Il 5 maggio 1818 nasceva a Treviri, cittadina tedesca di origini romane, il grande filosofo Karl Marx, uno dei più grandi pensatori del tempo moderno, padre del materialismo storico e del comunismo

Proletari di tutto il mondo, unitevi!
Proletarier aller Länder , vereinigte euch!
Пролетарии всех стран, соединяйтесь!
Workers of all Lands, unite!
Prolétaires de tous les payes, unissez-vous!

Karl Marx – Friedrich Engels
Manifest der Kommunistische Partei (1848)

di Agostino Bagnato

Karl Marx, chi non lo conosce! Ma chi ha letto e studiato le sue opere principali negli ultimi anni? Al massimo, ci si limita a leggere il Manifesto del Partito Comunista del 1848. Il suo incipit è ancora nella memoria di milioni di persone, di ogni ceto e continente: «Ein Gespenst geht um in Europa – das Gespenst des Kommunismus. Alle Mächte des alten Europa haben sich zu einer heiligen Hetzjagd gegen dies Gespenst verbündet, der Papst und der Zar, Metternich und Guizot, französische Radikale und deutsche Polizisten» (Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi, si sono alleati in una santa caccia spietata contro questo spettro). Il capitale è materia per esperti, raffinati economisti e storici di teorie economiche. Per non parlare di altre opere di carattere filosofico, anche se si tratta dell’opera più citata.

Eppure, il pensiero del professore di Treviri[1], «Er Professor» come veniva chiamato, ha rappresentato la novità fondamentale nella cultura e nella politica degli ultimi due secoli. In Italia il nome di Marx giunge attraverso Mikhail Bakunin[2] da un lato e Giuseppe Mazzini dall’altro. In ambito molto più ristretto è oggetto di attenzione da parte di studiosi di storia della filosofia, in particolare attenti all’evoluzione del pensiero hegeliano nella cultura kantiana prevalente negli studi di filosofia in Italia. La nascita dell’Internazionale socialista nel 1864 a Londra coinvolge l’Italia appena unita, ma la contrapposizione tra Marx e Mazzini rallenta la penetrazione delle idee socialiste. Prima il principe russo Mikhail Bakunin e i suoi seguaci, tra cui Anna Kulišova, nota con il nome italianizzato di Kuliscioff, portano il messaggio marxiano, interpretandolo in chiave anarchica e insurrezionale, in chiaro contrasto con l’impostazione ideale e programmatica dello stesso Marx. Andrea Costa e soprattutto Filippo Turati avviano la svolta decisiva nella diffusione del pensiero politico di Karl Marx, partendo dalla fondazione del Partito Socialista Italiano nel 1892, introducendo quegli elementi di riformismo che segneranno per sempre il dibattito e le divisioni della sinistra italiana. Dopo la tragedia della Comune di Parigi e le contrapposizioni che ne sono seguite su quale dovesse essere la strada più giusta, per organizzare la lotta e per ottenere risultati concreti nella battaglia per l’emancipazione dei lavoratori e per la aumentare il peso politico del proletariato, sarà Vladimir Il’ič Ul’janov, Lenin, a capire che senza un partito organizzato e disciplinato sarebbe stato impossibile condurre in modo efficace la lotta di classe e portare il proletariato al potere, abbattendo il vecchio ordinamento borghese e il capitalismo, di cui era la conseguenza sul piano economico. Ma quello che ne è seguito ha poco a che vedere con il pensiero di Karl Marx!

Come parlare oggi di marxismo? Duecento anni dopo la nascita del filosofo di Treviri, coloro che ne hanno decretato la morte culturale e politica, si debbono ricredere. Gli studi sulla sua figura e sul ruolo svolto nella cultura e nella politica del XX secolo si sono intensificati. Non si tratta di un revival sentimentale, ma della constatazione che la grandissima parte dei problemi economico-sociali che ha provocato la riflessione e la proposta politica di Karl Marx è tuttora presente e su alcuni aspetti si è addirittura aggravata, a causa delle contraddizioni del capitalismo e delle conseguenze della globalizzazione. Le edizioni delle sue opere fondamentali s’intensificano. Gli studi sui materiali d’archivio e sugli appunti di lavoro stanno andando avanti con rigore scientifico, da quello che si conosce.

