SURE, ovvero come una proposta italiana del 2014 ha aperto la strada a 27 miliardi di euro in Italia per il sostegno all’occupazione.
di Paolo Trichilo [*]
ABSTRACT.
L’Italia, grazie all’erogazione a suo favore di 27,438 miliardi di Euro (su un totale di 91,807), è stato di gran lunga il primo beneficiario del meccanismo introdotto dall’UE SURE - acronimo di sostegno per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza. Questo strumento ha coperto negli anni 2020-2022 quasi il 60% dei lavoratori italiani e circa il 50% delle PMI. Si calcola inoltre che l’Italia nel 2020 abbia salvato grazie a SURE circa mezzo milione di posti di lavoro.
Questi dati sono contenuti in un recentissimo rapporto della Commissione[1], che conferma che nel periodo 2020-2022 sono stati nel complesso erogati quasi 92 miliardi di euro agli Stati membri, con metà dell'assistenza finanziaria di SURE assegnata per sostenere i regimi di lavoro a tempo ridotto, mentre un terzo è stato destinato a misure simili per i lavoratori autonomi. In questo modo, oltre 40 milioni di persone e 3,3 milioni di imprese sono stati sostenuti da SURE, contribuendo, attraverso le misure nazionali adottate per il mercato del lavoro, a prevenire la disoccupazione per circa 1 milione e mezzo di persone nel 2020. Questa azione politica ha anche contribuito a diminuire le disuguaglianze nel mercato del lavoro, riducendo la dispersione dei tassi di disoccupazione, soprattutto tra i beneficiari di SURE. Inoltre, gli Stati membri hanno risparmiato 8,5 miliardi di euro in pagamenti di interessi.
Questa esperienza presenta un caso di grande interesse sotto un duplice profilo. Dal punto di vista del merito, SURE costituisce un rafforzamento degli strumenti europei e un modello di solidarietà, con indubbi vantaggi a beneficio dell’Italia. Dal punto di vista delle regole d’ingaggio, soprattutto in Europa, occorre saper coltivare una “pazienza strategica” e preparare il terreno, nella consapevolezza che potrebbe essere necessario molto tempo prima di raccogliere il frutto della propria iniziativa; ma solo presentando proposte ben congegnate è possibile raggiungere determinati obiettivi.
Poiché con il beneficio della retrospettiva è possibile giudicare con maggior distacco e obiettività, l’operato dell’Italia durante il suo semestre di presidenza dell’Unione Europea nel 2014 nel settore del Lavoro può essere considerato senz’altro un successo. Come tutte le decisioni a livello internazionale, i risultati non sono il frutto dell’improvvisazione, ma hanno origini, a volte radici, lontane o quanto meno non immediate, spesso poco note. L’adozione del meccanismo SURE contro la disoccupazione ne è un ottimo esempio.
TESTO
Il Sole 24 Ore, 27 ottobre 2020.
“Sure, all’Italia già erogati 10 miliardi. Che cos’è il programma europeo per la Cig. Il programma Sure prevede cento miliardi di prestiti a tassi bassi, finanziati con obbligazioni Ue, 27,4 destinati all’Italia. Successo per la prima emissione.
Il programma Sure, insieme ai prestiti del Mes e a quelli della Bei, è uno dei tre pilastri varati dall’Unione europea prima del Recovery Fund per contrastare gli effetti della crisi causata dal coronavirus. Sure (acronimo di Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency) è, come dice il nome, uno strumento europeo di sostegno temporaneo (fino al 31 dicembre 2022) per attenuare i rischi di disoccupazione nella situazione di emergenza venutasi a creare; è pensato per aiutare a proteggere i posti di lavoro e i lavoratori più colpiti dalla pandemia. Nel complesso fornirà assistenza finanziaria per un totale di 100 miliardi di euro sotto forma di prestiti, concessi dalla Ue agli Stati membri a condizioni favorevoli. I prestiti aiuteranno gli Stati membri ad affrontare aumenti repentini della spesa pubblica per il mantenimento dell'occupazione: nello specifico, concorreranno a coprire i costi direttamente connessi all'istituzione o all'estensione di regimi nazionali di riduzione dell'orario di lavoro e di altre misure analoghe per i lavoratori autonomi. In Italia, per fare un esempio, aiuteranno a coprire misure come la Cassa integrazione per l'emergenza Covid o il bonus da 600 euro per autonomi e professionisti.
