Intervista sul Medio Oriente a Neliana Tersigni, inviata di guerra. Con il commento dello psichiatra Giuseppe Riefolo Di Roberto e Ludovico Pippan



Israeliani e Palestinesi sono come cugini che si odiano. Se un giorno dovessero trovare la pace e convivere in due stati separati che collaborano scoprirebbero di avere più cose in comune di quanto credano e diventerebbero una straordinaria potenza economica. Ne è convinta Neliana Tersigni, che fin dagli anni 80 è stata inviata di guerra in medio oriente e per 10 anni a Gerusalemme. Nella sua lunga carriera di giornalista ha prodotto per il tg3 reportage dal Libano, sulle ultime fasi della guerra israeliano-palestinese nella fine degli anni 80, ha seguito la prima fase dell’intifada palestinese e, ancora, il ritorno di Arafat, l’assassinio di Rabin , la guerra del golfo. Nel 1992 ha raccontato dei missili irakeni su Tel Aviv. È stata anche corrispondente da Mosca, Berlino e negli ultimi anni da Il Cairo dove attualmente vive.

Una vita difficile la sua?
Ho fatto per tanti anni questo mestiere, non per soldi, non per carriera ma perché amo questo lavoro sebbene lo abbia pagato a caro prezzo. Non ho potuto avere una famiglia e fare dei figli. Sto più al Cairo che a Roma, in questi giorni romani mi manca molto il Nilo che è un fiume bellissimo. L’Egitto è un paese che ha una tradizione multi religiosa. Un personaggio che ho incontrato nella mia vita professionale mi ha detto di avere una famiglia metà ebrea, metà mussulmana e di aver sposato un cristiano. C’era molta più tolleranza prima che arrivassero i “fratelli mussulmani”.

Che cos’è Hamas per lei?
È una creatura dei fratelli mussulmani Prima di essere un’organizzazione terroristica Hamas era un partito politico che aveva vinto l elezioni a Gaza: Ero presente quando nacque Hamas, gli israeliani fecero un grosso errore, preferirono le persone che pregavano in moschea ai politici dell’OLP. Invece con i politici si può sempre discutere mentre con chi prega è più difficile. Hamas controlla la striscia di Gaza, lunga 12km e larga 4km e sovrappopolata, è inevitabile che ogni missile faccia dei morti trai civili. I bombardamenti uccidono molti terroristi ma siccome sotto le bombe rimangono anche molti civili, è possibile che questo provochi ulteriore odio e quindi la nascita di nuovi terroristi.

Secondo lei i Palestinesi sono ostaggio di Hamas oppure la seguono?
Prima erano ostaggio adesso secondo me la seguono.

Hamas ha pianificato per due anni questa terribile aggressione. È casuale la data in cui è avvenuta?
No secondo me non è casuale. Il 7 ottobre è l’anniversario della battaglia di Lepanto avvenuta nel 1571 nel golfo di Corinto, vicino la cittadina di Lepanto, tra la lega santa ( Chiesa, Spagna, Venezia e Genova) e la flotta turca. Vinse l’alleanza cristiana dopo 7 ore di battaglia. Hamas secondo me ha ben pensato a questa data.

Durante la sua carriera ha avuto momenti di terrore come quello attuale?
L’uccisione di Rabin da parte di estremisti israeliani mi fece molto effetto, causò un grosso passo indietro nel difficile processo di pace tra questi due popoli. Rabin, che era un uomo forte, era amico di Arafat e la sua morte fu un duro colpo per tutti.

L’Iran sostiene Hamas e ambisce a sostituire l’Arabia Saudita come paese leader del medio oriente, allo stesso tempo l’Arabia Saudita aumenta i rapporti commerciali con Israele e prima del 7 ottobre sembrava quasi stesse per riconoscere lo stato di Israele. Secondo lei come potranno evolversi i rapporti, già molto tesi, tra questi due paesi?
Temo che sia altamente possibile che si arrivi a una guerra tra Iran e Arabia Saudita, sono molto preoccupata anche perché l’Iran è una potenza atomica cosi come lo è anche Israele.

Mentre era in Israele ha conosciuto terroristi che poi sono finiti in prigione?
Si ho conosciuto Marwan Barghuthi, politico dell’OLP e uomo molto intelligente. Inizialmente supportò il processo di pace israeliano palestinese per poi, deluso, divenire uno dei leader della seconda intifada, fino ad essere accusato dalle autorità militari israeliane di essere un terrorista responsabile di molti attacchi contro obiettivi militari e civili israeliani. Nel 2002 venne arrestato dalle forze di difesa israeliane, processato e condannato all’ergastolo per omicidio. Lui si rifiutò di difendersi sostenendo che il tribunale che lo accusava fosse illegale e illegittimo.

È insanabile l’odio tra ebrei e palestinesi?
C’è una grossa differenza tra ebrei e israeliani. Non tutti gli ebrei sono a favore della politica israeliana. Vi racconto un episodio Quando Arafat riconobbe lo stato di Israele io andai accompagnata da una troupe israeliana in un paese a maggioranza cristiana vicino Betlemme, una signora uscí dalla propria casa urlando “gli israeliani sono terroristi”, poi mi invitò a prendere un caffè in casa sua; io le risposi di si ma che non ero sola perché accompagnata dalla mia troupe di ebrei. Lei mi disse che potevano entrare tutti perché non era arrabbiata con gli ebrei ma con gli israeliani.

