di Agostino Bagnato

«Tacc cooбщает…». Tass soobščaet… La Tass comunica…

Telegrafnoe Agentstvo Sovetskogo Sojuza. Agenzia telegrafica dell’Unione Sovietica. Ma questo l’avrei appreso molto tempo dopo! Per tutti era TASS. La prima volta che ho sentito questa parola è stato nel 1948. Mio padre aveva comprato la radio, modello Geloso. Avevo cinque anni e a Caria, villaggio di un centinaio di case del poverissimo Poro, sulla Calabria tirrenica, era uno dei primi apparecchi radiofonici. Ascoltare il giornale radio, come si chiamava a quel tempo, era un rito. Preceduto dal mitico cinguettio dell’uccellino, il notiziario snocciolava notizie e informazioni da tutto il mondo. I miei primi ricordi sono vaghi, confusi, lampi e lacerti di suoni. Ma ho nitido nella memoria quel nome sonoro: Tass. Infatti, le notizie e le informazioni provenienti dalla Russia erano dovute alla Tass: «Secondo l’agenzia Tass…», oppure «La Tass comunica…», «La Tass informa…». Nessuno sapeva allora cosa volesse dire quella oscura parola, ma era la chiave che apriva la porta sul misterioso e lontano mondo sovietico. Nessuno parlava dell’Unione Sovietica a Caria, bensì della Russia. Paese ostile, secondo la propaganda fascista prima e democristiana poi, nemico di Dio e della fede cristiana secondo le omelie ossessive del prete, colpevole di tenere prigionieri due soldati cariesi dell’Armir, di cui non si avevano notizie, probabilmente deceduti nel corso della ritirata dal fronte del Don, come sostenevano mio nonno e mio padre. La mia famiglia era tradizionalmente antifascista, in origine anarco-socialista e poi comunista. Contadini e artigiani di professione. Mio nonno, mio padre e tutti i componenti adulti della famiglia erano guardati con sospetto dagli altri abitanti del villaggio per l’adesione al Partito Comunista Italiano. Ancora negli anni Cinquanta, io e i miei fratelli eravamo visti dalle altre famiglie con una certa sufficienza, quasi appartenenti ad un’altra razza, ad una comunità lontana. Per cui le notizie che giungevano dalla Russia attraverso la Tass erano un sostegno formidabile alla nostra «fede» politica. Anche le fotografie provenienti da Mosca e pubblicate dal quotidiano «La gazzetta del Sud» recavano la dicitura “Radiofoto Tass”. Cosa volesse dire a quel tempo per me, Dio solo lo sa! “L’Unità”, l’altro giornale in lettura a casa, riportava la stessa dicitura per le foto, oltre a quella della propria redazione moscovita. Entrambi i quotidiani venivano comprati qualche volta a settimana nell’unica edicola della vicina Tropea: costo 25 lire, 0,12 Euro. La radio era, dunque, lo strumento che metteva in collegamento quel piccolo villaggio calabrese con il mondo e di conseguenza con la Russia. Ricordo le notizie sul blocco del corridoio verso Berlino est e l’isteria anticomunista, la nascita del Patto di Varsavia, la guerra di Corea e poi nel 1953, per intere giornate, la cronaca della morte e dei funerali di Iosip Vissarionovič Džugašvili, Stalin, quasi sempre basata sui comunicati Tass. La televisione non c’era ancora per cui le cronache radiofoniche erano molto precise e dettagliate. La Tass era impareggiabile per professionalità e qualità giornalistica. L’agenzia Novosti era uno strumento di propaganda, ma questo non lo sapevo ancora. Poi è stato il XX congresso del PCUS e l’inizio del processo di destalinizzazione avviata da Nikita Sergeevič Chruščëv al «Culto della personalità», (Kul’t ličnosti), l’apertura del «disgelo» (Ottepel’) iniziata con la pubblicazione del romanzo omonimo di Il’ja Erenburg. Il trionfo è venuto con il lancio del primo satellite artificiale Sputnik e poi della cagnetta Laika fino alla gloria indimenticabile della conquista dello spazio con il volo di Jurij Gagarin nel 1961 e poi di Valentina Tereškova. Noi giovani comunisti e internazionalisti eravamo orgogliosi e quei successi dell’URSS erano linfa per la battaglia politica e culturale che combattevamo in Italia e ancora di più del disperato Sud. Poi lentamente tutto iniziò a cambiare sul piano della comunicazione. L’ingresso della televisione aveva modificato il modo di fare informazione. Gli inviati a Mosca della Rai, a partire dagli anni Settanta, erano intellettuali oltre che giornalisti, come dimostrano i casi di Arrigo Levi, Demetrio Volcic e Antonio Caprarica. Cercavano di rappresentare l’Unione Sovietica nei suoi principali aspetti. Ma il nome di Tass non ha mai perso il suo fascino, il richiamo al misterioso mondo da cui proviene, l’orizzonte di speranza che ha aperto per milioni di uomini nel mondo. Quanta passione politica, culturale e ideale è stata legata alla lunga storia raccontata anche nei suoi aspetti più terribili e tragici! Ancora oggi la storia recente della Russia