Lo strumento poggia sul bilancio comunitario e, come altri analoghi meccanismi europei, si basa su garanzie fornite dagli Stati membri per un totale di 25 miliardi di euro (il 25% dell’ammontare massimo erogato). L'assistenza finanziaria tramite Sure, come già detto, assume la forma di un prestito concesso dall'Ue agli Stati membri che ne fanno domanda; la Commissione contrae prestiti sui mercati finanziari per finanziare quelli agli Stati, che vengono poi concessi a condizioni favorevoli: i Paesi beneficiari possono infatti sfruttare il buon rating di credito della Ue e i conseguenti bassi costi di finanziamento. La Commissione europea ha erogato in totale 17 miliardi di euro a Italia, Spagna e Polonia nella prima tranche di sostegno finanziario agli Stati membri nell'ambito dello strumento SURE. Nel quadro delle operazioni odierne, l'Italia ha ricevuto 10 miliardi la Spagna 6 miliardi e la Polonia 1 miliardo. Una volta completate tutte le erogazioni SURE, l'Italia riceverà un totale di 27,4 miliardi, la Spagna 21,3 miliardi e la Polonia 11,2 miliardi. Non ci sono somme prestabilite per Paese. Tuttavia, i tre Paesi che più beneficeranno di Sure non potranno godere di oltre il 60% del totale dei fondi. Il Consiglio europeo ha già approvato, su proposta della Commissione Ue, un totale di 87,9 miliardi di prestiti a beneficio di 17 Stati membri; l’Italia, con 27,4 miliardi, è il Paese con la quota maggiore[2], seguita dalla Spagna con 21,3 miliardi. Tra quanti non hanno fatto finora richiesta di questi prestiti non ci sono Germania, Francia, Austria o Paesi nordici, il che non è sorprendente visto che si finanziano a tassi più bassi di quelli dell’Unione europea. Il 20 ottobre la Commissione europea ha collocato i primi due prestiti obbligazionari per finanziare il programma Sure. La risposta del mercato è stata entusiasta: da oltre mille investitori sono infatti arrivati ordini d'acquisto per un importo record di 233 miliardi di euro. Questo ha permesso a Bruxelles di aumentare l'importo dei due bond, inizialmente fissato a 15, a 17 miliardi totali; 10 per la tranche di bond a dieci anni, 7 per quella a 20 anni.”
L’adozione del programma SURE nel 2020, nato nella scia dell’adozione di misure straordinarie per l’emergenza Covid e le sue devastanti conseguenze economiche, introduce un elemento di notevole importanza nelle politiche dell’occupazione a livello europeo e nazionale. Esso non è giunto per caso, ma rappresenta il risultato dell’azione svolta dal nostro paese, all’inizio in quasi splendido isolamento a livello europeo, per avviare il dibattito a favore di una simile misura ben sei anni prima. Sebbene la proposta non fosse in linea con le politiche economiche prevalenti nell’UE in quel momento, essa era pienamente coerente con la nostra tradizione di rafforzamento delle istituzioni e degli strumenti dell’Unione Europea e di visione solidaristica dell’Unione.
SURE costituisce il risultato finale di un lavoro durato anni, di cui posso testimoniare la fase originaria, quando si trattava di seminare nella speranza di ottenere un raccolto in futuro. Per dare a Cesare quel che è di Cesare, la questione venne autorevolmente proposta nella sua fase embrionale dal Commissario Europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, l’ungherese Lázló Andor nel tentativo di individuare possibili risposte al problema degli shock asimmetrici che nell’economia europea erano emersi con particolare evidenza nel corso della crisi cominciata nel 2007. Non va infatti dimenticato che a cinque anni dall'inizio della crisi, l'Europa era l'unica grande area del mondo in cui la disoccupazione non stava diminuendo, allontanandosi dal raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, sia rispetto all'obiettivo occupazionale che di riduzione della povertà. Il tutto nel contesto delle sfide strutturali che i mercati del lavoro e le società europee stavano affrontando, come l'invecchiamento della popolazione, i cambiamenti tecnologici e l’intensa concorrenza derivante dalla globalizzazione.
Quasi vox clamans in deserto, il Commissario europeo sosteneva l’esigenza di interventi che permettessero il riequilibrio dei danni causati da tale shock che per l’appunto stava colpendo in maniera diversificata i paesi europei, nella consapevolezza che in gioco vi era sia la coesione sociale dei nostri paesi e in ultima analisi anche il destino della stessa UE. Nell’illustrare le sue analisi, egli sottolineava che, inevitabilmente, la tematica occupazionale andava posta nel più ampio contesto delle politiche economiche europee, di cui essa faceva parte in una fase acuta di crisi economica e occupazionale[3].
Secondo Andor, era particolarmente importante non trascurare la dimensione occupazionale e sociale, sottolineando che la vulnerabilità della nostra unione monetaria fosse dovuta alla mancanza di un meccanismo con un ‘ruolo tampone’ (buffering), in particolare alla mancanza di compensazione automatica attraverso trasferimenti in caso di shock economici asimmetrici. Il suo punto di vista era che una struttura di assicurazione contro la disoccupazione a livello dell'UE potesse costituire un elemento logico come meccanismo di stabilizzazione automatico efficace a breve termine. Occorreva quindi studiare l'eventuale istituzione di un regime europeo di indennità di disoccupazione nell’ambito dello sviluppo dell'Unione economica e monetaria.
