I tragici avvenimenti di questi giorni, purtroppo ancora in corso con esisti sanguinosi incredibili, consigliano di studiare il recente passato nella storia del Medio Oriente e della questione arabo-israeliana prima e isreaeliano-palestinese dopo. Tutto si è complicato nel passaggio tra lo stato di Israele dopo la "guerra dei sei giorni" del 1967 e la guerra dello Yon Kippur nel 1973 che ha portato alla nascita dell'Autorità Nazionale Palestinese. La comunità internazionale e le istituzioni pubbliche preposte al controllo e alla soluzione dei conflitti locali, a cominciare dall'ONU, non sono riuscite o non hanno voluto impegnarsi a fondo per obbligare le parti ad un accordo definitivo.
La nascita di Hamas ha ulteriormente complicato lo scenario in Terra Santa e in Medio Oriente, consentendo che questo gruppo politico-militare si impadronisse dei territori della Striscia di Gaza, imponendo la sua ferrea governance su circa 2.500.000 palestinesi compressi in in un territorio molto ristretto. Nel frattempo, l'Autorità Nazionale Palestinese è andata indebolendosi, mentre Israele, attraverso la politica espansionista e aggressiva, occupava sempre più le terre della Cisgiordania, insediando kibbuzzim e villaggi ebraici.
La polveriera è andata crescendo, con ritorsioni da ambo le parti, ma con sempre più carattere terroristico da parte di Hamas.
Sabato 7 ottobre 2023 la polveriera è esplosa, inaspettatamente. Con incredibile violenza e crudeltà. Hamas, attraverso i suoi spietati miliziani addestrati per combattere senza pietà, ha seminato morte e distruzione nel territorio israeliano, compiendo una strage inaudita, senza precedenti. Non è stato risparmiato nessuno. Neanche i nazisti si sono comportati con tale spietatezza durante i rastrellamenti nelle zone occupate in Europa, né contro gli ebrei né contro la popolazione civile.
La reazione israeliana è certamente in parte giustificata dall'efferatezza con cui ha agito Hamas, anche se le regole internazionali vanno rispettate a prescindere. Alla violenza mortale di Hamas si risponde con altrettanta violenza, ma salvaguardando – si spera – la popolazione civile per quanto possibile.
La follia della guerra. Illustrazione Marco Varriale
Mentre scriviamo le azioni militari israeliane su Gaza sono in corso e tutto lascia presumere che l'intera Striscia sarà militarmente occupata dall'Esercito israeliano. Il problema è cosa succederà dopo. Ma è prematuro fare supposizioni.
Questo saggio di Felice Cipriani – del dicembre 2012 – che ha visitato ed ha vissuto circa quindici anni fa quelle zone martoriate, è un utilissimo contributo per capire come si è arrivato alla situazione attuale. Grazie a Felice Cipriani per questo prezioso contributo e per l'autorizzazione alla sua pubblicazione.
(Agostino Bagnato)
NE CON HAMAS NE CON IL GOVERNO ISRAELIANO, MA CON I PALESTINESI E ISRAELIANI CHE CREDONO NELLA POSSILITA’ DELLA CONVIVENZA DEI DUE POPOLI
Sono giorni che pensavo di scrivere una nota sul conflitto Israelo Palestinese, vista l’esperienza acquisita sul Medio Oriente, negli anni in cui sono stato segretario del Centro Italo Arabo e del Mediterraneo “Assadakah” (Amicizia). Ma l’incertezza mi prendeva sempre nel pensare che in poche righe non sarei riuscito a spiegare fino in fondo il mio pensiero. Ancora oggi questa incertezza permane; comunque ci proviamo: Le polemiche tra Arabi e Israeliani ebrei iniziano già nell’attribuzione storica della terra di Palestina. “Terra dei Kenizzei, Amorrei, Ittiti, Ferezei, Gergesei, Hivvei e Cananei per gli Arabi, terra dei padri per Israele. Leggendo la Bibbia può aiutare a capire meglio la vicenda.
