UNA FOTO STORICA

Mia nonna paterna, Maria Rosa Naso (1880-1971), seduta col fazzoletto in testa; mia madre Caterina Naso (1918-2015) seduta; mia zia Rosetta Bagnato (1928-2014), in piedi appoggiata alla balaustra. Al suo fianco Agostino Bagnato (1943), me medesimo e mia sorella Rosaria. Sulla sinistra le mie sorelle Silvana ed Elisabetta.

Tutti sulla terrazza del Palazzo Estense che costituisce ancora oggi l'ingresso di Villa d'Este a Tivoli, su piazza Trento. Una lunga scalinata conduce alla terrazza inferiore, da cui si passa ai viali alberati e ricchi di fontane di ogni tipo, costruite tra il 1556 e il 1573 dal cardinale Ippolito II d'Este su progetto di Pirro Ligorio. La Villa, dopo l'assegnazione all'Italia per riparazione di danni di guerra da parte dell'Austria, divenuta proprietaria in seguito all'estinzione della dinastia Estense alla fine del Settecento, per ragioni ereditarie, era stata consegnata dal governo italiano al Comune di Tivoli dopo un lungo restauro conservativo. Insieme a Villa Adriana, residenza dell'imperatore romano Adriano, e a Villa Gregoriana che ospita le cascate del fiume Aniene, costituisce il vanto della storica Tibur, celebre nell'antichità più remota per il mito della Sibilla, una delle quattro figure leggendarie della predizione: Sibilla tiburtina, Delfica, Cumana ed Eritrea.


Villa d’Este, le cento cannelle

Mia nonna viveva a Catanzaro ed aveva espresso il desiderio di visitare le fontane e i giardini di Villa d'Este a Tivoli, dopo avere visto un documentario in televisione e alcune foto che avevo ripreso io qualche tempo prima. La figlia Rosetta non ha esitato un attimo. Il treno le avrebbe condotte a Roma dove la mia famiglia, lasciata Caria sul Poro, si era trasferita da qualche anno. Abitavamo sulla via Cassia, nei pressi di via della Giustiniana. Mia madre era orgogliosa di tutti noi e non poteva mancare ad unirsi nel viaggio e nella visita a Tivoli e alla Villa. Era anche molto legata alla suocera Maria Rosa che portava lo stesso cognome ma di un altro ramo del fronzuto albero genealogico e aveva un rapporto di grande complicità e affetto con la cognata Rosetta.
Non c'era ancora l'autostrada Roma-l'Aquila per cui percorremmo la via Tiburtina stipati su due autovetture: la mia 500 Fiat e la 850 Fiat di mio cognato Luigi Gentile, provetto falegname ed ebanista, giovane sposo di Rosaria, che ha scattato le foto a Tivoli e quindi non è presente in nessun documento fotografico. 


Villa d’Este, la fontana dell’Organo

Dopo avere raggiunto la prima terrazza della grande villa, la stanchezza si fece sentire e la nonna e mia madre sedettero sul grande sedile di travertino, da cui si gode il panorama sull'intero complesso voluto dal cardinale Ippolito d'Este, figlio di Lucrezia Borgia di cui la nonna conosceva la storia, raccontatale dallo zio arciprete Carmine Maccarone. La fontana dell'Organo, quella dell'Ovato e il cavallo Pegaso dell'eroe mitologico greco Perseo che con lo zoccolo fa spruzzare l'alto zampillo, oltre al miracolo delle Cento Cannelle affascinavano tutti, mentre lo scroscio dell'acqua creava una musicalità davvero straordinaria.


Villa d’Este, fontana dell’Ovato

I grandi alberi secolari, le siepi di mortella e roverella, le statue e i ruscelli tutto affascinava, pur non avendo piena comprensione del valore simbolico di ogni aspetto della grande Villa estense.
Mi piace pubblicare questa bellissima per testimomiare  tre generazioni di una vasta famiglia calabrese che non ha esitato ad affrontare disagi pur di conoscere una delle più straordinarie creazioni del Rinascimento. Curiosità certamente, ma soprattutto amore per la conoscenza, il sapere, l'arte e la cultura. Quando ho visto mia nonna sulla foto ho pensato a cosa ha potuto provare una anziana donna quasi analfabeta, vicina ai cento anni, di fronte a quello spettacolo, trionfo della bellezza e dell'armonia. Lo stesso vale per mia madre che sarebbe tornata altre volte a Tivoli, rimanendone sempre affascinata.
Sarei tornato infinite volte anch'io a Villa d'Este; ho scritto un libro sulla storia della Villa nel contesto Tiburtino ed Estense, impreziosito da numerose incisioni originali del maestro Placido Scandurra, a cui porto ancora riconoscenza; ho solide amicizie nella zona, a cominciare dai proprietari della "Sibilla", locale che esiste dal 1743, meta obbligata dei viaggiatori del Grand Tour, di cui hanno lasciato memorabili descrizioni scrittori come Chateaubriand, Goethe, Gregorovius e tanti altri i cui nomi sono ricordati da una lapide sulle pareti interne ed esterne del locale, proprio ai piedi del tempio della Sibilla e di quello di Vesta.


La copertina del volume da me scritto sulla storia della Villa

E poi la saggista e docente di filosofia Armida Corridori e la storica dell'arte Lucrezia Rubini. Come non ricordare la pittrice Marinella Letico, scomparsa prematuramente.
Ma il ricordo di quella visita con tre generazioni presenti della mia famiglia mi fa commuovere e inorgoglire allo stesso tempo. Mi fermo qui.
Agostino Bagnato
Roma, 20 agosto 2024 

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