Un simile regime, sosteneva il Commissario europeo, avrebbe funzionato da stabilizzatore automatico, riducendo temporaneamente la spesa pubblica sociale dei paesi più colpiti, senza introdurre flussi di trasferimento a lungo termine. Avrebbe anche potuto contribuire a attutire le fluttuazioni del PIL reale qualora shock asimmetrici avessero danneggiato solo alcuni paesi dell'UE più di altri (funzione assicurativa), ma forse anche se avessero colpito tutti (funzione di stabilizzazione). Un tale schema avrebbe lasciato la maggior parte della funzione di stabilizzazione della spesa pubblica e persino della spesa per l'indennità di disoccupazione a livello nazionale. Il sistema a livello dell'UE avrebbe invece rappresentato un supplemento, da integrarsi da parte degli Stati membri nella misura da loro stabilita. Probabilmente sarebbe stata necessaria anche una qualche forma di copertura e criteri di ammissibilità armonizzati. Sostituire parte dei finanziamenti nazionali con sussidi di disoccupazione europei avrebbe rivestito un'importante funzione sociale e sarebbe stata un'espressione di solidarietà. Ma avrebbe anche avuto un importante effetto macroeconomico, in quanto il meccanismo di trasferimento avrebbe consentito all'unione monetaria di riequilibrarsi in risposta a uno shock asimmetrico.
Si trattava insomma di prevedere un vero e proprio cambio di paradigma, per raggiungere il quale è servita una minaccia ancora grave e esistenziale, come quella rappresentata dalla pandemia Covid e dalle sue conseguenze economiche. Tuttavia, il governo italiano decise di lavorare in quella direzione.
Con Andor il rapporto dell’Italia era stato sereno e fruttuoso (in un clima generale non semplice), con il Ministro del Lavoro Elsa Fornero prima e con il Ministro Enrico Giovannini poi. Quando, nel 2014, a seguito delle elezioni europee, l’ungherese Andor venne sostituito come Commissario dalla belga Marianne Thyssen il rapporto costruttivo proseguì, questa volta con il Ministro Giuliano Poletti.
Questi ebbe l’onore e l’onere di gestire il nuovo assetto nell’imminenza della presidenza di turno italiana prevista nel secondo semestre di quell’anno. Quindi alla vigilia dell’adozione del nostro programma, il tempo a disposizione non era molto e rispetto alla prima bozza a suo tempo predisposta. Rispetto ad essa occorreva sia la verifica tecnica che l’avallo politico.
Già al momento della prima stesura del programma con il Ministro Giovannini, anche in considerazione della continuità della mia attività nella trattazione delle questioni internazionali all’interno del Dicastero, avevo attirato l’attenzione sull’importanza e complessità del tema delineato da Andor. Altrettanto feci quando fu necessario riesaminare e poi adottare il programma per il semestre con il Ministro Poletti. Proporre apertamente un sistema europeo di sostegno finanziario al contrasto della disoccupazione era un obiettivo quanto mai ambizioso. Essendo tuttavia un proposito altamente desiderabile, anche se non di immediata realizzabilità, il Ministro Poletti stabilì decise che valeva la pena portare ufficialmente sul tavolo europeo quella che fino allora era stata solo un’idea espressa soltanto in articoli, conferenze e prese di posizione informali.
Come risultato della riflessione compiuta sulla questione, la «capacità di recupero dagli shock asimmetrici» è finita per figurare tra le priorità su cui la presidenza italiana si sarebbe concentrata. Dal seguente estratto del programma italiano sul punto in discorso (corsivo mio) si constata la conferma dell’importante obiettivo e degli argomenti forniti a sostegno come premessa e contributo alle discussioni e deliberazioni in sede europea.
Fondi del S.U.R.E. per i Paesi EU, (fonte Commissione Europea)
“E. Occupazione, Politica Sociale, Salute e Consumatori. Un’economia europea inclusiva. Alla luce delle conseguenze della crisi finanziaria ed economica, c’è un urgente bisogno di evitare il deterioramento della coesione sociale e le sue drammatiche ripercussioni, non solo in termini sociali, ma anche in termini di governance economica e democratica. Pertanto, la Presidenza si concentrerà sulle seguenti priorità: lotta contro la povertà, ricostruzione del capitale umano, capacità di recupero dagli shock asimmetrici e importanza dell’economia sociale. …
Dimensione Sociale dell’Unione Economica e Monetaria. Lo sviluppo della dimensione sociale della UEM sarà uno dei temi prioritari durante la Presidenza italiana. La persistente crisi finanziaria ed economica ha dimostrato che le riforme economiche strutturali devono essere accompagnate da misure finalizzate alla ripresa economica e capaci di garantire la coesione sociale. La Presidenza proseguirà i dibattiti in corso su questo tema. Particolare attenzione sarà rivolta alla questione degli stabilizzatori automatici attraverso discussioni sulla possibile costituzione di un sistema UEM di sostegno alla disoccupazione, quale strumento di assorbimento degli shock asimmetrici a livello centrale, senza pregiudicare gli obblighi dei singoli Stati membri di attuare riforme strutturali volte a migliorare la capacità di resilienza, la produttività e i fondamentali dell’economia a lungo termine. In linea con la Comunicazione della Commissione sulla dimensione sociale della UEM, la Presidenza ritiene della massima importanza monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e quella del mercato del lavoro all’interno dell’UEM. Il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente rafforzato in conformità con le procedure esistenti e nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Sarà quindi richiesto maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, in particolare tra EPSCO ed ECOFIN, al fine di garantire coerenza politica”.
