La scomparsa di Silvio Berlusconi apre scenari inediti nella vita politica e culturale italiana, a condizione che si sappia leggere correttamente il suo operato e la sua eredità
Franco Ferrarotti
intervista di Agostino Bagnato
Silvio Berlusconi è morto nella prima mattinata del 12 giugno 2023 nell’ospedale San Raffaele di Milano. Era stato ricoverato per il riacutizzarsi della grave malattia che lo aveva costretto ad annullare gli ultimi impegni politici. Aveva 86 anni.
Il cordoglio del mondo politico, economico, imprenditoriale e di tanta parte della cultura, è stato immediato.
Le reazioni sono state immediate anche negli Paesi. Se n’è andato un protagonista della recente storia italiana, iniziata prima ancora della sua presenza sulla scena politica. Naturalmente i primi commenti sono improntati all’emozione e al dolore. «Di una persone che non c’è più bisogna dire sempre bene», dice Franco Ferrarotti, raggiunto dopo qualche ora dalla notizia della scomparsa del fondatore di Forza Italia, «ma non bisogna lasciarsi travolgere dall’immediatezza degli eventi».
Abbiamo chiesto al grande sociologo e vegliardo della cultura nazionale, di commentare a caldo questa notizia ed egli lo ha fatto con la consueta disponibilità e magnanimità, da quel grande maestro qual è. La redazione della rivista “l’albatros” gli è grato e riconoscente.
Professore, può dare un giudizio a caldo sulla figura di Silvio Berlusconi?
Non è facile sintetizzare i pensieri e le sensazioni che suscita la scomparsa di una personalità come quella di Berlusconi. La sua presenza sulla scena politica è durata circa venti anni, anche se non continuativi. Dopo i venti anni di Mussolini abbiamo avuto questa nuova esperienza di longevità al potere. E’ stato un uomo di grande abilità, fiuto delle opportunità e delle circostanze di ha saputo avvalersi per accrescere il proprio potere ed esercitare una qualche influenza in Europa, in Occidente e nel mondo. È stato aiutato molto da Bettino Craxi e dal repubblicano Oscar Mammì che gli hanno consentito di passare dalle tradizioni locali e dall’imprenditoria brianzola alla dimensione nazionale nel campo delle telecomunicazioni. Ha creato un grande potere ipnotico che ha esercitato una rilevante influenza sulla vita e sul costume degli Italiani.
Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, fine anni '80
Come può essere definita la sua statura di imprenditore?
A mio parere, non è stato un grande imprenditore, nel significato che generalmente si attribuisce a questa parola. Come dimenticare che il primo atto compiuto appena giunto al potere nel 1994 è stata la depenalizzazione del falso in bilancio! Io parlerei di una grande fortuna che lo ha accompagnato anche nelle vicende più controverse e difficili. Naturalmente, ha saputo gestirsi nella maniera più consona alla sua cultura e alla visione delle cose.
Silvio Berlusconi si è sempre definito un liberale ed ha fatto della libertà, intesa in tutti i sensi, il faro della sua navigazione. Ma è proprio così? Recentemente, in un messaggio televisivo rivolto ai militanti di Forza Italia, ha dichiarato che loro erano i santi della libertà, perché lo stigma che portavano era indistruttibile. Ha destato molte perplessità questa affermazione.
E’ stato un uomo molto abile che ha usato il potere anche per fare i suoi affari. Le relazioni personali erano finalizzate ad accrescere la sua influenza nella società, prima milanese e lombarda e poi nazionale. E’ stato molto abile nell’attività imprenditoriale, ha fiutato sempre gli affari importanti, in questo aiutato da numerosi collaboratori e consulenti, ma le scelte erano sempre le sue. In questo quadro si aggiunge il pragmatismo e quella cultura del fare del capitalismo familiare tipico della provincia italiana. Non dimentichiamo che Fininvest prima e più ancora Mediaset ruotano sulle figure familiari, dando una dimensione da holding di famiglia alla complessa rete di società e aziende nei campi delle telecomunicazioni e dell’editoria.
Assieme alla ex moglie e madre dei suoi figli, Veronica Lario
E’ stato un vero democratico?
No, se per democratico s’intende anche essere formatore di dirigenti, di classe politica, di cultura economica e d’impresa. Forza Italia è un partito azienda, con un padrone che detta le regole, stabilisce i tempi e determina le azioni. Essere democratici vuol dire, come insegna Platone, operare in funzione collettiva. Proprio per questo, lo stesso Platone sostiene nella Repubblica che non bisogna dare il potere a chi lo desidera.
