di ARMIDA CORRIDORI
Non c'è stato molto tempo per rallegrarsi della svolta che si è aperta in Cina rispetto alla violenza sulle donne che si è avuto notizia dei fatti molto gravi avvenuti ad Amburgo, a Francoforte, in particolare a Colonia.
L'orgia di violenza contro le donne è iniziata già nel pomeriggio del 31 dicembre 2015, i primi folti gruppi di stranieri dall'aspetto arabo o nordafricano erano già in piazza intorno alle ore 17 e hanno iniziato a lanciare petardi, bottiglie di vetro rotte apposta sulla folla.
Intorno alle ore 18, donne in abiti griffati, uomini in frac, scendono dai treni e si dirigono verso il teatro dell'opera per assistere al concerto di capodanno. Finito il concerto, le famiglie provano a raggiungere la stazione per tornare a casa, ma vengono bloccate da un muro umano di volti ostili e iniziano i primi scippi, i palpeggiamenti brutali sui corpi delle donne.
Ragazze giovanissime correvano disperate senza le scarpe e non avevano più addosso né collant né slip, botte anche per gli uomini, se bianchi. I pochi polizziotti presenti non sono riusciti a difendere nessuno, gli squadristi dello stupro erano veramente troppi. La situazione si è calmata solo alle 4 del mattino quando ormai non c'erano più donne bianche-bersaglio in strada.
Ora a una settimana di distanza, quando il sangue delle donne aggredite è stato appena ripulito dalla stazione e dalla scalinata che dalla piazza conduce al Duomo, è tempo di riflessione, senza estremismi e senza ingenuità. Per il momento le aggressioni denunciate sono state 379 ma non è chiaro se ci sia stata una organizzazione precisa nell'assalto, che cosa ci sia dietro, chi abbia mosso i fili.
Intanto, quella notte, a Colonia e altrove, le donne si sono ritrovate completamente sole, tra maschi violenti, maschi indifferenti, maschi spaventati. Di nuovo dentro la loro storia secolare di isolamento, impotenza, sopraffazione, pericolo, che ogni tanto sembra finita e invece non lo è mai.
Anche se tante donne ricoprono ruoli di ministri e di capi di Stato spesso molto bene, quando vengono attaccate dagli avversari non accade per le loro capacità politiche ma per il loro corpo di donna.
Non c'è dubbio che la destra e l'estrema destra cavalcheranno fino alla nausea i fatti di Colonia per chiedere la chiusura delle frontiere e i respingimenti, ma s'impone comunque una riflessione profonda sul rapporto tra l'Europa, gli immigrati e i rifugiati.Di queste persone si vede solo lo "status" non la cultura, e così l'accoglienza si limita a burocrazia e carità senza tener conto dei condizionamenti culturali e delle trappole religiose che si portano dietro.
Così lo scrittore algerino Kamel Daoud commenta i fatti e prosegue"occorre dare asilo al corpo e convincere l'anima a cambiare.L'altro proviene dal quel vasto universo di dolori e atrocità che è la miseria sessuale nel mondo arabo-musulmano"Nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande. Quindi il rapporto con la donna rappresenta il nodo gordiano nel mondo musulmano dove è negata, uccisa ,velata, rinchiusa o posseduta.
L'Occidente è visto attraverso il corpo della donna: la libertà della donna è vista attraverso la categoria religiosa di ciò che è lecito o della "virtù". Poichè la donna è donatrice di vita e la vita è una perdita di tempo, la donna è assimilabile alla perdita dell'anima. Per il musulmano non esiste via d'uscita se non dopo la morte.Quindi dare asilo non significa semplicemente distribuire "carte" ma richiede a chi arriva di accettare un contratto con la modernità.
Tutto questo ci pone di fronte a cosa fare appunto nel dopo-accoglienza ovvero al problema dei valori da far capire, condividere e difendere ma anche imporre. I fatti di Colonia devono servire all'Europa per un'esame di coscienza anche su se stessa, ad esempio proprio in Germania, le molestie sessuali non sono ritenute un crimine.
In tutti i paesi del nord Europa in società ritenute superiori ai paesi latini, la violenza è una costante nella vita delle donne. La trilogia Millennium di Stieg Larsson ad esempio, inizia con il primo volume intitolato non a caso "Uomini che odiano le donne". L'autore ha creato un personaggio femminile straordinario, fuori dagli schemi,Lisbeth Salander, che subisce fin da bambina violenze gravissime a iniziare dal padre, poi dal tutor infine dalle istituzioni dello Stato che dovrebbero proteggerla. All'inizio di ogni parte in cui è diviso il romanzo, l'autore riporta i dati reali sulla violenza contro le donne in Svezia.
