Lucida e sintetica analisi delle vicende del Quirinale, dalla Costituente e dal primo Presidente della Repubblica provvisorio, fino a Sergio Mattarella. La storia d’Italia scorre precisa nella rievocazione distaccata, serena, documentata di Angiolo Marroni, giurista e dirigente politico dalla lunga esperienza professionale e amministrativa. Una lezione di storia utile e necessaria per capire cosa succederà nei prossimi giorni con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica

REPUBBLICA, COSTITUENTE, QUIRINALE:
LA STORIA D’ITALIA ATTRAVERSO I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA
di Angiolo Marroni
giurista e dirigente politico

Il Presidente Sergio Mattarella ha concluso il suo settennato, si deve eleggere un nuovo Presidente, questo compito spetta all’Assemblea composta dalle due Camere riunite in seduta congiunta unitamente ai rappresentanti delle Regioni tempestivamente indicati.

Quanto lavoro, quante discussioni, quanti contrasti, quante opinioni sono state necessarie da parte dell’Assemblea Costituente nominata nel giugno del 1946 per dar vita alla Costituzione Repubblicana. Fu composta da 556 deputati e nacque all’indomani dell’esito del referendum Monarchia-Repubblica. Terminò i suoi lavori nel gennaio del 1948.


foto storica del Parlamento di quegli anni

Al quel referendum per la prima volta votarono le donne. L’esito è noto, vinse la Repubblica con poco più del 54% dei voti, vittoria in realtà ottenuta con una maggioranza molto risicata.
Il sud del Paese si espresse prevalentemente a favore della Monarchia.
A Napoli la Monarchia ottenne il 79% dei voti ed in questa città vi furono gli scontri più violenti di tutto il Paese. In essi morirono nove giovani militanti monarchici uccisi dalle forze di polizia.
Il grave episodio avvenne in via Medina dove c’era la sede del PCI e sorse perché la Federazione comunista aveva esposto una bandiera dell’Italia senza al centro lo stemma monarchico.


Le prime pagine dei quotidiani strillarono la vittoria della Repubblica

In sede di Costituente, nel corso del dibattito si affrontarono molteplici argomenti contrastanti che poi giunsero faticosamente alla Costituzione attualmente vigente.
Uno di questi in particolare qui ci interessa: quale metodo di votazione adottare per eleggere il Presidente della Repubblica?
Le opinioni furono diverse, chi sosteneva l’elezione popolare diretta, chi quella delle due Camere dei soli Deputati e Senatori, chi quella delle due Camere integrate dai rappresentanti delle Regioni. Al termine delle discussioni si votò e alla fine fu quest’ultima soluzione che prevalse.
Nel corso della discussione che precedette tale decisione, ci fu chi propose di usare il sistema americano che prevede la durata della presidenza in 4 anni. A questa proposta si osservò che in USA il Presidente dello Stato è anche capo dell’esecutivo, ci fu anche chi propose il sistema francese, ma anche qui si fece notare che il Presidente in Francia certamente non è nell’esecutivo però è lui che sceglie e nomina il capo del governo. Anche questa proposta fu respinta perché i Costituenti non erano intenzionati ad avere un Presidente impegnato nell’esecutivo.
Si discusse anche sull’età minima per poter essere candidato alla Presidenza della Repubblica.
Qualcuno sostenne che dovesse essere di 45 anni ma in fine prevalse l’età minima di 50 anni ed è tuttora in vigore.
Un tema, ancora attuale fu quello della rieleggibilità. Ci fu chi era per una sua esplicita esclusione in Carta Costituzionale, qualcuno propose che non fosse praticabile alla fine del primo mandato per poi esserlo dopo almeno l’intervallo di un mandato.
Alla fine non se ne fece niente, la questione rimase ed è rimasta aperta, tant’è che un caso di rieleggibilità si è realizzato e precisamente con il Presidente Napolitano che è stato rieletto.
Tutt’ora unico caso.
Tornando sulla durata del mandato la scelta di renderlo di 7 anni fu decisa proprio per rendere il Presidente davvero autonomo dalle forze politiche che l’hanno votato ed per affermare il principio della continuità dello Stato.
Sui poteri da assegnare al Presidente nella Costituzione fu deciso in modo da renderlo forte e debole ad un tempo.
La funzione rispetto alla produzione legislativa viene assegnata al Presidente solo nel verificarne la costituzionalità per poi promulgare, però ad un tempo gli è stato anche concesso di rinviare le leggi al Parlamento con proprie osservazioni.
Il Parlamento tuttavia può riapprovarle nel testo inviato ed in questo caso il Presidente è tenuto a promulgarle.
Nel contempo il Presidente presiede il Consiglio Superiore della Magistratura, le Forze Armate e può inviare autonomamente messaggi, indirizzi alle Camere.