Ma democrazia è anche regole, procedure, contrappesi…
Sì, ma non dimentichiamo che la democrazia non deve trascurare la crescita economica e sociale delle popolazioni, l’affermazione dei diritti di uguaglianza e giustizia sociale e quindi sostenere le lotte per la conquista di questi valori e la loro difesa nel tempo.
In questo senso, si può parlare dello sdoganamento della destra post fascista nel 1993 come un avvenimento storico?
Sdoganare il post fascismo non è un vero e proprio merito. Quella operazione rientra nel fiuto politico di Berlusconi, di cui parlavo prima. L’Italia non ha fatto i conti con il fascismo, con la eredità di quella politica e delle scelte che hanno esercitato profonda influenza sulle coscienze degli Italiani. La Germania ha saputo fare i conti con il proprio passato, molto più di quanto si creda. E comunque decisamente più dell’Italia. Non vorrei essere frainteso, ma un regime può vivere a lungo, anche dopo la sua morte. In generale, il processo di liberazione dal passato deve andare in profondità e soprattutto deve essere continuo. La Germania lo ha fatto, l’Italia no. Bisogna dirlo con chiarezza.
Con Gianfranco Fini
La coerente scelta atlantista di Berlusconi è stata scalfita dal suo precedente rapporto con Vladimir, in cui l’aspetto affaristico appariva prevalente su quello politico.
Berlusconi è stato amico e socio in affari di Putin. Si ospitavano a vicenda in Sardegna e in Siberia. Restano celebri le foto con i pesanti colbacchi di pelliccia che hanno fatto tanto folclore. Ma dietro c’erano solidi contratti economici e commerciali. Come terza componente del governo di centro-destra, Berlusconi non poteva andare oltre nella rivendicazione amicale con Putin.
con Vladimir Putin
Nella visione che si ha dall’esterno, in Forza Italia prevale la politica o gli affari della famiglia Berlusconi condizionano il suo gruppo dirigente?
Nella società contemporanea, i nuovi gruppi dirigenti non si formano sui libri e nelle aule universitarie, ma negli studi televisivi, puntando sull’immagine, sull’appeal della forma, sul fascino del corpo. È chiaro che la dimensione ideale di Berlusconi e di Forza Italia si riflette sul gruppo dirigente, selezionato non tanto sul territorio, inteso come campo di lotta e di governo per il bene collettivo, ma sul gradimento estetico e puramente formale.
Ma l’economia di mercato non resta ancora oggi un valore?
Quale economia di mercato! Oggi il mercato è in mano a pochi grandi gruppi globali che non hanno identità e patria e che dominano i paradisi fiscali. L’economia di mercato, questa economia di mercato tracima e trasforma la società, togliendo identità a intere nazioni e popolazioni.
Cosa resta del partito-azienda?
Forza Italia è stata una grande invenzione. Ha utilizzato uno slogan sportivo al quale milioni di Italiani erano legati. Oggi si grida Forza Azzurri, proprio per non correre il rischio di essere considerati sostenitori di Berlusconi. Ora che il fondatore non c’è più, è difficile dire cosa succederà.
Si può parlare di un modo nuovo di presentare l’offerta politica, al di là dei contenuti?
Certamente bisogna riconoscere che con Berlusconi è stata anticipata la politica del corpo, dell’involucro, per cui vince la faccia più simpatica, il sorriso più accattivante, lo slogan più efficace… Tutto questo ha avuto e continua ad avere una influenza enorme sul pubblico medio. Non c’è dubbio che Berlusconi e Forza Italia hanno riflesso questa concezione come uno specchio. Se si aggiunge la straordinaria capacità camaleontica, la duttilità nell’adattarsi ad ogni situazione, il gioco è fatto.
Berlusconi con Bossi e Tremonti in Parlamento, durnate il suo primo governo
Tutto questo può essere definito “berlusconismo”?
Il berlusconismo non è un fenomeno a se stante, ma si incista, fiorisce, nasce e si moltiplica nei mille rivoli della liquefazione degli ideali. È tutto quello che ho ricordato prima. Non bisogna dimenticarlo, soprattutto adesso che Berlusconi non c’è più.
Berlusconi "privato". Qui quando si presentò in Sardegna con la famosa banadana
Cosa succederà con l’intelligenza artificiale?
Questo è il tema del futuro che è già cominciato. I pericoli sono enormi, devastanti già oggi in tutta la loro portata. Il rischio è il venir meno dell’intelligenza naturale. Chi controllerà la macchina intelligente e chi saprà intervenire per correggerne le distorsioni? Questa è la vera sfida dei prossimi anni. Che sono già cominciati.
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