In Italia, Il manifesto del Partito Comunista è apparso per la rima volta nel 1891 con una prefazione di Pietro Gori, mentre l’edizione più appropriata è quella del 1947 pubblicata dalle edizioni Rinascita nella traduzione di Palmiro Togliatti. Il Capitale è apparso nel 1879 sotto forma di opuscolo con il titolo di Compendio del Capitale, a cura di Carlo Cafiero. Bisogna aspettare il 1964 per avere un’edizione completa e aggiornata, in III volumi, da parte degli Editori Riuniti, curata da Delio Cantimori. La fortuna di Karl Marx è fondamentalmente legata a questo due opere, mentre gli altri studi, condotti quasi sempre in collaborazione con Friedrich Engels, sono destinati ad ambienti ristretti di studiosi e di esperti di storia della filosofia, del pensiero politico ed economico. Si tratta comunque di lavori di grande spessore culturale che segnano la grandezza del pensatore di Treviri. Ben consapevole di questa rilevanza, il filosofo Antonio Labriola, in polemica con i circoli positivisti, veniva propugnando nella seconda metà dell’Ottocento, un severo studio sul materialismo storico e sull’importanza della formazione culturale in chiave progressista, fornendo un contributo decisivo all’affermazione del pensiero socialista in Italia. Saranno Benedetto Croce e Giovanni Gentile a tornare sull’argomento, ma in particolare Antonio Gramsci nella prima metà del Novecento, che dal chiuso della prigione di Turi con i Quaderni del carcere, saprà fare sprigionare le potenzialità più autentiche al marxismo come chiave di lettura e di interpretazione della realtà nazionale, fornendo alla cultura italiana, europea ed occidentale strumenti inediti per l’avanzamento delle idee più autentiche ed originali sul piano della democrazia politica.

Il resto è storia dei nostri giorni.

MARX IN OGNUNO DI NOI

Cosa resta di Karl Marx a distanza di duecento anni dalla nascita? La sua grandezza, verrebbe da rispondere. Ognuno di noi ha incontrato la figura del grande pensatore a proprio modo, sulla base del contesto sociale e territoriale di provenienza, in rapporto alle tradizioni della propria famiglia d’origine, dei propri studi scolastici e dell’approccio alla politica e al suo manifestarsi organizzato. Uno dei primi libri che ho preso tra le mani, in giovanissima età, è stato proprio il volumetto di Carlo Cafiero, ovvero il Compendio del Capitale, custodito nella libreria di famiglia nel piccolo centro di Caria, sul promontorio del Poro. Non ho capito una sola parola di quello che andavo leggendo, ma nonno Agostino, mio padre e i miei zii Alessandro e Rosetta mi parlavano di quel grande rivoluzionario tedesco sulle cui idee era stata compiuta la Rivoluzione d’ottobre e costruito il comunismo in Russia. Era quello che si doveva fare anche in Italia, e per questo c’era il Partito Comunista e un grande dirigente che si chiamava Palmiro Togliatti. Al Nord gli operai delle grandi fabbriche industriali e nel Mezzogiorno i braccianti del latifondo e contadini poveri che, guidati dal partito dal proletariato e dei lavoratori, avrebbero conquistato il potere. Intanto, il giovane Domenicantonio Bagnato era stato costretto a fuggire in Jugoslavia per evitare di essere arrestato, avendo diretto l’occupazione delle terre nel Vibonese. Era il prezzo che si doveva pagare alla causa della rivoluzione, si diceva!

Ma c’era un opuscolo ancora più importante, secondo loro, che avrei dovuto leggere e studiare, perché costituiva una sorta di Vangelo del nuovo tempo: Il manifesto del Partito Comunista. L’edizione era quella di Rinascita del 1947, proprio nella traduzione di Palmiro Togliatti verso il quale c’era una sorta di venerazione, con l’esclusione di zio Alessandro, la cui formazione anarco-socialista, nonché gli studi e i libri su Carlo Pisacane ed Errico Malatesta, lo portavano a criticare la dipendenza dei comunisti italiani da Iosif Stalin. Quel libro è stato davvero molto importante per la mia formazione nella prima giovinezza. L’utopia comunista, da predicazione astratta per come la si percepiva nella Calabria degli anni Cinquanta, diventava uno strumento organizzativo e di lotta ideale e culturale. Più che rivolta ai contadini e agli operai, intanto era indispensabile per la discussione tra gli studenti e nella contestazione delle idee più retrive di molti docenti, e poi nel comportamento nel contesto ambientale di provenienza, all’interno del quale l’egemonia era esercitata dalla chiesa cattolica e dai democristiani più conservatori. Quei due opuscoletti sono stati decisivi per il mio orientamento ideale, culturale e politico, oltre che per indirizzare l’impegno professionale che ne sarebbe derivato. Quanti libri, saggi, articoli, documenti ho letto sulla vita e sul pensiero di Karl Marx nel corso della mia vita! Eppure, non posso   affermare di conoscere bene la sua opera. Il suo pensiero è talmente esteso e profondo che richiede continui approfondimenti, aggiornamenti, verifiche critiche alla luce degli studi condotti da storici, filosofi, sociologi, economisti, antropologi, pedagogisti, psicologi e teologi. Non c’è angolo del mondo dove il suo nome non sia noto e le principali opere consultate. Bisogna riconoscere che non sempre il suo pensiero è stato correttamente interpretato ed applicato, a partire dalle teorie economiche. Nel nome del marxismo sono state attuate riforme, compiuto scelte e praticate misure molto lontane dallo spirito che ha caratterizzato la monumentale impalcatura del mondo di Marx e di Engels. Nel nome del materialismo storico sono state adottate teorie lontane dal suo modo di interpretare la storia e valutarne il peso nel divenire del tempo; così come sul piano economico il principio di proprietà dei beni di produzione è stato portato alle conseguenze estreme dell’esproprio generalizzato, ingenerando una egualitarismo pernicioso. Quanti “marxismi” sono stati elaborati partendo da Marx e quante teorizzazioni sul piano dell’egemonia culturale sono state praticate in Occidente, mentre nei paesi che avevano adottato l’economia pianificata nel nome della dittatura del proletariato, anche quando il proletariato era pressoché inesistente, si sono riscontrati pesanti limitazioni e seri danni alla creatività intellettuale e artistica. Fino alle degenerazioni dello stalinismo e della rivoluzione culturale maoista.