A parte l’odio, hanno qualcosa in comune israeliani e palestinesi?
Secondo me gli ebrei e i palestinesi hanno una mentalità molto simile, quasi come se fossero dei cugini. Hanno lo stesso senso degli affari e la stessa mentalità dal punto di vista economico. Sono convinta che se un giorno si unissero diventerebbero una potenza economica senza eguali. Sarebbe per me un sogno ma non credo che ce la possano fare.

Qual’è stato uno dei momenti più belli che ha vissuto durante quei dieci anni da inviata in Israele?
Il ritorno di Arafat. Ricordo che ci fu una folla immensa ad accoglierlo, è stato un momento di grande gioia per me e anche per tutti i palestinesi che erano in festa. Anche gli israeliani erano contenti perché vedevano in Arafat una speranza di pace. Pensi che questa speranza sia del tutto svanita? Esiste la possibilità di una pace? Sia ebrei che musulmani credono nella legge del taglione “occhio per occhio dente per dente” Hamas è incurante della vita umana. In Israele prima del 7 ottobre c’erano diverse manifestazioni contro Netanyahu anche se non credo che se ne sarebbe andato facilmente. Secondo me lui non vuole la pace, non credo farà mai alcun compromesso o accordo. Ricordo quando una volta lo intervistai, era ancora un imprenditore, e aveva una foto di Arafat attaccata alla parete e gli tirava le freccette. Lo odiava davvero Inoltre devo dire che la geopolitica israeliana, a seguito dell’arrivo di molti ebrei di origine russa, ha avuto un notevole cambiamento in negativo. Questo perché gli ebrei russi erano contro le popolazioni e i paesi arabi e quindi anche fortemente anti palestinesi.

In questi giorni Stiamo vedendo moltissime manifestazioni pro Palestina pressoché in tutto il mondo. Secondo lei le leadership arabe dei paesi progressisti del golfo riusciranno a contenere questa ondata anti israeliana e continuare quel processo di pace con Israele che stavano portando avanti con gli accordi di Abramo?
Temo che queste proteste possano essere cavalcate. Vorrei anche aggiungere che mi preoccupano molto alcune manifestazioni pro Palestina nel mondo occidentale, in mezzo alle quali vediamo diversi cartelli che inneggiano ad Hamas, che è un organizzazione terroristica che ha rapito persino dei bambini. I bambini non si toccano.

Ha molto impressionato la ripresa televisiva di una ragazza che era stata sequestrata da Hamas e faceva parte degli ostaggi e che successivamente è stata liberata. Durante l’intervista la ragazza improvvisamente interrompe il suo racconto, paralizzata al sentir passare un aereo. Una reazione forte ad un grosso trauma. Cosa le fa pensare?
Non credo sia l’unica ad aver vissuto un esperienza di questo tipo e che lascia il segno. Penso che chiunque avrebbe avuto la stessa reazione, me compresa. Non dimentichiamo però anche il trauma di tutti quei bambini a Gaza che ogni giorno vivono sotto le bombe.

Se lei dovesse rivolgersi ai leader che in questo momento dettano le regole del gioco, cosa direbbe loro?
Paesi arabi, fate due stati su quella terra. Sono anche convinta che se gli israeliani e i palestinesi si frequentassero scoprirebbero di essere cugini. Hanno molte più cose in comune di quanto pensino. Purtroppo credo che non andranno mai d’accordo perché hanno due religioni diverse. Ma se i palestinesi dovessero fare uno stato illiberale, come giornalista, sarei la prima a denunciarlo.

L’episodio che abbiamo accennato della ragazza che improvvisamente interrompe l’intervista e si paralizza quando sente passare un aereo ci fa pensare che lo stesso trauma l’abbiano vissuto e lo stiano vivendo migliaia di persone che si trovano in quella zona di guerra. È possibile superare un trauma di questo tipo? E se si, in quale modo?
Secondo Lo psichiatra Giuseppe Riefolo della società psichiatrica italiana e presidente di SMES-Italia “il trauma è un esperienza che si impone nella vita, attivato improvvisamente da stimoli che riportano alla condizione emotiva di quando si ha sperimentato quel trauma stesso. È come se il tempo si fosse fermato. Non è possibile spiegarlo con la logica: si tratta di un corto circuito automatico che impedisce di pensare. Ci si chiede perché - continua lo psichiatra - israeliani e palestinesi non possano negoziare e trovare un accordo. Ora, alla radice del confitto vi sono traumi che si ripresentano concreti non appena vi sono azioni violente. In entrambi i casi si tratta di esperienze di negazione dell’ esistenza fisica dell’altro e persino di una comunità. A volte basta chiamare un soggetto “ebreo” oppure “mussulmano” che questo possa reagire minacciosamente. Il trauma è tanto più violento perché oltre al soggetto riguarda la sua comunità di appartenenza. La cura delle esperienze traumatiche si fonda su alcuni parametri: innanzitutto l’introduzione di una dimensione temporale che permetta di differenziare un prima e un dopo; in altre parole il soggetto deve riferirsi alla propria vita di ora, distanziarsi dalla vita “di allora”. Si tratta poi di trasformare la violenza concreta del trauma in sostituti che ne mantengano la violenza ma solo sul piano simbolico e non più concreto. In questo ambito l’arte, lo sport e la politica permettono all’esperienza del trauma di essere recuperata nella sua violenta conflittualità ma evitando il pericolo della propria sopravvivenza. Un neurologo di fine 800, Hughligs Jackson disse: “quando un uomo ha insultato un altro uomo e non l’ha ucciso, è nata la civiltà” Questo dovrebbe valere anche in medio oriente.

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