di Ettore Ianì
Nel suo ultimo libro, L’età grande, Garzante 2023, saggista e giornalista ci invita a riflettere sull’ultima stagione della nostra vita, fenomeno sociale dai mille volti e dai risvolti come facilmente catalogabili in una visione omogenea e unitaria. Un tema non certo nuovo né certamente originale, ma accattivante, che va sempre contestualizzato perché i modi di invecchiare sono cambiati sui mutevoli e profondi mutamenti della società: un processo complesso con enormi variabili individuali interconnessi e che chiamano in causa fattori genetici, neurobiologici, psicologici e socioeconomici. Da boomer, nata durante l’esplosione demografica e del boom economici avvenuto dopo la Seconda guerra mondiale, indaga e medita sulla solitudine, dolore e fatica nell’età della vecchiaia. Con avveduta accortezza evita di aggirare le difficoltà che si incontrano in questa fase della vita, ma non sfugge alle “rughe dello spirito”, per dirla con il filosofo francese Michel de Montaigne. Non propone soluzioni che l’ultimo periodo della vita non ha.
Ripercorre con spirito dolente, ma senza alcuna particolare nostalgia, il mosaico di parole che ruotano intorno all’età “grande” e che “descrivono il venir meno della vita che si interrogano sull’indecifrabile dell’ultimo soffio del vivere” (Pag.14). Un mare di parole, espressioni di teorie per cercare di colmare quel tratto di esistenza, per colmare quel precipizio fino al profondo, definito e oscuro silenzio. Ma perché la chiama l’età grande? Grande perché deve sopportare un carico di prove che, per l’A, non ha l’eguale nelle altre fasi della vita, perché non è certo la stagione più bella della vita: le giornate si abbreviano per lo sforzo di portarle a termine. I lamenti del corpo a volte fanno ammutolire ogni altra parola. La memoria comincia a vacillare e i ricordi si dilatano. “Si vive di ricordi proprio perché la vita intorno si fa più vuota, lo spazio delle giornate si restringe. Ma nello stesso tempo ci si dimentica che si è messo il caffè sul fuoco, e chissà con chi parlavamo poco fa al telefono, e dove sarà finita la lista della spesa, e di chi è quel verso che da ore ci frulla con cui c’era un’intesa così speciale”. (Pag. 43). Nel tempo in cui ha bisogno di affetti, spesso si ritrova solo. Il vigore muscolare si affloscia, l’udito si indurisce, la vista si abbassa, le capacità psicomotorie si arrugginiscono. Ciò che è leggero diventa pesante. Si trova a recitare una parte di cui non conosce il copione, rimane l’unico protagonista sulla scena di un dramma di cui non vedrà la fine. È così che la vecchiaia diventa veramente enigma, in assillo, un problema, inteso in senso quasi filosofico. Grande non solo per numero di anni, ma perché deve sopportare un intenso e inedito carico di prove che non ha l’eguale nelle fasi precedenti della vita. Grande anche perché è la fase della vita di un futuro contro e per la quale ragione ha di fronte una grande sfida ad attenderla.
Ma chi sono oggi gli anziani, cosa rappresentano, quali sono i comfort che hanno per terminare la vita nel migliore dei modi, che ruolo hanno nella società del web, a che età si invecchia? Sono alcune confluenti domande che anche io mi sono posto con “Senectute”. Enigma e Paradossi, l’Albatros 2018, la cui copertina ritrae il “più dialettico, sottilmente didascalico, filosofico dipinto di Giorgione, le tre età dell’uomo, a parere di Caramone. (PAg.31). Si tratta di un dipinto ad olio su tavola di pioppo, in cui è raffigurata una “pensosa allegoria”: un adulto, un ragazzo e un vecchio.
Giorgione, Le tre età dell'uomo. 1500-1501, olio su tavola. Palazzo Pitti, Firenze
Il ragazzo al centro è intento a meditare su uno spartito che il giovane, sulla sua destra, gli indica, mentre il vecchio si volge con sguardo malinconico verso chi guarda per farci partecipi della gravità dell’età che sta vivendo, per passare il testimone alle generazioni future prima che sia troppo tardi. Evita ma non ne comprendiamo le ragioni, di esaminare nelle 135 pagine del suo coinvolgente libro, di parlare del Giovanilismo o dell’Ageismo: due paradigmi esplosi nella società del Terzo millennio con l’allungamento della vita e della crescita dell’aspettativa di vita, a cui si fa riferimento nello esaminare mille sfaccettature del fenomeno invecchiamento. Per Massimo Ammanniti, professore di Psicologia dello Sviluppo alla “Sapienza dell’università di Roma, “il nostro mondo è malato di giovanilismo. Viviamo un’eterna giovinezza artificiale, dove la vecchiaia è nascosta come qualcosa di cui vergognarsi. Corriamo il rischio di creare una società plastica, abitata da perpetui adolescenti che non sanno distinguere i momenti della vita”. (Intervista rilasciata a Nicola Mirenzi, in Uff interview del 25 maggio 2017). Si assiste a una crescente ostentazione nelle persone attempate in atteggiamenti o interessi tipici dei giovani: un fenomeno sociologico delicato se non altro perché legato alla paura di invecchiare e poi morire.
Spesso al giovanilismo prende sopravvento il cosiddetto “ageismo, “termine poco noto ma applicato con un crescendo da non sottovalutare. (vedi pagg. 34/44 del mio citato Senectute). Si tratta di una parola coniata per assonanza e analogia con il razzismo e sessismo dal geriatra Robert Butler nel 1969, per designare ogni forma di pregiudizio, segregazione e svalorizzazione verso gli anziani.
Due risposte, sbagliate o giuste che siano, che interagiscono significatamene con il processo della Terza età, se non altro perché rappresenta l’esplodere di problemi sociali che solo ieri erano in parte sconosciuti.
Di fronte a una metamorfosi piena di tangibili debolezze, fragilità e insicurezze, che ciascuno percepisce a seconda della propria storia, l’Autrice con uno scialo di citazioni e di raffinatezze stilistiche, ci racconta di come studiosi, scrittori, poeti, artisti, senza tralasciare i testi sacri, rappresentano la vecchiaia. A tal proposito Gabriella Caramone , citando il premio Nobel (1948) per la letteratura (Pag.54) condivide l’idea che i vecchi devono assomigliare a degli esploratori, a dare valore agli anni, vivendoli con pienezza. È in questo passaggio sul quale la Caramone si sofferma per passare da una “vita socialmente utile” a una “ sensatamente utile”.