Dichiarata la «capacità di recupero dagli shock asimmetrici» tra le priorità, occorreva anche trovare il modo di portarla all’attenzione delle istanze europee. La soluzione fu quella di ricorrere ai margini di manovra offerti alla presidenza di turno nella predisposizione dell’ordine del giorno del Consiglio ministeriale informale. È del resto prerogativa della presidenza temporanea proporre anche temi che gli stanno particolarmente a cuore con valore prospettico in occasione di questo tipo di riunioni convocate ogni semestre nel paese detentore della presidenza. Inoltre, in coerenza con l’obiettivo dichiarato dalla presidenza di voler “rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, in particolare tra EPSCO ed ECOFIN”, si lavorò di concerto con il Ministero dell’Economia, dove il Ministro Pier Carlo Padoan decise di sostenere convintamente l’iniziativa.
Pertanto la questione venne posta all’ordine del giorno non solo nella riunione dei Ministri del Lavoro, ma anche in quella dei Ministri dell’Economia, al fine di rendere ancor più evidente a tutti i partner che dal punto di vista italiano l’occupazione non era una variabile indipendente, ma un fattore strettamente legato all’andamento economico generale, comprese le politiche fiscali. Per introdurre il tema nella maniera più convincente possibile, fu commissionato a un noto think tank europeo come Bruegel l’elaborazione di uno studio da presentare ai Ministri come oggetto di discussione.
Nel rapporto[4], nel ricordare il compito affidato dalla presidenza italiana di fornire una prima presentazione alla riunione ministeriale informale di Milano del 18 luglio 2014, venivano sottolineati i potenziali vantaggi e svantaggi di un meccanismo definito European Unemployment Insurance (EUI), I messaggi chiave contenuti nel documento erano i seguenti:
- È necessario un consenso politico preventivo alla condivisione del rischio fiscale
- Progetto ambizioso con implicazioni per le istituzioni del mercato del lavoro, le politiche di attivazione, ecc.; azzardo morale (ad esempio, polizze di prepensionamento, assicurazione sanitaria (?), ecc.) e finanze pubbliche
- Mentre sono auspicabili più meccanismi di stabilizzazione europei, altri meccanismi potrebbero essere più rapidi: l'IUE non è facile da costruire quindi è piuttosto per la prossima crisi. Un fondo di investimento e un migliore utilizzo del bilancio dell'UE possono essere più praticabili
- Potrebbe essere un segnale forte di un'ulteriore federalizzazione dell'Europa e di solidarietà in presenza di consenso politico
- Potrebbe essere un meccanismo forte per riformare radicalmente i mercati del lavoro.
Come era da attendersi, l’iniziativa non suscitò immediato entusiasmo e le reazioni iniziali furono mitigate, con poche eccezioni. Ma questo era scontato, perché l’obiettivo vero era quello di ‘mettere agli atti’ un modo nuovo e diverso di vedere le cose che superasse l’austerità e il rigore fini a sé stessi, e soprattutto porre le basi per avviare un nuovo percorso. I tempi non erano ancora maturi nel 2014, ma l’Italia stava aiutando quella maturazione.
Infatti, a seguito alla discussione del Consiglio europeo di Milano del 23 e 24 ottobre 2014 sulle questioni economiche, in cui alla situazione economica ed occupazionale veniva riconosciuta “la massima priorità”, il Vertice euro del 24 ottobre aveva convenuto che per assicurare il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria fosse essenziale un coordinamento più stretto delle politiche economiche nella zona euro. A tale riguardo aveva chiesto di proseguire i lavori intesi “a sviluppare meccanismi concreti per un coordinamento, una convergenza e una solidarietà più solidi tra le politiche economiche”, nonché invitato “a predisporre le prossime misure volte a migliorare la governance economica nella zona euro”. Ne seguì nel giugno 2015 la relazione dei cinque presidenti intitolata "completare l'unione economica e monetaria dell'Europa", preparata dal presidente della Commissione europea, in stretta collaborazione con il presidente del Vertice euro, il presidente dell’Eurogruppo, il presidente della Banca centrale europea e il presidente del Parlamento europeo.
In essa, si affermava che fossero necessari ulteriori progressi concreti sulla base del diritto dell’UE per avanzare verso un’Unione economica di convergenza, crescita e occupazione, basata su quattro pilastri: la creazione di un sistema di autorità per la competitività per la zona euro; un’attuazione rafforzata della procedura per gli squilibri macroeconomici; una maggiore attenzione all’occupazione e alla performance sociale e un più stretto coordinamento delle politiche economiche all’interno di un semestre europeo rinnovato. Sul punto che qui interessa, nella relazione dei 5 Presidenti si affermava che l’ambizione dell’Europa dovrebbe essere quella di ottenere una “tripla A sociale”, anche per una necessità economica, poiché per il successo dell’UEM occorre che i mercati del lavoro e i sistemi di protezione sociale funzionino correttamente e in modo equo in tutti gli Stati membri della zona euro. Pertanto, i problemi occupazionali e sociali devono costituire una priorità nell’ambito del semestre europeo. Inoltre, la disoccupazione, in particolare di lunga durata, veniva riconosciuta come una delle principali cause di ineguaglianza ed esclusione sociale. Per questo, si ritenevano essenziali mercati del lavoro efficienti che favoriscano un elevato livello di occupazione in grado di assorbire gli shock senza causare disoccupazione eccessiva. Si riconosceva inoltre che essi contribuiscono al corretto funzionamento dell’UEM nonché a creare società più inclusive.
