri di servizio indispensabili per una città moderna, come i Mercati generali, il Policlinico, l’Ospedale Psichiatrico, la Centrale del Latte, il Teatro dell’Opera. Anche l’edilizia popolare vede un incremento qualitativamente rilevante, con l’intervento di ingegneri e architetti di valore, a cominciare dal quartiere della Garbatella.


Il teatro Palladium a Roma, zona Garbatella, gestito dall'Università Roma Tre

Con il fascismo prende il via il progetto della Roma monumentale, pedissequo quanto retorico ritorno al passato. Tuttavia molte opere conservano ancora oggi la loro validità come il Foro Italico, i Campi Sportivi del Coni, l’Università “La Sapienza”, la progettazione e l’inizio dei lavori per l’Esposizione Universale del 1942 (EUR), sospesi in conseguenza della guerra. Il riassetto del Campo Marzio, di viale Trastevere, di via della Conciliazione e dell’area attorno al Vaticano, l’invenzione di Cinecittà. Ma anche la costruzione dei primi edifici dell’Eur danno l’idea di una città pensata, vagheggiata, progettata. Lo dimostrano il Palazzo della Civiltà del Lavoro e il Palazzo dei Congressi, alcuni edifici per le Poste come quelli di Ostiense e di Piazza Mazzini. Molte opere sono state realizzate spostando d’autorità la popolazione in aree di edilizia popolare, da Primavalle a Tiburtino III e Pietralata. Successivamente, si aggiungeranno sulla Tiburtina le borgate di Ponte Mammolo e di San Basilio. Il disegno della città che si sviluppa lungo assi stradali prende corpo, anche se ancora in modo confuso.
Dopo la guerra, inizia il periodo più gramo per la città. L’aumento dell’immigrazione interna, conseguenza anche dello spopolamento delle campagne, comporta un crescente abusivismo edilizio con l’esplosione della rendita fondiaria. I proprietari dei terreni attorno alla città giardino avviata all’inizio del Novecento, iniziano a lottizzare il suolo e a venderlo a parcelle di ridotta superficie, a chi ha bisogno di una casa. Ma anche a costruttori edili che avviano il vero e proprio sacco di Roma: alla rendita fondiaria si aggiunge la speculazione edilizia, con grandi costruzioni spesso abusive. L’assenza di strumenti urbanistici, come il Piano Regolatore Generale avviato soltanto nel 1965 e approvato molti anni dopo, rendono impossibile programmare qualsiasi idea di città. Tuttavia, qualche soluzione prende forma, con l’ausilio di architetti e di urbanisti come Bruno Zevi, Paolo Portoghesi, Luigi Piccinato. L’idea prevalente è quelle delle aree di sviluppo industriale e di servizio per alleggerire il centro storico e la parte archeologica e monumentale. Un primo segnale si era avuto in occasione delle Olimpiadi del 1960 e con la realizzazione di grandi opere, a partire dall’Aeroporto Leonardo da Vinci, dall’asse viario denominato Via Olimpica dal Foro Italico all’Eur che ha purtroppo tagliato i due la splendida villa Panphilj, capolavoro barocco di Alessandro Algardi; la costruzione dello Stadio Olimpico e del Villaggio omonimo abbattendo gli agglomerati ai piedi di Monte Mario; il completamento del laghetto dell’EUR, del Giardino giapponese e l’avvio del palazzo di vetro dell’Eni, l’Ospedale Gemelli, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fino all’ardita cupola del Palazzo dello Sport, capolavoro di Pier Luigi Nervi. Poi più niente, per lunghi anni. Soltanto l’edilizia privata, speculativa e arruffona, ha proseguito la sua marcia edificatoria.
Per fortuna, l’approvazione del nuovo Piano Regolatore Generale va nella direzione di un assetto urbanistico che tiene conto delle città periurbane, disegnando un cerchio di aree satelliti ancora insufficienti per definire un quadro strategico. L’assenza di un piano viario moderno su gomma e rotaia aggrava la qualità della vita. La costruzione della metropolitana Termini-Eur (linea B) alleggerisce appena il quadrante ovest, ma per avere la prima linea metropolitana moderna bisogna aspettare gli anni Ottanta con il primo tratto delle linea A. In quegli anni cresce l’edilizia pubblica, da parte dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) che integra Ina casa, e poi il piano del Comune di Roma per nuovi quartieri facendo leva anche sulla progettazione della cooperazione di abitazione. Nascono così quartieri come Monti di Pietralata, Colli Aniene, Magliana, Laurentino, Valle Aurelia, Tor Bella Monaca, per citare i più rilevanti. Di grandi opere strategiche non c’è ancora segno, a parte la depurazione delle acque del fiume Tevere.
Bisogna aspettare il Grande Giubileo del 2000 per avere un rilancio della progettazione urbanistica e architettonica, la progettazione di opere integrate e non più isolate dal più vasto tessuto urbano. É il disegno delle nuove amministrazioni di centro-sinistra che prende corpo, anche se le difficoltà che s’incontrano sono enormi. La Nuova Fiera di Roma, il museo di Arte del XXI secolo (MAXXI), il Centro Agro-alimentare, il Centro Carni e la Centrale del Latte, mentre si pensa allo smaltimento dei rifiuti urbani attraverso uno politica accentrata in un unico centro direzionale, ovvero Ama. Anche per i trasporti su gomma e rotaia si procede all’integrazione delle diverse società con la nascita di una unica agenzia. Purtroppo i risultati non sono sempre all’altezza delle aspettative, causa rigidità sindacali e incrostazioni burocratiche.