Il Palazzo del Quirinale con in primo piano l'obelisco e i dioscuri

Oggi il Presidente può anche concedere la grazia a detenuti che lui ritiene meritevoli di tale beneficio, è da poco tempo che gli è stata concessa questa possibilità, precedentemente questo potere era praticabile dal Presidente dopo aver ottenuto il parere, sia pure non vincolante, da parte del Ministero della Giustizia.
Il potere fondamentale però è quello di essere un’autorità morale, un esempio per tutti di oggettività nelle sue scelte, una persona svincolata da chi lo ha eletto, e sempre al servizio della dignità delle Istituzioni, del prestigio dell’Italia, un sincero ed autentico europeista.
Il Presidente è al servizio di tutti i cittadini, un tutore coerente della laicità dello Stato.

ENRICO DE NICOLA 
In queste caratteristiche primeggia Enrico De Nicola, nominato capo dello Stato dall’Assemblea Costituente il 28 giugno 1946 rimanendo in carica fino al 31 dicembre 1947.
Successivamente, il 1° gennaio 1948 fu eletto Presidente della Repubblica come previsto dalla Costituzione e fu il primo Presidente (a norma della prima disposizione transitoria della stessa).
Un avvocato, un grande giurista. Uomo dell’ottocento onesto, con un forte senso dello Stato. Celibe convinto.
Inizialmente aderì al fascismo, arrivando a baciare Mussolini in segno di stima, tuttavia successivamente lo ripudiò rifiutando di attuare il giuramento al fascismo richiestogli.
Politicamente proveniva dal Partito Liberale italiano.
Su di lui si raccontavano molti aneddoti, certamente era superstizioso, era anche molto goloso, per questo quando era a Napoli si recava a Mergellina alla famosa pasticceria gelateria “Fontana”, ora scomparsa, per mangiarvi lo spumone. Non volle mai vivere al Quirinale, definito da lui “residenza di papi e di re”, e optò per Palazzo Giustiniani.
 Alla cerimonia ufficiale di incarico al Quirinale giunse a Roma con la sua auto privata, arrivò all’evento con un’ora e mezza di ritardo, rifiutò di avere la scorta e lo stipendio previsto per il Capo dello Stato. E’ considerato un protagonista della nascita delle Istituzioni repubblicane.