Nell’agosto 2015 venne pubblicato un documento di lavoro che costituiva il primo risultato dello studio "Fattibilità e valore aggiunto di un regime europeo di indennità di disoccupazione", commissionato dalla DG EMPL e realizzato da un consorzio guidato dal CEPS (autori Miroslav Beblavý, Gabriele Marconi e Ilaria Maselli)[5]. L'obiettivo del documento è quello di inquadrare il dibattito su un ammortizzatore europeo intorno alle sue origini da un lato, e ai suoi aspetti più controversi, dall'altro. Il documento esaminava le proposte esistenti per un regime europeo sovranazionale di indennità di disoccupazione (EUBS). L'obiettivo era quello di inquadrare il dibattito in una prospettiva a lungo termine, circostanza particolarmente importante alla luce dell'inclusione della creazione di uno stabilizzatore automatico per la zona euro nella relazione dei cinque Presidenti.
In successivi chiarimenti che l’Italia, in particolare attraverso il MEF, diede nel 2016 ai partners e alle istituzioni europee, sul proposto fondo europeo per l’indennità di disoccupazione (European Unemployment Benefit Scheme, EUBS), si sottolineava che il fondo avrebbe trasferito ai Paesi beneficiari risorse da utilizzare esclusivamente per le politiche a favore dei disoccupati, con l’unica condizione che le risorse fossero utilizzate per politiche passive e attive del lavoro, stimolando così la convergenza delle istituzioni del lavoro nell’Eurozona. Inoltre, l’ipotesi veniva formulata in maniera tale da escludere trasferimenti permanenti unidirezionali tra Stati membri, dal momento che il trasferimento dal fondo si sarebbe attivato solo a fronte di choc di natura ciclica e non in virtù di divari strutturali e un Paese caratterizzato da elevata disoccupazione strutturale e deboli istituti di mercato del lavoro non avrebbe ricevuto alcun trasferimento di risorse comuni se non colpito da uno choc. Pertanto, in un orizzonte temporale ampio non vi saranno paesi né beneficiari né contributori netti per importi significativi, come dimostrato dai risultati delle simulazioni condotte[6]. Infine, l’intero trasferimento ricevuto sarebbe stato restituito nel tempo.
Si proponeva di alimentare il fondo da parte degli Stati membri (0,5 per cento del PIL) per fare fronte agli choc asimmetrici, mediante risorse da essi individuate autonomamente all’interno dei bilanci pubblici; ma anche mediante l’emissione di obbligazioni, qualora si fosse deciso di assegnare all’EUBS anche il compito di fronteggiare gli choc simmetrici, con titoli che sarebbero stati caratterizzati da un profilo di rischio – e dunque da un rendimento – estremamente contenuto. L’emissione di obbligazioni non avrebbe neanche determinato alcuna ipotesi di mutualizzazione dei debiti pubblici nazionali; giustificandosi, invece, quale misura necessaria per finanziare un progetto di interesse comune tra gli Stati membri dell’eurozona. Si era tuttavia consapevoli che l’emissione di eurobonds avrebbe richiesto l’unanimità in Consiglio, ricorrendo a uno scenario sicuramente innovativo, tanto più che sarebbe stato necessario limitare la responsabilità per l’emissione degli eurobonds, necessari per finanziare il fondo, ai soli Stati dell’eurozona.
Nel gennaio 2017, a riprova dei progressi che la proposta stava compiendo, la Commissione Europea pubblicò un ulteriore rapporto a cura del CEPS sull’argomento ad opera degli stessi autori[7]. Il documento si concentrava su diversi aspetti chiave dell'EUBS, in primis sulle opzioni per il finanziamento, richiedenti l'imposizione di un'imposta ad hoc nei paesi membri e quelle basate su contributi generali, a loro volta finanziati in vari modi. In secondo luogo, si concentrava sulla misura in cui fosse necessaria l'armonizzazione dei vari schemi nazionali contro la disoccupazione, consapevole delle relative modifiche della legislazione e prassi a livello nazionale e delle conseguenti difficoltà politiche e amministrative. In terzo luogo, lo studio esaminava il problema dei regimi che generano trasferimenti monetari regolari da alcuni paesi ad altri e il problema associato dell'azzardo morale, rilevando la possibilità di ricorrere a un bilanciamento ex-ante ovvero ex-post. In quarto luogo, il paper discuteva di quali paesi avrebbero dovuto aderire all'EUBS, con argomenti per limitare l'appartenenza ai membri dell'area dell'euro, o per estenderlo a tutta l'Unione europea, ma prevedendo una partecipazione in ogni caso obbligatoria. Infine, il documento passava in rassegna i costi delle varie forme di beneficio proposti in letteratura, concludendo che tendono a rimanere al di sotto dell'1% del PIL aggregato dei paesi membri.
