L’esempio della mostra di Velletri nell’abito della promozione dell’arte.
Di Lucrezia Rubini
Sonja Peter, Cosmogenesi, 2020, tempera su tavola e cartoncino, tecnica mista, cm 28,5x22 (ognuna delle 4 tavole)
“C osmi ex Libris” è il titolo della prossima mostra, che curerò coinvolgendo dodici artisti e una classe del Liceo artistico di Tivoli: itinerante, prima tappa prevista per la fine di maggio, molto probabilmente sarà procrastinata per l’emergenza Covid-19. L’organizzazione è affidata, ancora una volta, all’Associazione culturale “La cera di Dedalo”, di cui è presidente Giorgio La Bianca; il catalogo, curato graficamente dalle artiste Letizia Rigucci e Sara Savini, offrirà un pezzo critico dedicato all’opera di ogni artista e due saggi introduttivi, mio e di Agostino Bagnato.
La mostra, sponsorizzata dalla Beverfood s.r.l., di cui è amministratore Domenico Zito, era prevista itinerante da Tivoli alle biblioteche comunali di Roma: lo sarà.
Gli artisti coinvolti sono: Letizia Ardillo, Emanuela Corbellini, Gabriella Di Trani, Laura VdB Facchini, Vittorio Fava, Giuliana Iannotti, Sonja Peter, Alessandro Piccinini, Letizia Rigucci, Sara Savini, Turi Sottile, Carlo Vigevani, mentre il Prof. Gianni Borgia e la classe IV C del Liceo Artistico di Tivoli produrranno un’opera collettiva.
La mostra intende porre interrogativi sul senso dell’arte nella nostra società, su quale sia il ruolo dell’artista, su quali scenari si aprono nel futuro e come una produzione specifica, quale è il libro d’arte, possa farsi strumento di salvezza per l’Umanità.
Ci si chiede: quali libri per l’Umanità del presente e del futuro? E quali contenuti per tali libri? E quali materiali?
In un mondo in cui la dimensione della “lettura di un libro” diventa esperienza sempre più rara, e soprattutto i mezzi tecnologici per accedere alla lettura sono ormai sempre più spesso digitalizzati, elementi di riflessione si pongono, riguardo all’uso del libro, anche relativamente ai diversi media.
Dodici artisti ed una classe intera hanno prodotto 13 libri d’artista, che vogliono offrire 13 possibili percorsi di libri-non libri, luoghi dell’immaginario e dell’anima; contenitori pieni di microorganismi, eppure vuoti dei contenuti convenzionali propri dei libri, questi oggetti suggeriscono contenuti altri: proiettivi, intimistici, fantastici.
I libri in mostra non sono propositivi, semmai “potenziali”, ma tirarne fuori cose o scrivere contenuti dipende da noi, attori estatici eppure attivi, invitati a curiosare, indagare, cercare altro da sé.
Un libro ci offre sempre un iter, una narrazione, una descrizione, che seguono il fil rouge cronologico, una linea della logica; un libro ci offre una finestra, ci insegna qualcosa, ci dice tante parole, ci fa crescere.
Un libro d’artista è, innanzitutto, un oggetto d’arte e in quanto tale, non rappresenta, non dice, non è illustrativo, né connotativo, né narrativo, né logico, né ordinato. Spesso non ci racconta nulla, è muto, non ci fa vedere di più, ma in modo diverso; quando racconta, lo fa sconnettendo le regole sintattiche e grammaticali.
Un’opera d’arte è luogo della diversità e della divergenza: del pensiero dianoetico.
Laura VdB Facchini,14.04.2012 Omaggio al poeta, 2018-2020, cotone greggio, garza in cotone greggio, carta, ricamo e pittura con vino, tintura vino, matita, cm 20x30x10
Un’opera d’arte ci catapulta in un mondo-nulla, ostenta un invisibile, che si manifesta come luogo dell’assoluto, del rumore, della cecità, dell’accecamento, della visionarietà, della profezia, della meraviglia estatica, della sospensione, dell’incanto: di un caos indistinto e indistinguibile, che ci fa approdare ad un Tutto-Nulla, un Cosmos, prodotto di un horror vacui, che è ansiolitico, ma solo in quanto Caos ottundente.
Un libro d’artista, anche quando ci offre un racconto, non risolve il problema dell’impotenza della dicibilità, anzi si limita a porre, senza risolverlo, il problema dell’indicibilità, in quanto incomunicabilità.
Un libro d’artista è il luogo della meraviglia in quanto disorientamento; esso sconnette le sequenzialità, per offrirci un ordine altro, codici altri – analogici –, di rilettura, recupero, riconoscimento, rammemorazione di un mondo perduto e sedimentato nell’inconscio.
Tali medium di reinterpretazione ci permetteranno non di decifrare la realtà, ma di indagarne l’essenza, al di là dell’apparenza.
Ogni libro d’artista offre strumenti specifici, da “usare” per intraprendere percorsi, salvifici, sensoriali ed emozionali. In tal senso queste “macchine per sentire”, per esplorare, per curiosare, ci invitano a scrutare oltre la “crosta” sensibile, per assurgere all’intangibile, all’invisibile, all’indicibile, all’ineffabile, che può essere sussunto in quella dimensione ludica e leggera, che, sola, può, almeno attraverso l’intuito, farci avvertire l’ultraumano insito in ogni essere umano.
Nel percorso della mostra, dopo una prima fase di disorientamento, il riguardante è invitato ad esplorare i mondi offerti dall’opera d’arte: questa apre un Cosmo cangiante e labile, dalle potenzialità infinite, mutevole e diverso ad ogni incontro.
Ciò accade perché questi Cosmi, aperti dai libri d’artista, sono tanti “Atlanti Mnemosine”, di warburghiana lezione, e come quello funzionano: il nostro bagaglio esperienziale, sempre mutevole, si confronta ed entra in sintonia, o distonia, con il “materiale” mnestico sparso o accumulato nel libro d’artista.
L’apparente pieno, ostentato, si rivela essere, così, una tabula rasa, tutta da scrivere, ora sì, da parte del visitatore, anzi dell’ospite, che da spettatore diventa attore.
Ogni oggetto proposto, dunque, apre ad un percorso di ricerca di sé attraverso la cosa, anzi le cose: frammenti di un Tutto da sempre sedimentato nella memoria.
Ogni oggetto-macchina, benché realizzato con materiali concreti e con tecniche tradizionali, fa appello ad una nuova tecnologia, non digitale, ma immateriale, capace di rielaborare i dati della realtà mediante sconnessioni universali, risalenti all’actio primordiale che abita l’inconscio collettivo, ereditato da ogni individuo, eppure universale, già rimosso ed ora salvificamente “recuperato”.
Il mago, il demiurgo, il grande burattinaio, che regola il giocattolo-libro, e che ci guiderà in ogni percorso, è sempre l’artista, ma siamo noi che siamo chiamati a riattivare il gioco proposto per ricostruire, salvificamente, il Cosmo e, attraverso esso, la dimensione più profonda della nostra anima.
Vittorio Fava, Tomo Cambellotti, Senza titolo, 2018, polimaterico con frammenti di vetrate dei primi del ‘900, bottoni, perline, stoffe antiche, carte antiche, frontespizi di stampe d’epoca, manoscritti, frammenti di incisioni dello stesso autore, leggio in legno, cm 40x34x6 (il libro), cm 120x60x60 (il leggio)