Franco Ferrarotti
intervista di Agostino Bagnato
Il femminicidio, di cui tanto si discute in questi ultimi tempi, è diventato un fenomeno sociale molto inquietante. Da ultimo, l’uccisione della giovane Giulia Cecchettin da parte del fidanzato Filippo Turetta, ha sollevato un grande clamore per il fatto in sé, per le sue dinamiche e per i giovanissimi protagonisti, entrambi studenti universitari. Un profondo moto di riprovazione e di dolore ha scosso l’opinione pubblica. Ma è soprattutto la causa che ha determinato il delitto, attribuita al patriarcato dominante ancora nella società italiana, che ha sollevato discussioni di ogni sorta, molte anche a sproposito.
Giulia Cecchettin e il fidanzato omicida Filippo Turetta
È stata la sorella della vittima che per prima ha attribuito le radici e le ragioni del delitto al patriarcato, cui hanno fatto seguito dichiarazioni di dirigenti politici, giornalisti, intellettuali, gente dello spettacolo e del mondo dell’arte. La maggioranza dell’opinione pubblica ha sposato subito la tesi del patriarcato, cavalcando l’emotività del momento. Altri hanno più semplicemente guardato al trascorso individuale dei ragazzi e hanno tratto la conclusione che la società può avere anche responsabilità nella dinamica di avvenimenti criminali, ma che bisogna guardare alla personalità dei singoli individui e al loro passato vissuto per comprendere il corto circuito che porta alla perdita della ragione ed a compiere delitti nefasti e orrendi. Come quello di Giulia Cecchettin da parte di Filippo Turetta.
Non si tratta di un delitto maturato nella emarginazione sociale e nel disagio economico, bensì in un ambiente di media borghesia, caratterizzato da basi e risorse culturali apprezzabili. Basti considerare le reazioni composte e misurate delle rispettive famiglie di fronte alla tragedia. Il che fa pensare a ragioni molto profonde che portano alla perdita della ragione e al delitto più efferato.
Questi aspetti hanno sconvolto l’opinione pubblica e hanno indotto la maggioranza dei cittadini a domandarsi come sia stata possibile una tale frantumazione della coscienza in un giovane di ventidue anni, come Filippo Turetta, al punto tale da portarlo alla violenza più cieca, peraltro premeditata, da quanto risulterebbe dalle prime indagini.
Ne parliamo brevemente con Franco Ferrarotti, sociologo di fama internazionale, uno dei protagonisti degli studi di sociologia a livello globale, attento e scrupoloso osservatore della trasformazione della società contemporanea e delle sue dinamiche interne. L’editore Solfanelli ha appena dato alle stampe l’ultimo saggio del sociologo, dal titolo Una gioventù figlia di nessuno, che fa seguito ad altri importantissimi saggi sulla figura paterna, quali Le figure del padre nel 2014 per i tipi di Armando editore e Assenza e nostalgia del padre. Dal pater familias autocratico alla patria potestas condivisa per Solfanelli editore.
Franco Ferrarotti in un dipinto di Ennio Calabria
Professor Ferrarotti, cosa suggerisce questo ultimo orrendo femminicidio ai danni di Giulia Cecchettin, una splendida ragazza che stava per laurearsi in ingegneria medicale da parte Filippo Turetta, suo fidanzato, studente fuori corso? Sono entrambi della provincia di Padova e non sono ragazzi border line.
La prima cosa da dire è che bisogna imparare ad amare senza possedere. Il linguaggio è importante , anche rivelatore di una cultura dominante. Noi diciamo di avere posseduto una donna, quando abbiamo avuto una relazione intima, abbiamo fatto l’amore, abbiamo avuto il suo corpo tra le braccia. Ma questa terminologia è rivelatrice della cultura del possesso, anche se affettivo e sentimentale. Essere innamorati, anche ricambiati, non significa il possesso dell’altra. Possedere l’affetto e i sentimenti di una donna non è amore. L’amore è scambio, reciproca comprensione, scoperta continua della propria natura e quindi del proprio Essere, l’Io più profondo. L’amore è un viaggio nella conoscenza l’uno dell’altra e non nell’impossessarsi del suo Essere, fino a privarla della vita.
L’uomo non ha ancora imparato a rispettare la piena autonomia della donna, sia moglie, fidanzata o amante…
In secondo luogo, bisogna rispettare l’autonomia di giudizio della donna, la sua personalità, la natura più interiore fatta di molti aspetti. Scoprire i quali è la cosa più importante, bella, appagante di questo percorso. Ritrovarsi l’un l’altra per realizzare l’esistenza.
Purtroppo oggi l’uomo, di fronte alle importanti conquiste economiche e sociali della donna, anche se ancora parziali, si sente defraudato di una sua prerogativa che scambia per proprietà. La cultura plurimillenaria che vede nella donna un soggetto che gli appartiene, sul piano affettivo, porta l’uomo a sentirsi minacciato e annullato nelle sue prerogative. Si sente annullato come vir, uomo. Prende il sopravvento sovente la vis, ovvero la forza, la violenza. La parola vis ha la stessa radice di vir, il che testimonia che stiamo parlando di aspetti profondissimi della psiche e della coscienza umana. Sta per uscire il mio ultimo libro su questi temi, tra cui il ruolo dell’uomo in quanto padre, dal titolo Una gioventù figlia di nessuno. Perché bisogna risalire alla figura del padre, per comprendere i differenti aspetti dell’involuzione della società contemporanea. Tutto questo riconduce al concetto di patriarcato, ma non ha molto a che vedere con quanto è successo nel caso di Giulia.