LUIGI EINAUDI  
Al termine del mandato del presidente De Nicola, il 12 maggio 1948, il Parlamento elesse Luigi Einaudi che restò in carica dal 1948 al 1955.
Anch’egli proveniva dal Partito Liberale italiano, era un giornalista ed un raffinato economista. Antifascista intransigente, si comportò con correttezza estrema e forte determinazione. Tenne vivo il ricordo della Resistenza ed il rispetto per i suoi caduti nella lotta al fascismo.
Fu eletto al quinto scrutinio.
Durante il suo settennato fu approvato dal Parlamento, il 12 luglio 1948, il Piano Marshall con il voto contrario della sinistra.
Il 14 luglio 1948 alle ore 11,45 avvenne l’attentato a Togliatti. All’uscita da Montecitorio, in via della Missione, un giovane, Antonio Pallante, sparò tre colpi di pistola contro Togliatti che era insieme a Nilde Iotti. Fu ferito gravemente e in tutt’Italia scattò una protesta generale. La CGIL, guidata da Di Vittorio, proclamò lo sciopero generale.
Ad esso non si associò la CISL e fu la prima seria rottura tra i due sindacati. Le manifestazioni che esplosero ovunque ebbero una scia di sangue, morirono nove agenti e sette civili, vi furono centinaia di feriti. Togliatti, benché ferito gravemente, invitò tutti alla calma e la stessa CGIL il 15 luglio sospese lo sciopero generale.
Pallante fu condannato a 5 anni di detenzione, successivamente si è appreso che non si trattò di un gesto sconsiderato di un giovane di destra bensì di una trama che aveva alle spalle poteri pubblici. Le richieste di dimissioni del governo non portarono a nessun esito
Durante il mandato di Einaudi si verificò la chiusura delle Fonderie Riunite di Modena con dure proteste operaie con ancora più violenti interventi della Celere. Caddero uccisi sei operai. L'indignazione e la solidarietà dell'Italia furono molto ampie. Tra l’altro è da ricordare l’adozione che fecero Palmiro Togliatti e Nilde Iotti nei confronti di una bambina figlia di un manifestante ucciso. Si tratta di Marisa Malagoli, divenuta apprezzata psichiatra e docente universitaria. 
Furono realizzate molte opere pubbliche da lui fortemente caldeggiate e attentamente inaugurate, in particolare fra queste un importante ponte sul Po.
Sono rimaste famose molte sue frasi, tra cui vale la pena di ricordarne una: “non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”. Veniva dalla Banca d’Italia dove era stato governatore.
 
GIOVANNI GRONCHI
Dopo Einaudi l’Assemblea elesse il 29 aprile 1955 al quarto scrutinio Giovanni Gronchi.
Democristiano, proveniva dal mondo sindacale, era stato capo della Confederazione dei Lavoratori Cristiani. Fu il primo democristiano eletto Presidente. Esponente della corrente di sinistra della DC. Fu critico verso il Patto Atlantico, tentò un avvicinamento al Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni. Cercò di far avviare una politica estera di equidistanza tra i blocchi contrapposti ma non ci riuscì.
Durante il suo mandato, nel 1956 accaddero i famosi fatti di Ungheria con la crisi politica che ne seguì. Da essa partì il tentativo di portare al governo anche il PSDI ma fallì.
Durante la presidenza Gronchi ci fu un lavorio segreto all’interno di un progetto definito “Gladio”, fondato dal governo statunitense, dalla CIA e dal governo italiano, con a capo il generale dei Carabinieri De Lorenzo: vennero schedati 157.000 personalità, sindacalisti, politici, universitari perfino ecclesiastici, ecc, da tenere presenti in caso di atti eversivi.
Durante il settennato di Gronchi vi fu il governo Tambroni che nacque con l’appoggio determinante del Movimento Sociale Italiano, tra l’altro questo partito decise di tenere il proprio congresso a Genova. Era un’evidente provocazione nei confronti di una città insignita di medaglia d’oro per la Resistenza.
Vi furono proteste in tutta Italia, a Reggio Emilia la polizia aprì il fuoco su manifestanti antifascisti e lavoratori ed uccise cinque persone; da qui vi furono movimenti e manifestazioni ancora più forti in tutta Italia.
Anche nella capitale Roma, a Porta San Paolo vi furono gravi incidenti con cariche di cavalleria contro i manifestanti.
Fu così che finì il mandato di Gronchi, periodo particolarmente turbolento e nacque su proposta di Aldo Moro il governo Segni nel 1962-1964.

ANTONIO SEGNI
Segni fu eletto l’11 maggio 1962, anch’egli veniva dalla DC.
Nella sua vita aveva ricoperto molti incarichi governativi; come Ministro dell’agricoltura realizzò una riforma agraria che portò il suo nome per donare ai braccianti agricoli senza terra le terre espropriate ai latifondisti. Fu eletto presidente al nono scrutinio e fu votato anche dai monarchici e dai missini.
Malgrado la brevità del suo mandato (1964) interrotto per motivi di salute, anche Segni, vicino al generale De Lorenzo, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, contribuì a programmare un piano eversivo. In esso si prevedeva il presidio della Rai Tv, l’occupazione delle sedi dei partiti di sinistra e l’“enucleazione” di  731 personalità politiche e sindacali di sinistra da prelevare nottetempo e trasferire in Sardegna nella base militare segreta di Capo Marrargiu. Non si conobbe mai l’elenco completo delle 731 personalità. Il piano non si realizzò per l’incertezza dello stesso Segni il quale il 7 agosto del 1964 fu colpito da una trombosi cerebrale e costretto alle dimissioni.