Tutte le volte che sono stato in Germania, per ragioni di lavoro, mi sono sempre proposto di visitare Treviri ed entrare tra le mura della casa dove era vissuto Karl Marx. Nello stesso tempo desideravo recarmi ad Aquisgrana e visitare nella grande cattedrale la tomba di Carlo Magno. Sono queste per me le figure più importanti della storia e della cultura tedesche. Non sono mai riuscito a realizzare questo segno. Così come non sono stato in grado di portare una rosa sulla tomba nel cimitero londinese di Highgate dove il filosofo è sepolto. A Londra egli è morto il 14 marzo 1883, assistito dalla generosità dell’amico e collaboratore Friedrich Engels. Ma «Er Professor» è sempre lì, giganteggia attraverso i secoli. Eppure, non posso dire di conoscere il pensiero di Marx e di Engels per come vorrei. Me ne rendo conto quando debbo spiegare in qualche occasione la differenza tra socialismo e comunismo, in termini teorici e astratti e in termini pratici. Non sono sufficienti le infinite citazioni dalle loro opere più importanti; gli esempi utilizzati in conferenze, assemblee, comizi, saggi, libri; i confronti con le teorie coeve e di quelle successive, dall’idealismo al positivismo, dalla spiritualismo all’utilitarismo, dal liberalismo all’esistenzialismo, fino al pensiero debole in quel finale del secolo breve che ha visto più guerre e catastrofi di tanti secoli lunghi e bui, anche se l’Europa è stata risparmiata da sanguinosi conflitti.

Mi piace definirmi «marxista non pentito», a differenza di tanti che dovrebbero pentirsi di essersi definiti marxismi quando era quasi obbligatorio esserlo, senza sapere di cosa si trattasse. Karl Marx è stato un baluardo del pensiero contro le fughe utopistiche del Sessantotto e le criminali aberrazioni del terrorismo, il ripiegamento del minimalismo e del pensiero debole, dopo le alienazioni dell’esistenzialismo. Marx resta un muro invalicabile per quanti vogliono affrontare il futuro senza impegno, lotta, sacrifici, sacrifici, organizzazione. Un esempio, una scuola, un modo di essere!

Non vi sono più i proletari da unire in ogni parte del mondo, perché il mondo è cambiato. Ma ci sono ancora gli oppressi in ogni nazione, i popoli assoggettati alla logica della globalizzazione della produzione e dei mercati dominati da società finanziarie che producono ricchezza di carta distruggendo quella materiale. A queste moltitudini parla ancora Karl Marx, magari attraverso coloro che ne hanno appreso correttamente l’insegnamento e sanno adattarlo alle condizioni del tempo presente.

Agostino Bagnato 

Roma, 3 aprile 2018

[1]Treviri, in tedesco Trier, è la più antica città della Germania, situata nell’attuale Land Renania Palatinato. E’ stata fondata dall’imperatore Ottaviano Augusto nel 15 a.C. con il nome Augusta Treverorom ed ha rappresentato il centro da cui si è irradiata la civiltà fino a che Aquisgrana, Aachen in tedesco, non è stata la sede del Sacro Romano Impero con Carlo Magno, a partire dal IX secolo. Le vestigia romane sono numerosissime e, nonostante le distruzioni della seconda guerra mondiale, testimoniano l’importanza della città nella storia tedesca. Celebri sono il ponte romano sul fiume Mosella e le Terme.

Treviri è sede di una importante Università, frequentata anche la molti stranieri. Dal 1986 la città è stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. La casa di Karl Marx si trova nella Bruckenstrasse, al numero 18; trasformata in museo, custodisce le opere del filosofo e i cimeli della sua esistenza. E’ meta di migliaia di visitatori ogni anno, testimonianza del lascito culturale e politico di questo gigante del pensiero.

[2] Il romanzo Il diavolo al Pontelungo di Riccardo Bacchelli costituisce una preziosa testimonianza dell’arrivo di Bakunin in Italia e della sua iniziale attività cospiratrice e insurrezionale, con epicentro la Romagna.

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