Nello stesso mese, la Commissione pubblicava un ulteriore rapporto[8], che costituiva la relazione di sintesi del progetto in parola. Il mese successivo, un ampio e approfondito studio del CEPS[9] valutava come poteva configurarsi un regime europeo di indennità di disoccupazione (EUBS), esaminandone 18 possibili varianti e le loro caratteristiche principali, alcune delle quali si potevano trovare anche nei regimi nazionali, mentre altre erano piuttosto legate al contesto dell'EUBS. Questa analisi veniva combinata con i risultati emersi dal paper pubblicato dalla Commissione Europea, esaminandone anche le opzioni legali e operative. Infine, la relazione affrontava una serie di questioni, come i criteri di convergenza e di adesione.
Rispetto all’iniziale proposta del 2014 erano stati compiuti notevoli progressi, anche se ancora limitati a livello tecnico di studi di fattibilità. Un momento decisivo fu l’apertura di un nuovo ciclo politico segnato dalle elezioni europee e la nomina di una nuova Commissione Europea. In tale rinnovato contesto uno schema di sostegno alla disoccupazione divenne una delle priorità. Nell’ottobre 2019, in qualità di candidata alla Presidenza della Commissione, Ursula von der Leyen[10] sosteneva infatti fosse giunto il momento di conciliare il sociale e il mercato nell'economia moderna. Pertanto annunciava l’intenzione di presentare un piano d'azione per attuare pienamente il pilastro europeo dei diritti sociali, con l’obiettivo di fare di più per sostenere coloro che perdono il lavoro a causa di eventi esterni che colpiscono l’economia del continente. In particolare, anticipava la proposta di creazione di un regime europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione (European Unemployment Benefit Reinsurance Scheme) per proteggere i cittadini europei e ridurre la pressione sulle finanze pubbliche durante gli shock esterni.
Successivamente, il 2 aprile 2020 la Commissione ha proposto il regolamento SURE nell'ambito della risposta iniziale dell'UE alla pandemia. Adottato dal Consiglio il 19 maggio 2020 come forte segnale della solidarietà europea, è divenuto disponibile dopo che tutti gli Stati membri hanno firmato gli accordi di garanzia il 22 settembre 2020. Cinque settimane dopo è avvenuta la prima erogazione. Il quarto rapporto della Commissione pubblicato nel settembre 2022, citato in apertura, in linea con la relazione precedente sull'attuazione e l'impatto di SURE[11], conferma che lo strumento è riuscito ad attenuare l'impatto della pandemia e a sostenere la ripresa, avendo sostenuto quasi il 30 % dell'occupazione complessiva e un quarto del totale delle imprese nei 19 Stati membri beneficiari. Le piccole imprese sono state i principali beneficiari del sostegno SURE. I settori che hanno ricevuto maggiore sostegno sono stati il commercio all'ingrosso e al dettaglio, i servizi alberghieri e di ristorazione e l'industria manifatturiera.
L’adozione del meccanismo SURE è un esempio di success story che, come sopra illustrato, conferma la validità delle proposte e dell’approccio alla complessa problematica occupazionale da parte della presidenza italiana nel 2014. Si potrebbe osservare in chiusura che per giungere a un esito positivo, come aveva correttamente previsto Brueghel, si è dovuto attendere “la prossima crisi”, ma anche questo risultato sarebbe stato difficilmente realizzabile se non si fosse preparato il terreno per tempo.
Nel complesso, l’Italia è il primo beneficiario del fondo (vedasi nota 2), che ha consentito il finanziamento di una serie di misure anticrisi, tra cui la cassa integrazione per tutti i lavoratori dipendenti, le indennità per lavoratori autonomi di vario tipo, collaboratori sportivi, lavoratori domestici e intermittenti, i contributi a fondo perduto per autonomi e imprese individuali, il congedo parentale, il voucher baby sitter.