GIUSEPPE SARAGAT
Giuseppe Saragat seguì a Segni. Fu eletto al ventunesimo scrutinio, una elezione molto drammatica e piena di difficoltà politiche vuoi per la storia precedente della presidenza Segni e vuoi perché Saragat era un dirigente del Partito Social- democratico italiano, con una storia personale molto segnata dal suo essere un antifascista nonché combattente tra i Repubblicani in Spagna contro Franco.
Nella sua vita politica di uomo di sinistra si dedicò molto all’unificazione dei Socialisti italiani, con grande impegno suo e di Pietro Nenni.
Del rapporto tra i due si disse che erano “amici-nemici”.
Come Presidente della Repubblica fu particolarmente rispettoso delle funzioni connesse all’incarico, non rinviò mai una legge approvata dal Parlamento, ma si adoperò per avvicinare i cittadini alle istituzioni con scelte quali l’apertura del Quirinale ai visitatori e la donazione del Comune di Roma della spiaggia di Castelporziano, parte della tenuta presidenziale.
Europeista convinto lavorò per far partecipare l’Italia alle Istituzioni europee.


Veduta della tenuta presidenziale di Castel Porziano

GIOVANNI LEONE
Dopo Saragat divenne Presidente della Repubblica un’altra volta un democristiano, Giovanni Leone, napoletano, avvocato famoso, docente universitario di procedura penale.
Fu eletto alla vigilia di Natale, il 24 dicembre 1971 e si dimise il 15 giugno 1978. Fu eletto dopo ventitré scrutini e si dimise sei mesi prima della scadenza del mandato.
Le votazioni si prolungarono all’infinito e la stessa DC avviò in Parlamento un metodo di controllo delle schede elettorali con una procedura assolutamente irregolare al fine di controllare il voto degli stessi democristiani in quanto nella DC c’era una lotta tra chi votava Fanfani e chi Leone. Alla fine prevalse Leone grazie all’intervento in questa vicenda dell’onorevole Aldo Moro.
Nei confronti di Leone vi fu un’accusa di corruzione per il caso dell’acquisto di aerei Lockeed da cui dopo moltissimi anni fu totalmente assolto perché innocente.
Su di lui si addensarono molti pettegolezzi ingiusti e malevoli. Ricordo l’irrisione della giornalista milanese, Camilla Cederna, che lo mise alla berlina per il suo parlare con forte accento napoletano e che inoltre gli dedicò un libro diffamatorio e oltraggioso, ma le andò male perché fu condannata nei tre gradi di giudizio e costretta a ritirare il libro dalla circolazione.
Altri lo irridevano per alcune sue manifestazioni di superstizione tipicamente napoletane.
Come Presidente della Repubblica affermò una linea di indipendenza piena dai partiti e rispetto delle Istituzioni.
Nelle sue scelte di Presidente si sottrasse dalle impostazioni ideologiche, ad esempio nominando giudici costituzionali di grande valore pur se giuristi di appartenenza politica antitetica alla DC. Fu anche in contrasto con la maggioranza parlamentare quando rinviò alle Camere la legge sul sistema elettorale del CSM che poi il Parlamento riapprovò e che fu quindi promulgata.
Merito di Leone, non ancora Presidente della Repubblica, fu anche la mediazione che gli riuscì tra le parti contrapposte sulla legge per il divorzio, con una serie di emendamenti che portarono poi all’approvazione della legge il 1° dicembre 1970.
Con l’elezione di Leone si concluse il periodo del centro-sinistra. Successivamente, dopo tante peripezie, si tornò di nuovo al centro-sinistra con l’appoggio esterno dei due partiti socialisti.
Al termine del suo mandato propose modifiche costituzionali, ad esempio sulla durata della Presidenza a 5 anni, il divieto di rielezione del Presidente, l’abolizione del semestre bianco, ma tali proposte furono tutte cestinate.
Non gli fu perdonato niente, perfino il generale De Lorenzo mise in giro un falso dossier sulla vita privata della moglie Vittoria. Durante la sua presidenza vi fu un avvenimento che ha segnato la storia del Paese: il sequestro di Aldo Moro da parte delle BR. Leone propose una trattativa con le BR per salvare la vita di Moro ma fu inutile, la proposta fu contrastata da tutti i partiti compreso il PCI di Berlinguer e lo stesso Papa Paolo VI; l’unico partito che si espresse favorevolmente alla trattativa fu il PSI di Craxi.
Tutte queste vicissitudini, queste amarezze che ne seguirono e soprattutto le accuse infamanti sulla vicenda Lockeed portarono Giovanni Leone alle ore 20 del 15 giugno 1978 ad annunciare le sue dimissioni.


