di Monica Viva
Avvocato. Esperta in appalti pubblici

Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) depotenziata. Alzata la soglia per gli affinamenti diretti: da 100 a 500 mila euro. Dimezzate le garanzie che versano le imprese vincitrici: dal 2 all’1 per cento. Sono alcune novità del nuovo codice degli appalti approvato al Consigli dei ministri del 16 dicembre 2022. Secondo il governo Meloni il nuovo codice, fondamentale per il decorso del Pnrr, la cui applicazione è prevista dal prossimo 1° aprile del 2023, “Taglia burocrazia e sprechi e permette di aprire i cantieri in tempi più veloci”, si legge nel comunicato del Mit 16 dicembre 2022. Secondo Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti così facendo non solo si “va incontro alla Pmi, ma consentirà di aprire i cantieri in tempi più veloci”. Mentre per la premier Giorgia Meloni “rappresenta un volano per la crescita e l’ammodernamento infrastrutturale”. Ma davvero il nuovo Codice dei Contratti pubblici, composto di 229 articoli, suddivisi in cinque “libri”, semplifica, velocizza e si sburocratizza? Intanto, vediamo i principi cardini, stabiliti dai due primi articoli: il “principio del risultato”, inteso come interesse pubblico, e il “principio della fiducia”, ovvero l’azione legittima, trasparente e corretta della pubblica amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.

Digitalizzazione
La digitalizzazione come motore per modernizzare il sistema dei contratti pubblici e l’intero iter dell’appalto. Questa fase è definita “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale”, i cui pilastri poggiano nella Banca dati nazionali dei contratti pubblici, appena reso operativo dell’ Autorità nazionale anti corruzione (Anac) e nell’utilizzo di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici. In buona sostanza, quel che viene proposto è la digitalizzazione integrale in materia di accesso agli atti, cui tutti i cittadini hanno la possibilità di accedere, nei limiti consentiti dall’ordinamento vigente, alla documentazione di gara.

Le infrastrutture prioritarie
Il disegno di legge include, previo un confronto tra Regioni e governo, l’inserimento delle opere prioritarie direttamente nel Documento di economia e finanze (Def); la riduzione dei termini per la progettazione; l’istituzione, da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, di un comitato speciale dedicato esclusivamente agli esami di tali progetti; un meccanismo di superamento del “dissenso qualificato” nella conferenza di servizi; la valutazione in parallelo dell’interesse archeologico.

Appalto integrato
Si reintroduce, per i lavori, la possibilità dell’appalto integrato superando i divieti previsti dal vecchio Codice del 2016 (più volte modificato). Il contratto, in tal modo, potrà ottenere la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori in conformità a un progetto di fattibilità tecnico-economico approvato. Sono esclusi, invece, gli appalti per opere di manutenzione ordinaria.

Procedure sotto soglia europea
Si adottano le soglie previste per l’affidamento diretto e per le procedure negoziate previste nel cosiddetto decreto “semplificazione Covid-19”, del 16 luglio2020, numero 76. Sono previste alcune eccezioni, con le procedure ordinarie in applicazione previste per il sopra-soglia, per l’affidamento dei contratti che presentino interesse transfrontaliero. Si stabilisce il principio di rotazione secondo cui, in caso di procedura negoziata, è vietata direttamente all’assegnazione di un appalto nei confronti del contraente uscente. Tutti gli affidamenti di contratto sotto-soglia sono esclusi i termini dilatori, sia di natura procedimentale sia processuale.

General contractor
Cancellata con il vecchio codice, sopra citato, si reintroduce la figura del “general contractor” (o contraente generale), figura introdotta con la legge del 21 dicembre 2001, numero 443, con l’obiettivo di snellire e accelerare i tempi di realizzazione delle opere pubbliche strategiche. L’operatore economico è dunque tenuto a perseguire un risultato amministrativo mediante le prestazioni professionali e specialistiche previste, in cambio di un corrispettivo determinato in relazione al risultato ottenuto e all’attività necessaria per ottenerla.

Partenariato pubblico-privato
Allo scopo di rendere più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali, per l’affidamento di progetti pubblico-privato, si semplifica il quadro normativo. Si prevedono ulteriori garanzie a favore dei finanziatori dei contratti e si conferma il diritto di prelazione per il promotore.

Settori speciali
È prevista una maggiore flessibilità, attraverso le norme “autoconclusive” e quindi prive di ulteriori rinvii ad altre parte del Codice, per i cosiddetti “settori speciali” gestiti dai sevizi pubblici (acqua, energia, trasposti, ecc.)