La natura marcatamente redistributiva a livello territoriale di SURE avrebbe potuto implicare un’elevata tensione politica tra Stati membri. Ciononostante, il processo di adozione non è stato caratterizzato da particolari tensioni politiche e – fatta eccezione per una limitata opposizione della Finlandia proprio sull’articolo 13 – SURE ha riscosso unanime consenso. Certamente il fatto che lo strumento sia basato su prestiti, e non su trasferimenti, ha facilitato l’accordo tra gli Stati membri. Un secondo aspetto che rende SURE politicamente più appetibile riguarda l’attivazione non automatica del sostegno europeo, con il passaggio in Commissione e in Consiglio di ogni decisione relativa alla concessione del prestito. A dispetto delle virtù di SURE, tanto sotto il profilo economico quanto politico, esso rimane al momento un meccanismo soltanto temporaneo. Dal punto di vista giuridico, infatti, si basa sull'articolo 122, paragrafo 2, del TFUE2, che consente all'Unione europea di fornire, "in uno spirito di solidarietà", assistenza finanziaria temporanea agli Stati membri in difficoltà a causa di circostanze eccezionali al di fuori del loro controllo. Al fine di rendere SURE uno strumento permanente, da poter utilizzare in caso di un’altra crisi, una proposta potrebbe essere quella di creare uno strumento speciale, ai sensi dell'articolo 175, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea che rappresenta la base giuridica dei fondi strutturali europei. Il paragrafo 3 precisa che "se specifiche azioni si rivelano necessarie al di fuori dei Fondi, possono essere adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato del Regioni”. Due esempi di strumenti esistenti, legalmente basati su questo articolo, sono il Fondo europeo di solidarietà e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione[12]. Uno strumento SURE permanente sarebbe quindi altamente desiderabile, anche se resta da vedere se sarà potrebbe essere politicamente e praticamente fattibile. A tal proposito, una prima apertura viene dalla Commissione che ha indicato la possibilità di basarsi su SURE per proporre uno strumento permanente[13] e il Parlamento europeo da tempo sostiene una capacità di stabilizzazione basata sui prestiti nell'ambito del QFP6.
A margine del Summit europeo di Porto nel maggio 2021, il premier Draghi ha affermato che il programma SURE, “è un inizio di sussidio di disoccupazione a livello europeo e un primo piccolo passo verso la creazione di un mercato comune del lavoro, che permetterà sicuramente maggiore mobilità e maggiori opportunità di lavoro per tutti i cittadini dell'Unione”. Inoltre, nel suo intervento alla tavola rotonda “Employment and Jobs”, il presidente del consiglio ha sottolineato l'importanza di confermare l'esperienza di SURE.
Va infine sottolineato che l'importanza di SURE, il cui obiettivo primario era di proteggere i posti di lavoro durante la crisi, ha travalicato il settore sociale, svolgendo un ruolo di pioniere per successive iniziative. Infatti, poiché SURE è stato finanziato, con grande successo, dall'emissione di obbligazioni reciproche dell'Ue su una scala senza precedenti, questo strumento ha costituito il precedente del piano di ripresa noto come Next Generation EU, nel cui ambito non saranno 100, ma ben 750 i miliardi di euro - in sovvenzioni e prestiti - distribuiti ai paesi dell'Unione europea attraverso l'emissione di obbligazioni da parte dell'Unione.
Ancora il presidente del consiglio Draghi, in occasione della conferenza stampa con la presidente della Commissione von der Leyen sull’approvazione del Pnrr (22 giugno 2021) ha così risposto a una domanda sul fatto se questo sforzo diventerà permanente, strutturale. “Io credo che prima di tutto bisogna fare la prima cosa: cercare di spenderlo bene e con onestà, raggiungendo gli scopi che sono previsti nel piano ed è una grande responsabilità per l’Italia. Se questo va in porto, poi sono certo che alcune parti dello sforzo fatto dalla Commissione e da tutti i Paesi europei rimarrà strutturale, perché quella fiducia che ci è stata data è stata dimostrata essere ben risposta. Quindi è una responsabilità, per noi, un motivo di orgoglio, un motivo anche di successo. È certamente l’inizio di una fase nuova, in cui l’Italia cambierà e la crescita sarà più alta. Ma è anche un’occasione in cui questo, che si è fatto per la prima volta, come la Presidente ha detto un attimo fa, nella storia europea possa anche restare permanente, alcune parti di questo piano. Io l’altra volta ho accennato alla parte Sure: è uno sforzo complessivo, questo, che non è soltanto quello del piano, ma anche di altri provvedimenti”.
Pertanto, occorre considerare con attenzione la possibilità di fare di SURE la base di un'ambiziosa strategia dell'UE, basata su strumenti strutturali, volta ad affrontare gravi perturbazioni economiche e occupazionali, contribuendo alla stabilizzazione economica e alla solidarietà. Dotare l'Unione Europea di strumenti adeguati ed efficaci per prepararsi a possibili shock futuri e affrontare le crisi è il modo migliore per superarle e affrontare le sfide future.
In questo contesto, sulla scorta del successo di SURE, l’Italia insieme ad altri paesi, ha preso l’iniziativa di domandare una valutazione approfondita, anche nell’ambito del dibattito sulla revisione del quadro di governance economica dell'UE. Tale analisi sarebbe necessaria per concepire e introdurre uno strumento di finanziamento mirato per Stati membri che si trovano ad affrontare processi di ristrutturazione straordinari e complessi per i quali gli strumenti già disponibili a livello nazionale ed europeo sono troppo limitati in termini di capacità o hanno diverse aree di applicazione.
Infatti, mentre SURE è stato concepito solo per finanziare regimi di lavoro a tempo ridotto e misure analoghe, questo nuovo strumento dovrebbe restare particolare attenzione alla loro combinazione con la riqualificazione legate alla cd. twin transition. Un simile strumento dovrebbe permettere all'UE di reagire in modo coordinato, rapido ed efficace in uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri, mitigando così gli effetti diretti della transizione economica in atto sulla spesa pubblica degli Stati membri. A tal fine, andrebbe individuato un meccanismo di finanziamento adeguato per minimizzare l'impatto sui bilanci nazionali ed europei.