Panoramica di via Fani poco dopo la strage che portò al rapimento di Aldo Moro e la famosa foto dell'onoreve, prigioniero delle Brigate Rosse

SANDRO PERTINI
Dopo Leone venne eletto Sandro Pertini, ligure di nascita. Unico esponente del PSI in quell’incarico. Furono necessarie sedici votazioni.
Durante il fascismo fu incarcerato più volte e poi confinato con Umberto Terracini nell’istituto penitenziario insulare di origine borbonica di Santo Stefano nel comune di Ventotene, particolarmente severo ed inumano. In carcere incontrò Gramsci e ne divenne amico. Pertini ebbe una vita intensa, avventurosa, vissuta con coraggio e determinazione, grande capo partigiano della Resistenza, si è dimesso da Presidente della Repubblica l’8 luglio del 1978 pochi mesi prima della sua scadenza.
E’ stato il Presidente più amato dagli italiani. Una presidenza costellata da eventi drammatici.
Un terremoto in Liguria, la losca vicenda della loggia massonica P2 e poi la tragica fine di Alfredino Rampi, caduto nel pozzo di Vermicino che Pertini seguì con grande coinvolgimento, il devastante terremoto dell’Irpinia, e ancora il progetto eversivo di Delle Chiaie ed infine la morte di Enrico Berlinguer. Sosteneva che “tutti gli uomini di carattere hanno un cattivo carattere”.
Era franco e ruvido. Sua moglie continuò a lavorare nella sua professione e non andarono mai ad abitare al Quirinale.


il carcere sull'isola di Santo Stefano, di fronte a Ventotene, dove fu rinchiuso Sandro Pertini

FRANCESCO COSSIGA
Nel 1985 torna un DC al Quirinale: è Francesco Cossiga. Fu eletto al primo scrutinio. Anche Cossiga usò il Quirinale solo come sede di ufficio.
Un Presidente scontroso, contraddittorio, discusso ed anche chiacchierato per i suoi precedenti da Ministro dell’interno.
Era infatti Ministro dell’Interno nella gestione del sequestro Moro ed ancora oggi si addensano dubbi sul suo operato, tra l’altro utilizzò personalità iscritte alla P2 in questa vicenda.
Dopo l’uccisione di Moro, si dimise da Ministro dell’Interno il 9 maggio 1978.
Anch’egli avvocato, il suo impegno da parlamentare si svolse in particolare nell’organizzazione dei servizi segreti e nella difesa dello Stato e quest’attività lo segnò in modo evidente quando divenne Presidente della Repubblica. Fu tra i più fermi oppositori alla trattativa con le BR, malgrado Moro si fosse rivolto personalmente a lui chiedendo un suo coinvolgimento solidale.
Nel periodo in cui Cossiga era Ministro dell’Interno ci fu anche la strage della stazione di Bologna, il 2 agosto 1980, su cui peraltro gravano ancora tanti misteri.


