Difficile classificare questo volume di memorie militari e non solo, curato da Pietro Vitelli, scrittore e ricercatore impegnato da molti anni nella ricostruzione di avvenimenti storici, civili e sociali legati alla sua terra d’origine, quei Monti Lepini che sono tanta parte della storia del Lazio meridionale. Lo sfondo è la ritirata dalla Russia nell’inverno 1942-43 dell’Armir, il protagonista principale è Pacifico Vitelli, zio dell’autore, fante della Divisione Torino, caduto ad Arbuzovka, villaggio lungo il Don dove nell’avvallamento, detto poi Valle della Morte, sono scomparsi molti militari del corpo di spedizione italiano, dopo lo sfondamento del fronte da parte dell’Armata Rossa nel dicembre del 1942 o più probabilmente a Cerkovo, oggi cittadina divisa a metà tra Ucraina e Russia dove avvenne l’ultima resistenza dei soldati italiani prima che poche migliaia di superstiti si potessero mettere al sicuro dietro le ultime linee difensive tedesche. Ma non è soltanto il destino del giovane soldato originario di Cori, dov’era nato nel 1917, ma di tutti coloro che, partiti dai centri rurali dell’attuale provincia di Latina, non hanno fatto più ritorno in patria.

Mediante un ricerca minuziosa e accurata, condotta negli archivi comunali, del Ministero della Diesa e dei comandi militari, oltre che di tantissime carte di famiglia, Pietro Vitelli ricostruisce sprazzi di storia e di vita vissuta, cronaca vera di lavoro, fatica, sofferenza e morte, attraverso la memoria, il ricordo, il rispetto e l’amore per chi non c’è più.

Proprio per questo motivo, il volume è intitolato Ci resta il nome, Herald editore, frase espunta dal sacrario militare di Cargnacco dove sono custoditi i resti di molti soldati italiani deceduti nella steppa. Non è soltanto il nome di Pacifico Vitelli che resta nel cuore e nella memoria, ma di tutti coloro che sono caduti o sono stati dichiarati dispersi e successivamente defunti in quel tragico inverno che ha segnato il destino della Seconda guerra mondiale.

Alla ricerca di Pacifico e di tanti altri, nell’estate del 2016 l’autore percorre i villaggi e i campi dove si sono svolte le manovre della ritirata, ha raccolto materiali, testimonianze, ha fotografato paesaggi e abitanti della steppa, ancora oggi regno dei girasoli (подсолнечники, podsolnečniki) e dei cocomeri (арбузы, arbuzy), da cui il nome del villaggio Arbuzovka. Le fotografie dei militari partiti per il fronte, di tante loro famiglie, lettere dal fronte russo gelosamente custodite dai familiari eredi, oltre a testimonianze iconografiche di varia natura, forniscono un quadro commovente di un intero territorio e di un’epoca ancora non lontana nel tempo per avere cancellato tutte le sue tracce. Commovente l’episodio di Romano Quargentan, colono dell’Agro pontino la cui famiglia era originaria dalle asburgiche terre galiziane, che trova la morte nei pressi dei suoi antenati o di Gastone Rosetta che, gravemente ferito e soccorso da qualche contadino della steppa, si ritrova una icona accanto e la conserva per tutta la ritirata a piedi, accolto nelle isby dei contadini fino alla salvezza. Quell’icona, che rappresenta il Salvatore nella tradizione iconografica bizantina, è custodita ancora oggi come una reliquia dai nipoti.

Scritto in maniera semplice, scorrevole, comunicativo, questo volume segna un ulteriore punto di merito nel percorso umano e culturale di Pietro Vitelli che ha saputo mettere a frutto le sua vasta esperienza politica e istituzionale per fare conoscere il proprio territorio di provenienza e di appartenenza, onorando il lavoro dei suoi abitanti e l’amore per la libertà e la verità.

Il CD allegato al libro contiene la registrazione di una preziosa composizione musicale di Aldina Vitelli, giovane musicista corese. Si tratta di un esercizio musicale riuscito, articolato per scansioni sonore ed equilibrato nella forma e nel dosaggio delle sonorità. Dedicata alla memoria dei caduti, si tratta di un attestato artistico di riconoscenza per il sacrificio di tanti giovani inconsapevoli di un destino tragico a causa della follia accecante dei potenti. Strutturata su sonorità ricavate dal sintetizzatore, grazie agli studi di musica elettronica compiuti dall’autrice, la breve composizione crea atmosfere suggestive per evocazione paesaggistica e soprattutto nella ricostruzione degli eventi bellici, dal cannoneggiamento alla mitraglia, dal rombo degli aerei ai lamenti dei feriti. L’impasto timbrico è diretto, come in una sequenza di John Cage e di Krysztof Penderecki fino a Karlheinz Stockhausen, senza alcun filtro intellettualistico proprio per inviare un messaggio diretto.

Il canto che conclude il CD allegato al libro è altrettanto sincero, rientra nella tradizione dell’elegia e quindi assume potere commotivo più immediato, sottraendo nel contempo alcune suggestioni oniriche.

Agostino Bagnato

Roma, 13 luglio 2018  

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