da sinistra: l'Ara Pacis, il Ponte della Musica e l'Auditorium Parco della Musica

Alcune opere realizzate durante le amministrazioni Francesco  Rutelli e Walter Veltroni connotano una idea di città moderna e progressiva, al passo con i tempi, l’internazionalizzazione e la globalizzazione. Il Parco della Musica, progettato da Renzo Piano, accanto al nuovo Centro Congressi pensato da Massimiliano Fuksas come un grande nuvola, da cui il nome; la riorganizzazione dei musei e delle aree archeologiche con la creazione dei Poli Museali; la riapertura del Palazzo delle Esposizioni e la costruzione di opere architettoniche importanti fuori dal contesto tradizionale, come la chiesa di Richard Meier a Tor Tre Teste, nota come Chiesa del Giubileo, la grande Vela di Santiago Calatrava e il Ponte della Musica dello stesso architetto catalano.


Luigi Petroselli e Walter Veltroni. Due Sindaci che furono molto amati dai Romani

Anche l’Ara Pacis augustea, abbandonata da decenni, trova una sistemazione adeguata da parte sempre di Richard Meier. Il completamento dell’asse viario metropolitano integrato con Ferrovie della Stato per servire grande parte del territorio laziale, danno la dimensione della visione aperta, dinamica, polifunzionale della città. Servita da nuove Università  (Tor Vergata e Roma Tre), con sedi decentrate anche sul territorio e centri di ricerca scientifica di livello europeo. Accanto a questo bisogna ricordare il lavoro di qualificazione del polo aerospaziale sulla via Tiburtina e i servizi connessi con il Tecnopolo sempre su quel quadrante. Contemporaneamente prende forma un nuova politica ambientale con la creazione di Parchi e Riserve Naturali, dall’Appia Antica e quello di Malafede. Anche nuove opere d’arte monumentali tornano ad adornare la città, come l’Obelisco di Arnaldo Pomodoro e Il Vascello della Rivoluzione di Ugo Attardi all’Eur.
Poi il crollo. Prima con l’amministrazione guidata da Gianni Alemanno e quindi, dopo la breve parentesi di Ignazio Marino, il disastro del governo di Virginia Raggi.

Come fare a tracciare un disegno strategico per la capitale d’Italia, per cogliere le sue grandi potenzialità, per esaltare l’eredità di oltre 2.750 anni di storia? Chi sarà capace di mobilitare le migliori risorse intellettuali e professionali? Cosa faranno artisti, uomini di cultura e dello spettacolo per dare spessore ulteriore ad attività cinematografiche e televisive di grande livello? Bisogna alzare la testa nascosta nella sabbia. Questa è davvero l’ora per dire cosa si pensa e cosa si vuole. E impegnarsi per realizzarla. Possibilmente con uomini di governo esperti, capaci, tenacemente attaccati alle proprie idee di progresso e di giustizia sociale.
In poche parole, una città che rinasce e rifiorisce. La primavera della nuova Roma può cominciare dal prossimo autunno.

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