Il piazzale antistante la stazione di Bologna devastato dalla terribile esplosione del 2 agosto 1980

Eletto Presidente della Repubblica si distinse, diciamo pure divenne famoso, per la sua estrema riservatezza nel suo operare per circa cinque anni, poi verso la fine del suo mandato invece cambiò radicalmente, in pratica diventò un provocatore, tanto che fu definito “il picconatore”.
In quell’ultimo periodo era esposto sui media in modo continuativo.
Quando nel 1990, dopo la dissoluzione dell’URSS e la fine della “guerra fredda”, fu svelata l’esistenza dell’organizzazione segreta Gladio legata alla NATO e alla CIA, nata in chiave anticomunista e pronta ad evitare qualunque coinvolgimento diretto del PCI nel governo dell’Italia, Cossiga dichiarò la sua conoscenza e il suo diretto coinvolgimento in Gladio.
Da Presidente della Repubblica si dimise nell’aprile 1992, pochi mesi prima della scadenza del suo mandato.

OSCAR LUIGI SCALFARO
Dopo di lui fu eletto, al sedicesimo scrutinio, Oscar Luigi Scalfaro, altro esponente della DC, questa volta un magistrato; viene eletto il 25 maggio 1992 e conclude il suo mandato il 15 maggio 1999. Il suo cattolicesimo era molto intenso, era terziario francescano.
Due giorni prima della sua elezione, il 23 maggio 1992, era avvenuta la strage di Capaci, dove erano morti Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta. Fra il 19 luglio 1992 e il 27 luglio 1993 avvengono altre stragi di stampo mafioso, via D’Amelio a Palermo dove muore Borsellino e la sua scorta, via dei Georgofili a Firenze, via Palestro a Milano.
Durante il suo mandato di Presidente scoppia lo scandalo di “tangentopoli”. A questa vicenda, si è appreso recentemente, il Presidente Scalfaro tentò di trovare una mediazione politica con la magistratura milanese e per questo tentativo si appoggiò ad una persona di sua fiducia, il dottor Francesco Di Maggio anch’egli magistrato. Il tentativo però fallì e la vicenda di “tangentopoli” squassò la politica italiana e ne segnò le vicende successive.


il pool di "Mani Pulite"

Accadde anche, durante il suo mandato, lo scandalo SISDE, scoppiato nel 1993 relativo alla gestione dei fondi riservati fra cui emersero fondi neri per circa14 miliardi di lire, fu poi detto che venivano versati dal SISDE ai Ministri dell’Interno 100 milioni di lire ogni mese, cosa che Scalfaro confermò.
Dopo le elezioni politiche del 1994, con la vittoria del Polo delle Libertà di Berlusconi, Scalfaro respinse la proposta di nominare Cesare Previti al Ministero della Giustizia.
Nel dicembre 1994, dopo le dimissioni del primo governo Berlusconi, Scalfaro rifiutò di sciogliere le Camere come richiesto da Berlusconi stesso, dichiarando che la sua imparzialità glielo impediva e invitò Berlusconi a indicare una persona di sua fiducia per il nuovo governo. Fu così che nacque il governo Dini che durò dal gennaio 1995 al maggio 1996.
Nel maggio 1996 in seguito ai risultati delle elezioni politiche, Scalfaro diede l’incarico di formare un nuovo governo a Romano Prodi. Il 21 ottobre 1998 venne eletto presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D’Alema.
Luigi Scalfaro non nominò nessun senatore a vita.

CARLO AZEGLIO CIAMPI
Adesso va al Quirinale un banchiere, Carlo Azeglio Ciampi, da giovane era stato iscritto al Partito D’Azione. Viene eletto al primo scrutinio Presidente della Repubblica, dal 18 maggio 1999, vi rimane fino al 15 maggio 2006. Dall’aprile del 1993 al maggio del 1994 Ciampi fu Presidente del Consiglio dei Ministri in un governo definito di “transizione”.
E’ stato più volte Ministro, del Tesoro con Prodi e D’Alema e poi Ministro del Bilancio con Lamberto Dini, precedentemente era stato Governatore della Banca d’Italia.
Ha svolto numerosi incarichi internazionali nelle sue molteplici funzioni di uomo delle Istituzioni. Fu la prima personalità non proveniente dal Parlamento eletto a Presidente della Repubblica.
Antifascista coerente, fu partigiano nella Resistenza, appartenente alla “Brigata Maiella”.
Durante la sua presidenza ha nominato senatrice a vita l’illustre professoressa e scienziata Rita Levi Montalcini. Durante la sua Presidenza ha dovuto affrontare la difficile crisi economica del Paese e l’esito della riforma della legge elettorale che prevedeva fra l’altro l’obbligo di determinare le nuove circoscrizioni e i collegi elettorali.
Ciampi durante il suo mandato presidenziale si è espresso più volte sulla necessità che l’Europa si dotasse di un organo politico autorevole sempre più forte.
Fu favorevole ad un dialogo con il mondo islamico per superare ed evitare contrasti tra ideologie e religioni diverse.
Inviò messaggi alle Camere sul pluralismo e l’imparzialità dell’informazione, elementi ritenuti necessari per favorire un’opinione pubblica critica e consapevole.
Non volle per sé riconoscimenti pubblici istituzionali di parte italiana.