Subappalto
S’introduce il cosiddetto subappalto a cascata, il quale prevede criteri di valutazione discrezionali da parte della stazione appaltante, da valutarsi caso per caso.

Concessioni
Per i concessionari scelti senza gara ci sarà l’obbligo di appaltare a terzi una quota parte compresa tra il 50 e il 60 per cento dei lavori, dei servizi e delle forniture. Tale obbligo non vale per i settori speciali come le ferrovie, aeroporti, gas e luce.

Revisione dei prezzi
È confermato l’obbligo d’inserimento delle clausole di revisione prezzi al verificarsi di una variazione del costo superiore alla soglia del 5 per cento, con il riconoscimento in favore dell’impresa dell’ 80 per cento del maggior costo.

Esecuzione
È contemplata, sul versante dell’esecuzione, la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di garanzie sugli stati di avanzamento. In caso di liquidazione giudiziale dell’operatore economico dopo l’aggiudicazione, non ci sarà automaticamente la decadenza, ma il contratto potrà essere stipulato col curatore autorizzato all’esercizio dell’impresa, previa autorizzazione del giudice delegato.

Governance e poteri dell’Anac
È stabilito, per fugare la cosiddetta “paura della firma”, che, ai fini della responsabilità amministrativa, non costituisce “colpa grave” la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti. Si effettua il riordino delle competenze dell’ Anac, in attuazione del criterio contenuto nella legge delega, con un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie. Si superano le linee guida adottate dall’ Anac, mediante l’integrazione nel Codice della disciplina di attuazione.

Prime considerazioni
Non mancano le criticità e le contraddizioni che il Parlamento può correggere, attenuare e migliorare.  Più di semplificazione forse sarebbe meglio parlare di come garantire trasparenza e chiarezza su alcuni passaggi sensibili. La materia più delicata è il controllo sui conflitti d’interesse, come quello del Responsabile unico del procedimento (Rup), istituito nel 1994 dalla legge Merloni, che meriterebbero di essere adeguatamente rappresentati ai tavoli in cui si decidono le regole del gioco dei contratti pubblici. Rimozione delle norme, licenze e regolamenti al fine di agire liberamente sul mercato del subappalto, teoricamente all’infinito, aumentando da 150mila a 500mila euro la soglia sulla quale anche i piccoli Comuni, spesso privi di competenze e capacità, potranno affidare lavori in piena autonomia.  Così le zone grigie, dove si annidano gli infortuni, lo sfruttamento e il rischio d’infiltrazione criminale, si ampliano a dismisura. Il nuovo Codice riduce i poteri dell’Anac, allargando le maglie per le imprese coinvolte negli appalti con importi robusti e consistenti. Viene eliminato l’elenco delle società in house a cui le amministrazioni danno affidamenti diretti, sul quale dalla stessa Anac esercitava un controllo: uno strumento che si contrapponeva all’esternalizzazione totale e indispensabile per controllare e verificare lo stato dell’arte, monitorandone le procedure delle gare. Fino ad oggi l’Anac gestiva l’elenco delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti. Oltre al fatto che l’Anac doveva dare conto dei motivi della scelta e dell’impatto sull’efficienza, economicità e qualità dei servizi, garantiva il controllo sulle irregolarità. L’ammorbidimento delle norme sul conflitto di interessi sfronda la norma vigente ed elimina la disposizione secondo cui “le stazioni appaltanti, pilastro del Pnrr, prevedono misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione”.  L’Autorità anticorruzione rischia di diventare un’appendice di Palazzo Chigi, anziché l’autorità amministrativa indipendente e autonoma la cui missione è di prevenire la corruzione. L’appalto integrato, cioè l’affidamento di progettazione ed esecuzione dell’opera allo stesso soggetto, è ampliato a tutti gli appalti senza limite d’importo, non solo a quelli “complessi”, ma anche a quelli più grandi e consistenti. Ciò significa che il progettista diventa anche esecutore e può decidere anche sul cosiddetto “gioco delle varianti”. Si torna al passato, alla legge Obiettivo del governo Berlusconi II del 2001, approvata con voto di fiducia per fare in fretta le grandi opere, per eliminare il veto di comuni e degli ambientalisti, per togliere la podestà ai territori di decidere sulle proprie scelte.  Siamo alla soglia della deregulation. L’ idea di andare avanti veloci con le opere pubbliche, aiutare le piccole e medie imprese, non può significare più corruzione e meno sicurezza.

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