Mentre resta da vedere quale sarà il destino riservato alle nuove proposte elaborate dall’Italia e altri paesi partner sulla base della positiva esperienza acquisita tramite SURE, l’auspicio è che possano svilupparsi ulteriori strumenti per una efficace gestione europea della disoccupazione. La storia di SURE dimostra che occorrono tempo e tenacia, oltre che circostanze propizie, per fare fruttificare le buone idee.
Sin d’ora è possibile constatare che il Commissario europeo per il mercato interno, Breton, e quello per l’economia, Gentiloni, hanno nei giorni scorsi[14] proposto l’adozione di uno strumento comune contro la crisi energetica ispirato al fondo di sostegno SURE contro lo shock dei prezzi, mettendo in comune la potenza di bilancio a livello europeo, in modo da dimostrare solidarietà e giustizia.
Le opinioni in questo articolo sono espresse a titolo personale e non sono riconducibili al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
l'autore dell'articolo: Paolo Trichilo
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Note
[*] L’autore, entrato in carriera diplomatica nel 1990, è stato Consigliere Diplomatico del Ministro per il Lavoro e le Politiche Sociali dall’ottobre 2012 al dicembre 2015. Ministro Plenipotenziario, ha prestato servizio all’estero come Console a Mulhouse, consigliere commerciale ad Ankara, vice capo missione a New Delhi, rappresentante permanente aggiunto presso l’OCSE a Parigi e Ambasciatore a Lubiana. A Roma ha prestato servizio presso la Direzione Generale per gli Affari Politici (CSCE), la Segreteria Generale (vicario del Coordinatore internazionale antiterrorismo e vicario dell’Unità di Crisi), Direzione Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente (Task Force Iraq). Attualmente è Vice Direttore Generale per le Risorse e l’Innovazione.
[1] Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Finanziario e al Comitato per l'occupazione. “SURE: Due anni dopo”. Bruxelles, 23.9.2022. COM (2022) 483 definitivo
[2] https://www.dt.mef.gov.it/it/debito_pubblico/dati_statistici/prestiti_istituz_europee/
[3] Transfer of powers to EU level to make single currency sustainable? Friends of Europe 9th Annual VIP round table "State of Europe: Escaping the doldrums" - Brussels 11 October 2012. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/SPEECH_12_721
[4] Towards a European unemployment insurance? By: Grégory Claeys, Zsolt Darvas and Guntram B. Wolff Topic: European Macroeconomics & Governance. https://www.bruegel.org/2014/07/towards-a-european-unemployment-insurance/
[5] https://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=16884&langId=en
[6] Queste dimostravano tra l’altro che, in base ai parametri proposti dall’Italia, nell’arco di tempo dal 1999 al 2015 molti paesi europei avrebbero avuto titolo per ricorrere ai benefici del fondo se fosse stato in vigore, compresi paesi come Germania (nel 2000 e 2001), Olanda (nel 2003) e Finlandia (nel 2003, 2014 e 2015).
[7] European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, Maselli, I., Beblavý, M., Marconi, G., A European unemployment benefit scheme : the rationale and the challenges ahead, Publications Office, 2017, https://data.europa.eu/doi/10.2767/435604
[8] European Commission, Directorate-General for Employment, Social Affairs and Inclusion, Beblavý, M., Lenaerts, K., Feasibility and added value of a European unemployment benefit scheme : main findings from a comprehensive research project, Publications Office, 2017, https://data.europa.eu/doi/10.2767/86782
[9] https://www.ceps.eu/ceps-publications/design-european-unemployment-benefit-scheme/
[10] European Commission, Directorate-General for Communication, Leyen, U., A Union that strives for more: my agenda for Europe: political guidelines for the next European Commission 2019-2024, Publications Office, 2019, https://data.europa.eu/doi/10.2775/753401
[11] Comunicato stampa del 24 marzo 2022. SURE, terza relazione: perdura l'efficacia dello strumento nel proteggere i posti di lavoro e sostenere la ripresa. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_1987
[12] Crisi pandemica e solidarietà europea: SURE da strumento temporaneo a meccanismo permanente? Nota 2, marzo 2021 di Francesco Corti, Università degli studi di Milano e Centre for European Policy Studies (CEPS) https://osservatoriocoesionesociale.eu e Centre for European Policy Studies (CEPS)
[13] Già durante la riunione congiunta delle commissioni EMPL ed ECON del Parlamento europeo il 28 giugno 2021, il Commissario per l'Occupazione, Nicolas Schmit, ha dichiarato in risposta a una domanda: "Penseremo sicuramente a rendere SURE uno strumento permanente". Con Schmit, allora in qualità di Ministro del Lavoro del Lussemburgo, l’Italia durante la Presidenza del 2014 ebbe un’ottima collaborazione anche nell’ambito del Trio, incluso nel settore dell’economia sociale.
[14] Corriere della Sera, 4 ottobre 2022