GIORGIO NAPOLITANO
Arriviamo adesso al Presidente Giorgio Napolitano, eletto al sesto scrutinio con 543 voti. Un altro napoletano, il terzo.
Primo Presidente ex dirigente del PCI. Nel PCI fu componente della corrente riformista il cui leader era Giorgio Amendola.
Napolitano ha rispettato sempre il principio che contraddistingueva la vita interna del PCI, confrontarsi anche duramente all’interno di esso senza minare mai per questo l’unità del Partito, era il “centralismo democratico”.
Sul piano politico perseguì un’intesa tra il PSI e il PCI anche in sede europea e questo fu un impegno che ha caratterizzato e segnato tutta la sua vita politica.
Fu Presidente dal 2006 al 2012, rieletto poi con 738 voti e rimasto in carica dal 2013 al 2015, la prima e l’unica rielezione che si è avuta di un Presidente della Repubblica in Italia.
Il suo impegno internazionale è sempre stato molto intenso. Già da parlamentare prima e da Presidente poi, ebbe occasione di partecipare a conferenze in Europa e negli USA.
Nel suo mandato presidenziale fu accusato di aver svolto eccessivi interventi autonomi ed autoritari nei confronti del Parlamento sotto il profilo della legittimità costituzionale.
In alcuni casi le norme da lui promulgate furono dichiarate in parte incostituzionali.


Fu accusato di essere troppo benevolo verso Silvio Berlusconi

Il Lodo Alfano da lui promulgato rapidamente fu giudicato incostituzionale dalla Corte. Anche la legge sul “Legittimo Impedimento” fu criticata dalla Corte Costituzionale.
Nella vicenda delle intercettazioni delle telefonate con Nicola Mancino vi fu un incidente politico e giudiziario.
Per questo ruolo svolto così attivamente per Napolitano si coniò, scherzosamente, un soprannome: fu chiamato “re Giorgio”. Tuttavia dette prestigio ed autorevolezza al Parlamento ed alla stessa carica di Presidente della Repubblica.
Nominò cinque senatori a vita: Mario Monti, Renzo Piano, Carlo Rubbia, Elena Cattaneo, Claudio Abbado.
Alla scadenza del suo primo mandato le forze politiche non riuscendo a convergere su nessuna candidatura all’unanimità chiesero al Presidente Napolitano di essere riconfermato: lui era in realtà riluttante, lla fine accettò ma solo per un periodo limitato di tempo: questo nuovo incarico durò dal 2 aprile 2013 al 14 gennaio 2015.
A questa data le forze politiche avevano raggiunto un accordo nella scelta del nuovo Presidente della Repubblica.
Ebbe numerose lauree ad honorem da università prestigiose italiane e straniere, nonché numerosissime onorificenze in Italia e da tutto il mondo.
Si può dire che fu tutore del prestigio e dell’autorità del Parlamento italiano e di quello europeo di cui era stato membro.
Deve essere anche ricordata la grande amicizia e affinità politica e culturale con un altro grande italiano, Emanuele Macaluso.