Vorrei che mi spiegasse il suo punto di vista sulla crisi del padre nella famiglia e nella società contemporanea. Lei è tornato molto spesso su questo argomento, partendo da un punto di vista critico, impietoso.
Bisogna subito dire che i padri non si sentono più tali. Hanno rinunciato ad esserlo. E questa rinuncia non è una conseguenza di processi sotterranei, nascosti, ma sono gli stessi padri a rinunciare al ruolo. Rifiutano di esserlo per non esercitare la responsabilità del genitore, quella che comunemente si chiama genitorialità. Così si finisce col rinunciare sia al ruolo di pater familias autocratico che a costruire la patria potestas condivisa. Non si può passare dalla famiglia patriarcale tradizionale al vuoto di autorità. Si crea un vulnus pericoloso perché, di conseguenza, i padri non si sentono né vogliono essere più tali, ma scelgono di diventare amici dei figli, fratelli maggiori, figure di solo riferimento. Perché in definitiva è molto più comodo.
Cosa intende dire?
È venuta meno la figura storica di riferimento, su cui si è costruita la famiglia arcaica, che è andata evolvendosi verso forme e strutture adattate al suo tempo. Ma nel passato tale figura era presente, anche se autoritaria sovente e fortemente autoreferenziale. Rinunciando a riconoscerla e quindi ad esistere, si è creato un vuoto drammatico che ha portato agli sbandamenti attuali e alla mancata identificazione del padre.
In questo modo la famiglia è senza punti di riferimento…
Esattamente. Senza la figura del padre non si può costruire il Super ego, di cui parlava Sigmund Freud. In questo modo, abbiamo una gioventù figlia di se stessa. A cosa serve la figura paterna, autorevole e sicura? Serve fondamentalmente a condurre i figli per mano per conoscere, imparare, provare. Serve e condurre fuori dal caos e dalle passioni che si addensano in una personalità in formazione e indirizzarli su obiettivi sani, essenziali, vitali. Sono la responsabilità e la disciplina, basate su regole condivise, che creano la personalità del figlio.
Bisogna inoltre esercitare l’educazione alla emotività, non tanto con i corsi scolastici, che possono pur essere utili, ma attraverso il vissuto quotidiano, il contatto con la realtà, lo stare a contatto con quanto accade attorno.
La parola giusta per esplicitare questo contesto è ducere, condurre per mano alla conoscenza della realtà e della vita in ogni suo aspetto. A cominciare dall’affettività e dall’amore.
L’ultima vicenda di femminicidio, come abbiamo detto, ha scosso l’opinione pubblica. Perché tutto ciò è accaduto soltanto adesso?
Credo che si sia varcata la soglia della tollerabilità, anche perché il fenomeno continua. La cronaca di questi ultimi giorni segnala altri delitti sanguinosi. Di conseguenza, l’omicidio di Giulia Cecchettin assume un significato morale che coinvolge l’intera società.
Manifesti per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Ma si tratta di rivolta contro forme di patriarcato familiare insopportabile ai nostri giorni?
Non credo che si possa parlare di patriarcato nel senso stretto della parola. Patriarca è generativo, inteso di stirpe, comunità, famiglia. IL demos dei Greci. Quindi dà la vita, non la toglie. Vorrei aggiungere che Pater familias è anche responsabilità, dignità, orgoglio del proprio essere.
Quanto c’entra la carenza formativa dei ragazzi, di cui si continua a discutere, senza però trarre una conclusione preliminare?
Oggi il padre abdica alla funzione educativa e formativa, anche perché non possiede gli strumenti e le conoscenze per esercitarle. Sono condizioni che non si possono formare attraverso ipotetici corsi professionali. Esistono gli educatori familiari che si vanno diffondendo come supporti psicologici, ma non sono sufficienti per formare un genitore, un padre, un Pater familias.
Cosa occorre, Professore?
Occorre soprattutto il senso del dovere. Un genitore è tale se riesce ad esercitare fino in fondo il senso del dovere. Oggi purtroppo il dovere è fatto discendere dall’umore, dallo stato d’animo. Sono sonnambuli del quotidiano, come ho scritto in uno dei miei saggi, ligi all’estetica e non all’etica. Ecco, è molto difficile e pesante fare il padre in questa condizione. È molto più semplice rinunciare, oppure tornare alla violenza. Secondo Cartesio, Quoniam nominor ego, non sono definito, ma si deve ricordare che un potere è tanto più pericoloso quanto più si sente minacciato. I padri sono i veri falliti di questa situazione.
illustrazione Marco Varriale - 2023
Lei nutre la speranza di un sostanziale cambiamento nel prossimo futuro?
Il cambiamento è necessario. Bisogna voler cambiare e non proclamarlo soltanto, Le manifestazioni di queste ultime settimane sono un buon segno, ma bisogna essere coerenti, se non si vuole che questa ondata di sdegno si esaurisca nella mera testimonianza di una protesta. Soltanto il tempo ci potrà dire come e a che prezzo si potrà realizzare.
Grazie, Professore.
Agostino Bagnato
Roma, 29 novembre 2023