continua ad esercitare un richiamo potente. Nel 1994 sono entrato per la prima volta nella sede centrale di Mosca, il palazzo di porfido rosso dal portale quadrato, e ho provato una grande emozione, perché ho ripercorso in un lampo gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza, quando quelle notizie, anche se presentate spesso distorte dalla stampa italiana, erano un allargamento del mio orizzonte. Avevo conosciuto a Roma Aleksej Goljaev e soprattutto Aleksej Bukalov, direttore attuale della sede italiana, uomo di grande cultura, profondo conoscitore della storia italiana e scrittore di notevole qualità, i cui studi su Puškin sono un riferimento ineludibile per la ricerca letteraria. Ma entrare nel tempio dell’informazione giornalistica russa è stata una frustata di entusiasmo per il mio lavoro. Strinsi la mano a Vitalij Ignatenko, direttore dell’Agenzia che da due anni aveva cambiato nome in quello di ITAR (Informacionnoe telegrafnoe Agentstvo Rossii), ma mantenendo, aggiungendolo, lo storico nome TASS. Erano gli anni della difficile transizione dal regime comunista alla democrazia parlamentare. Tutto sembrava posto in discussione, ma gli istituti più prestigiosi hanno saputo adeguare la propria natura alle nuove esigenze politiche e professionali, svolgendo un ruolo fondamentale per la rinascita della Russia. Così le celebrazioni dei 90 anni dell’agenzia sono state l’occasione per ripercorrere una storia comune in molte parti del mondo, a cominciare dalla stessa Russia. In Italia si è svolto un ricevimento presso il Centro Russo di Scienze e Cultura a Roma, alla presenza dell’ambasciatore Sergej Razov e del direttore della sede italiana Aleksej Bukalov. L’occasione è stata offerta da una bellissima mostra fotografica sulla nascita e la storia della Tass curata da Vera Ščerbakova, giovane dirigente della sede romana. Intanto una novità importante per molti presenti: l’agenzia è nata nel 1904 a Pietroburgo come strumento di diffusione delle notizie attraverso il telegrafo, in base al decreto dello zar Nicola II e ha cominciato ad avere le prime sedi all’estero. Il regime rivoluzionario ha mantenuto la struttura giornalistica e alla fine del 1924 ha deciso di trasferirla a Mosca, nuova capitale dello Stato sovietico, creando una sede giornalistica unica per i rapporti con l’estero. Così comincia la lunga storia di questa gloriosa agenzia di stampa, considerata una delle più importanti del mondo. Vera Ščerbakova ha diviso la mostra i due sezioni: la prima dedicata alle figure storiche e ai personaggi russi che a diverso titolo hanno avuto rapporti con l’Italia. Ecco una foto di Pëtr Il’ič Čajkovskij a Firenze mai vista prima, attinta dall’archivio storico; di Maksim Alekseevič Gor’kij, vissuto lungamente in Italia, mentre ascolta la radio nella natia Nižnij Novgorod; di Vladimir Il’ič Lenin che gioca a scacchi con Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov sulla terrazza dell’ hotel Salus a Capri, oppure di tanti artisti italiani in Unione Sovietica, compreso un incredibile ritratto di Federico Fellini tra il collerico e il divertito. La seconda sezione è dedicata alla storia e alla società civile, al mondo del lavoro e della famiglia, ma anche ad aspetti curiosi e particolari della realtà italiana, come quel «avtomobil’nyj mojščik», il comune lavavetri delle nostre città, che ispira tenerezza e attesta ancora una volta la grande professionalità degli operatori fotografici russi. Indimenticabili le foto della Seconda guerra mondiale, a cominciare dalla conquista del Reichstag e dell’innalzamento della bandiera rossa sulla cupola semidistrutta, nonché ritratti di giornalisti al lavoro sui diversi fronti. L’ambasciatore Razov ha ricordato che il nome Tass è indissolubilmente legato alla storia della Russia moderna ed evoca i momenti di eroismo, grandezza e anche difficoltà. Il direttore Bukalov ha messo in evidenza lo sforzo di restituire un’immagine vera e autentica della Russia del Novecento, puntando sui valori spirituali, ideali e culturali tra il popolo russo e quello italiano. Diplomatici, politici, giornalisti, studiosi hanno brindato con le autorità russe e tutti hanno augurato che i rapporti tra Italia e Russia diventino sempre più stretti, superando aspetti contingenti nel reciproco interesse.

Roma, 19 dicembre 2014

Galeria fotografica: 1 - 2 - 3 - 4 - 5

Questo sito web fa uso di cookie tecnici 'di sessione', persistenti e di Terze Parti. Non fa uso di cookie di profilazione. Proseguendo con la navigazione intendi aver accettato l'uso di questi cookie. To find out more about the cookies we use and how to delete them, see our privacy policy.

  I accept cookies from this site.
EU Cookie Directive Module Information