La storia di questi popoli è stata sempre tumultuosa e drammatica. Quello di Israele ha subito nei secoli le sopraffazioni e le umiliazioni e nel XX° secolo la tragedia della Shoah. Quello palestinese l’occupazione Ottomana, la colonizzazione straniera e infine la cacciata da alcuni territori da parte di Israele. Gli ebrei di Israele non solo hanno subito la tragedia dello sterminio, ma una volta finita la guerra, quelli salvatisi e quelli rientrati nei Paesi dell’Est hanno subito l’onta dell’emarginazione. In alcuni casi come gli ebrei Ungheresi, Boemi e Cechi, nati sotto il regno asburgico, si sono visti consegnare dai regimi comunisti il documento di riconoscimento in cui era scritto: tedesco ed ebreo. Anche in Russia vi è stata una sottile persecuzione verso le persone di religione ebraica. Questo ha favorito, quando è stato possibile, l’esodo verso Israele che si è rivolto contro il popolo palestinese. Nel 1967 a Gerusalemme Est non vi erano abitazioni per gli ebrei, mentre per gli arabi ve ne erano 21.490, nel 2000 per gli arabi sono salite a 24.000 e gli ebrei sono 42.000. Un documento municipale rivela che tra il 1990 e il 1993 sono stati costruiti 9.070 appartamenti di cui soltanto 463 per gli arabi (5,1%). Nel 1991 la percentuale è stata dell’8,5%, nel 1992 del 9,3%. I coloni, provenienti soprattutto dai Paesi dell’Est sono andati a occupare nuove terre sia per allargare gli insediamenti esistenti che per costruire dei nuovi. Nel 1967 sono stati confiscati 17.500 dunum che appartenevano a privati arabi in base all’ordinanza sulla terra del 1943, con finalità pubbliche. Il piano regolatore per i quartieri palestinesi è di lunga gestazione. Dopo 35 anni dall’occupazione (2002) nessun piano è stato portato a termine mentre ne sono stati approvati numerosi per gli ebrei immigrati a Gerusalemme Est e Ovest. Per i servizi come acqua, rilascio licenze, allacci fognature più di qualche difficoltà per gli abitanti arabi. Tutto questo non favorisce un clima sereno tra le varie comunità ed etnie.
Grandi questioni:
Gli Arabi hanno tradito la causa palestinese. La gran parte di questi Paesi hanno strumentalizzato la causa del popolo palestinese per i loro interessi politici ed economici. I governi dei Paesi arabi avevano molte opportunità, escludendo le armi, per sostenere i diritti dei palestinesi e non l’hanno fatto. Hanno tenuto in sospeso la causa come forma ricattatoria, verso Israele e l’Occidente.
Perché gli arabi del tempo spinsero i palestinesi a lasciare le loro terre, dicendo che ci avrebbero pensato loro poi a liberarle? La cosa non avvenne. Perché gli arabi hanno disarmato i palestinesi che volevano combattere? Perché l’Egitto e la Giordania si divisero quello che rimaneva della Palestina? Perché la Giordania scacciò i Feddayin in Jerash? Perché i libanesi e siriani cercarono di farlo anche a Beirut? Perché non ci fu un minimo intervento contro l’invasione del Libano a opera di Sharon? La Palestina è stata una carta nelle mani dei regimi arabi, una carta di maggiore importanza, era in qualche modo l’asso nella manica e lo hanno tenuto per giocarlo nei momenti propizi, ma purtroppo non in favore della Palestina. L’hanno giocata per far girare i loro conti, i loro conti nelle banche americane e svizzere, per ingannare i loro popoli, di fronte ai quali non hanno mai avuto la minima debolezza.
Israele sbagliando non ha mai capito che anche i palestinesi erano una vittima della storia e di uomini spregiudicati. Israele, avrebbe dovuto tendere una mano ai palestinesi, rendere meno dura l’occupazione e sottrarli dal gioco arabo e non dimenticare, come disse l’onorevole Bettino Craxi: “I popoli quando prendono coscienza della propria identità, rifiutano il dominio straniero e ancor più le occupazioni militari che si protraggono per decenni. Presto o tardi, giunge sempre l’ora della ribellione e contro le ribellioni popolari non servono né l’arresto né l’uccisione dei loro capi, né la demonizzazione delle élite politiche e delle organizzazioni militanti che interpretano la coscienza diffusa di un diritto e di una causa nazionale, anche quando esse si possono essere rese responsabili di tragici errori e alla lunga, come la storia insegna, non serve neppure la superiorità dei mezzi militari”. Nel gennaio del 2006 ho visitato il campo profughi palestinese di Borg el Baranje, vicino a Sabra Chatila, Beirut. Rare volte ho visto una situazione così fatiscente precaria. Ne ho visti di campi profughi in Cambogia e Africa ma una situazione così in un centro urbano non mi è mai capitata. Una condizione che hanno fatto dire ad Andreotti. “ se fossi palestinese e vivessi in un campo profughi potrei essere anch’io un terrorista.” A marzo del 2007 con l’associazione “Motoforpeace” ho collaborato a portare delle ambulanze, delle apparecchiature medicali, medicine e materiale scolastico a questo campo che ha visto una tragedia molto simile a quella del ghetto di Varsavia. Le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika alle 18:00 circa del 16 settembre 1982, entrarono nei campi profughi di Sabra e Shatila. Il giorno prima, l'esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti degli edifici vicini. Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell'esercito libanese in un'indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti. In quel luogo non vi è un monumento, una lapide che ricordi il genocidio a ricordare quella fossa comune.
