di Agostino Bagnato

La Russia sta perdendo la guerra? La controffensiva ucraina per la riconquista del Donbass e di Doneck sta procedendo con qualche successo, se sono vere le notizie che giungono dal fronte meridionale del conflitto. Vladimir Putin ha destituito altri quattro generali per gli scarsi risultati ottenuti nella conquista dell’Ucraina meridionale entro il 15 settembre del corrente anno. Segno evidente della preoccupazione che serpeggia nella testa dell’invasore e del disincanto della popolazione russa.

Le nuove armi giunte dall’Occidente e la strategia militare ucraina, legata anche alla perfetta conoscenza del suolo, stanno dando risultati positivi, da quello che si capisce dalle poche notizie che si hanno. Al contrario, l’esercito dei separatisti e l’Armata russa sembrano in evidente stato di difficoltà. Il morale dei soldati è bassissimo, gli armamenti appaiono inadeguati a confronto con quelli ucraini, i rifornimenti scarseggiano e i depositi di munizioni sono bersaglio dei missili e dei droni sempre più precisi e micidiali in mano ai militari ucraini.

L’inverno è alle porte. Tra poco cadrà la prima neve e coprirà città, boschi e compagne. Le difficoltà per gli occupanti aumenteranno. Vladimir Putin dispone ancora di molte risorse economiche e finanziarie, nonostante le sanzioni. L’export di petrolio e gas viene usato tatticamente e sapientemente e ciò favorisce la crescita delle risorse da destinare alla guerra e contemporaneamente al benessere della popolazione. Ma nel lungo periodo i problemi di approvvigionamento aumenteranno, aggravando la dipendenza dalla Cina e probabilmente anche dall’India. Sperare nell’aiuto dell’inverno per allentare le restrizioni sanzionatorie e illusorio: l’Occidente e l’Unione Europea appaiono ancora compatte contro la Russia. Si può giudicare come si vuole questo aspetto della politica dell’Europa e dell’America, ma questa è la realtà.



Cosa potrà accadere nelle prossime settimane? Se così stanno le cose, la Russia non potrà resistere a lungo, salvo pagare costi elevatissimi, che probabilmente la popolazione non sarà disponibile a sopportare. I morti hanno raggiunto la cifra di circa 50.000 unità: tantissimi giovani sacrificati sull’altare di un sogno che sembrava realtà imminente e che, al contrario,  si sta rivelando un vero e proprio incubo. Probabilmente la delusione maggiore per le autorità del Cremlino e per tanta parte della popolazione russa è scoprire che gli ucraini non vogliono avere niente a che fare con la Russia e con i russi. Ogni giorno che passa crescono il risentimento, l’astio e l’odio verso il popolo slavo che era considerato fratello e protettore, come al tempo della guerra dei cosacchi contro polacchi, svedesi e  lettoni.
Non resta che cercare una dignitosa via d’uscita, attraverso la strada della diplomazia. Un compromesso che prenda atto della realtà. Salvo ricorrere al reciproco disastro nucleare, qualche volta incautamente minacciato da Dmitrij Medvedev, vice responsabile della Sicurezza della Federazione Russa, in pratica il vice di Putin. Joe Biden, Ursula von der Leyden, Liz Truss, l’Occidente dovrebbero capire che il baratro rischia di avvicinarsi velocemente. La trojka sbrigliata, sfuggita di mano al Čičikov attuale, rischia di sfasciarsi e di precipitare. Molti stanno lavorando per questo obiettivo, irresponsabili che vogliono  vedere la Russia smembrarsi e diventare una realtà politica ininfluente, alla mercé dei nemici di sempre, mongoli, cavalieri teutonici, ottomani, anglo-americani e NATO, oggi sotto nuove insegne statuali.

Russia, torna alla ragione! Non sacrificare la vita di migliaia di ragazzi biondi e dagli occhi azzurri per una causa che santa non è e non potrà dare frutti, stante le cose per come stanno! Ammesso che l’operazione militare speciale possa concludersi con un successo militare qualsiasi, come farai a mantenere i territori conquistati se la popolazione sarà perennemente ostile? La resistenza e la guerriglia porteranno ulteriori morti e distruzioni.


Un prigioniero russo viene rapidamente "schedato" scrivendo il suo nome sulla fronte

Non fermare la storia, ma assecondala pragmaticamente, sull’insegnamento dei grandi reggitori del passato. Il tempo dirà se la Piccola Russia degli zar sarà parte della grande famiglia slava ortodossa, oppure prenderà la strada delle pianure occidentali, delle città e dei villaggi verso il Danubio e l’Europa occidentale, come sembra che stia per accadere!
Il cantiere è tutto da costruire. E non si vedono costruttori di pace all’orizzonte. Un grande vuoto si è venuto formando sul pianeta Terra, colpevole di avere creduto troppo in se stesso, probabilmente. Attualmente il cantiere attende facitori di speranza e di benessere che soltanto con la pace è possibile ottenere.  Il cantiere è un cumulo di macerie annerite dal fuoco delle bombe e dal sangue di decine di migliaia di figli di questa terra leggendaria che merita pace e prosperità, uomini carichi di dignità che la sappiano guidare per essere se stessa e non la colonia militare di spregiudicati arrampicatori della speculazione e dell’opportunismo.

Roma, 5 settembre 2022

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