di Agostino Bagnato
Nella mia prima giovinezza in Calabria ho incontrato idealmente la Resistenza assistendo alla proiezione a Tropea di Roma città aperta e poi di Paisa'. La Scuola Media inferiore e poi quella Superiore ignoravano la ricorrenza o la trattavano superficialmente. Vennero le letture importanti: Calvino, Moravia, Pavese, Pasolini, Vittorini, Cassola, Revelli, Fenoglio e poi la Storia della Resistenza di Roberto Battaglia. Infine La Ciociara. La strada era stata aperta e niente avrebbe potuto impedire la prosecuzione del cammino culturale e poi politico, in seguito al traferimento a Roma. Le quattro giornate di Napoli e poi Tutti a casa sono state la naturale prosecuzione di una formazione piena, arricchita dalla conoscenza personale di protagonisti della Resistenza e della guerra di Liberazione: Carla Capponi, Roberto Bencivenga, Marisa Rodano e tanti altri, prima nella capitale e poi in altre città che ho frequentato, grazie alla militanza comunista.

Partigiani garibaldini in piazza San Marco a Venezia nei giorni della liberazione

Partigiani garibaldini in piazza San Marco a Venezia nei giorni della liberazione
Ognuno celebra la ricorrenza della Liberazione d’Italia dal nazifascismo secondo la propria cultura politica, la coscienza civile, la morale storica. Tuttavia, chi ricopre cariche pubbliche che sono la sede della rappresentanza di tutti i cittadini, deve tenere conto del sentire collettivo, in tutti i suoi aspetti, superando la prevalenza del proprio patrimonio ereditario, nell’interesse generale.
Per questo la lettera della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Corriere della Sera e per questa strada, a tutti gli Italiani, è un gesto importante, anche se manca il riconoscimento dell’antifascismo come fondamento della Repubblica. Non è certamente cosa da poco, questa omissione che attiene alle origini storico-politiche dell’on Meloni, ma è pur sempre un necessario guardare in avanti.
Come si fa a riscrivedere, modificare, glossare tutto questo? Deve riguardare milioni di italiani di ogni età un simile percorso formativo alla vita e alla morale che essere dentro ciascuno.
Questo antifascismo che è storia scritta con il sangue non puo' essere oggetto di revisionismo. Certo, è mortificante assistere alle sgangherate intemperanze del Presidente del Senato, tale Ignazio La Russa che forse è rimasto all'insegnamento familiare e al giovanilismo avanguardista, oltre che a dichiarazioni improvvide di uomini di governo, frutto di ambienti d'origine profondamente segnati dall'ingombro fascista, ma l'Italia ha maturato la sua natura democratica e antifascista e non può e non deve tornare all'autarchia culturale, politica e morale.
Per questo credo che celebrare la Festa della Liberazione sia un dovere civile, innanzi tutto, e un obbligo morale e patriottico. Ma anche culturale, perchè' la cultura è verità che si fa storia.
Quelle prime lezioni di vita offerte dal cinema e dalla narrativa, rafforzate dall'arte, sono ancora vive.