SERGIO MATTARELLA
Sergio Mattarella è stato eletto Presidente al quarto scrutinio il 31 gennaio 2015.
Conclude il suo settennato nel gennaio 2022, con dignità e stima da parte del popolo italiano. Egli aderisce al PD dopo aver trascorso parte della sua vita politica nella DC.
Viene eletto presidente della Repubblica mentre era giudice della Corte Costituzionale. Nel corso del suo mandato il Presidente ha dovuto affrontare problemi di grande difficoltà.
La crisi del sistema giustizia, i suoi tempi troppo lunghi, le carenze di organico, la distribuzione delle sedi, ed in particolare la crisi del CSM presieduto dallo stesso Mattarella.
Da ultimo la pandemia che ancora oggi ci affligge, ma che grazie alla scienza stiamo affrontando e cercando di superare.


il Presidente ha dovuto affrontare problemi di grande difficoltà, non ultima la crisi provocata dalla pandemia

Due anni duri, questi ultimi, che ci hanno costretti a vivere in modo diverso dal passato, anche se attualmente si sta attenuando grazie alla vaccinazione di massa.
Tuttavia questi anni sono segnati da una crisi politica sempre più marcata, che in particolare colpisce la maggioranza dei giovani in cui si nota una povertà di idealità ed una debolezza di valori connessi alla nostra Costituzione e la crescente non partecipazione al voto e all’impegno politico.
Un esempio di questa debolezza di ancoraggi ideali lo ha offerto anche il nostro attuale ministro degli Esteri passato con disinvoltura da una maggioranza politica ad un’altra, arrivato perfino nel suo recente passato, maggio 2018, a chiedere di mettere addirittura in stato di accusa costituzionale il Presidente Mattarella per “attentato alla Costituzione”;ma non solo: egli andò in Francia per solidarizzare e manifestare in piazza con i “gilè gialli” contro il Presidente Macron.
Mattarella il 3 febbraio 2021 dinanzi alla grave crisi politica e ancora in piena pandemia ha chiesto ed ottenuto una maggioranza ampia fra quasi tutte le forze parlamentari a sostegno di un banchiere, il professor Mario Draghi, accettato da tutti i partiti malgrado le prevedibili difficoltà della sua vita amministrativa.  
L’incarico a Draghi è stata una scelta criticata da alcuni in quanto questi ritenevano obbligatorio invece rinviare alle Camere il governo Conte per un ulteriore tentativo di ottenere una maggioranza parlamentare.
Mattarella nel suo saluto di fine mandato ci ha ricordato il bisogno di avere fiducia nella scienza, ha denunciato con forza la violenza contro le donne, la lotta alla corruzione nella vita economica del Paese, la vergogna delle morti sul lavoro sempre in aumento.
Colpisce però un silenzio di Mattarella sui problemi della Giustizia, sui suoi tempi troppo lunghi, sulle sue divisioni interne, sulla crisi del ruolo del CSM di cui Mattarella è Presidente.
Tuttavia, alla fine del suo saluto ha ricordato l’impegno necessario per il superamento delle grandi differenze economiche fra i cittadini, dei tanti, troppi che vivono in povertà e in precarietà.
Infine, ha concluso rivolgendosi ai giovani citando la frase presa dalla lettera ai suoi studenti del professor Pietro Carmina, morto tragicamente a Ravanusa: “Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare”.

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Un augurio per tutti noi, che il 13° Presidente della Repubblica abbia presente la discussione di alto livello che ci fu nell’Assemblea Costituente, nonché le esperienze dei suoi predecessori e ci faccia uscire dall’attuale “povertà” intellettuale, politica, culturale di chi ci rappresenta nelle istituzioni, causa dell’astensionismo elettorale, dell’abbandono della politica soprattutto da parte dei giovani.
L’economia è fondamentale, ma il potere politico deve essere munito di ideali che guardino lontano, che guidino un cambiamento che abbiano al centro l’umanità, il ruolo dell’Europa nel mondo oggi così diviso, agendo senza timore nel rispetto delle norme costituzionali e sappiano lanciare un messaggio a tutti noi con “l’ottimismo della volontà”.
                                                                                                            
curiosità:
Regioni di appartenenza dei Presidenti: Piemonte 3: Campania 3; Toscana 2; Sardegna 2; Liguria 1; Sicilia 1.

Roma, 14/01/2022

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