La politica militaresca e la mano pesante di Israele non hanno fatto altro che favorire la crescita di forze eversive e terroristiche all’interno dell’OLP. Hamas è il risultato. Un’organizzazione quest’ultima che sin dal suo sorgere ha avuto il solo obiettivo della distruzione di Israele. Una follia demagogica e illusoria. Israele si può ridimensionare solo con la politica e il sostegno internazionale. Invece di utilizzare la vittoria elettorale e la governance della striscia di Gaza per migliorare le condizioni di vita del popolo palestinese si è preoccupata di distruggere le Sinagoghe, cosa che ho fortemente criticato nella rivista di Assadakah. Invece di costruire scuole e fabbriche ha acquistato armamenti, costruito bunker e rifugi per l’élite e non per il popolo. Ha inviato palestinesi a combattere in Siria contro Hassad a fianco di quelli integralisti che uccidono i cristiani.
Angiolo Marroni, dirigente politico e amministratore pubblico, incontra Yassir Arafat, presidente dell'OLP. Attualmente Marroni è presidente dell'Accademia Internazionale di Arte Moderna e membro del Comitato di Redazione della rivista "l'albatros"
Da www.formiche.net: “Ma Hamas non è solo i missili lanciati verso Israele: l’organizzazione è molto di più. Il riferimento non va alla sezione “welfare” e a quelle dedicate ai programmi sociali – tanti organi di propaganda, quanto attività di sostentamento alla popolazione di Gaza – ma è diretto alle varie ramificazioni della struttura militare. A cominciare, per esempio, dal sistema di approvvigionamento armi e di addestramento (Al-Mujahiddin alFilastinun), per continuare con il Jehaz Amam, un servizio segreto interno finalizzato al controspionaggio. Poi ci sono i combattenti, secondo le stime israeliane sarebbero qualche centinaio, tutti stipendiati. Una struttura organizzata – lontana dalla spontaneità – il cui bilancio fu stimato nel 2009 dal Council of Foreign Relations in 70 milioni di dollari all’anno. Invece il bilancio pubblico di Gaza è di circa 500 milioni, e viste le ristrettezze economiche, molto spesso dipendenti pubblici, maestri, medici, eccetera, restano senza stipendio: i combattenti mai”.
Attaccare Israele da parte di Hamas in questo frangente è stata una follia, che sta pagando duramente il popolo palestinese. La reazione del Paese della stella di David al lancio di missili è stata esagerata e spropositata. E’ vero che Hamas si è fatto scudo delle strutture civili, schierando armi nei quartieri popolari, però esiste, viste le tecnologie che dispone, un modo diverso e meno devastante di neutralizzare il nemico. Si ha l’impressione che questo nuovo Paese di origini antiche non abbia in seria considerazione la vita degli altri e troppe volte usi le bombe deficienti. Sono stato a Cana nel sud del Libano nel 2007 e anche lì negli anni precedenti vi era stata una strage operata dall’aviazione israeliana, che aveva bombardato un Centro di Raccolta e operativo delle Nazioni Unite, uccidendo decine di ragazzi e altrettanti di donne e anziani che li si erano rifugiati. Sono in possesso di decine di foto della strage che non ho mai pubblicato.
Israele non deve dimenticare, che nei sondaggi promossi da molti istituti europei sulla stabilità del Medio Oriente e sui conflitti con i Palestinesi la sua immagine non ne esce bene. Si fa un bel dire di domande fatte in modo sbagliato o del numero esiguo degli intervistati. Purtroppo quasi la metà degli europei hanno la percezione che Israele sia fonte di instabilità dell’area medio orientale e che il livello di democrazia di quel Paese non sia ai massimi livelli. Questo hanno detto i sondaggi del 2003, 2012. Quindi non rinviamo alla semplificazione dell’antisemitismo latente negli europei, che si ripropone periodicamente. Chi scrive è una persona che dedica molto tempo a ricordare la tragedia subita dagli ebrei nell’ultima guerra e si batte contro tutte le forme d’intolleranza e di razzismo.
Un discorso a parte meriterebbe l’Europa deficitaria di azioni politiche e incapace ad intraprendere iniziative che favoriscano la pacificazione e la sicurezza per Israeliani e Palestinesi. Ma parlare di Europa adesso significa parlare di Euro, banche, caciotte, cioccolata, quote latte e mucca pazza. Sono argomenti che conosco poco.
Felice Cipriani 10/12/2012
Articolo per il Centro Italo Arabo Assadakah