Il 18% delle donne al di sopra dei quindici anni è stato minacciato almeno una volta da un uomo; il 46% è stato oggetto di violenza da parte di un uomo; il 13% è vittima di violenza sessuale al di fuori di relazioni sessuali; il 92% delle donne vittime di violenza sessuale non ha denunciato alla polizia l'ultima aggressione subita.
Non è possibile in questa sede ripercorrere il lungo e travagliato cammino che ha portato almeno in Occidente la donna all'emancipazione, mi limiterò a ricordare alcuni elementi.Intanto va sottolineato che il posto delle donne nella storia del cristianesimo è sempre stato subordinato a quello degli uomini e le "aperture" di papa Francesco, per il momento, non sembrano contenere in realtà novità rilevanti.
Le donne sono certamente fondamentali nella visione cristiana, ma il loro posto è sempre accanto, un po' sotto agli uomini, come Maria ai piedi della Croce. Il cristianesimo oltre a ereditare i tabù dell'ebraismo, avrebbe introdotto la verginità, erede della dissociazione della sessualità dalla procreazione, teorizzata dai platonici e apprezzata dai gruppi religiosi escatologici.
Nei Vangeli questa scelta non appare particolarmente apprezzata ma Paolo di Tarso delinea poi una scala di valori nella quale la rinuncia al sesso è ritenuta necessaria per dedicarsi in modo totale alla comunità. Sarà il monachesimo che farà della verginità una forma di perfezione, destinata a diventare un modello anche per il clero ordinario.
Nel protestantesimo la perfezione come liberazione totale dalla sessualità perderà ogni valore, ma non per questo cambierà la posizione delle donne, che dovranno conservare il posto assegnato loro dai filosofi , dai teologi e dai legislatori. La cultura pagana, almeno come l'abbiamo ricevuta non sembra sia stata ossessionata dal corpo umano quanto lo è stato il cristianesimo.
Nella società antica, fatta anch'essa prevalentemente per gli uomini, il corpo maschile era spesso esibito e la figura degli organi sessuali maschili poteva essere mostrata nei luoghi pubblici. Il mito della resurrezione nel cristianesimo mette l'accento sul corpo come carne, che diventa così strumento di sovversione, di tentazione che viene ricavata dalla narrazione biblica del peccato originale. Di conseguenza le donne diventano portatrici della tentazione sessuale, quindi sono da temere e come carne essere velate e nascoste.
Tutto ciò verrà messo in discussione quando con l'affermarsi della mentalità scientifica moderna il binomio anima/corpo verrà interpretato non più in termini di contrapposizione ma di distinzione. Questo cambiamento di prospettiva porterà a ritenere il corpo capace di svolgere anche senza l'intervento dell'anima le funzioni che i filosofi classici avevano attribuito alle parti inferiori dell'anima.
E' certo però che l'immagine della donna come carne tentatrice non poteva essere cancellata semplicemente con la crescita delle conoscenze tecniche e scientifiche, questo sarà possibile solo con un mutamento culturale profondo che dovrebbe partire intanto dal riconoscimento dei meccanismi diffusi di dominio. I fatti di Capodanno, hanno aperto un dibattito sulla stampa che sta vedendo il contributo anche di intellettuali provenienti dal mondo arabo.
Oltre alle riflessioni espresse dallo scrittore algerino Kamel Daoud, già citate, utile è ciò che esprime Shereen El Feki anglo-egiziana, autrice di un saggio molto importante sulla sessualità nel mondo arabo. E' un'immunologa, si è occupata di Aids e ora sta lavorando a un progetto finanziato dalle Nazioni Unite per capire il rapporto con il sesso dei maschi giovani in 4 paesi arabi: Egitto, Marocco, Libano, Palestina.
E' accaduto che il suo saggio nel 2013 sia stato il primo a citare il termine arabo"taharrush gammea"( molestia sessuale di gruppo) che dopo i fatti di Colonia ha fatto il giro del mondo come se fosse un rituale ben definito. Questo comportamento si è avuto nel 2011, in piazza Tahrir al Cairo, dove durante le manifestazioni contro Mubarak, decine di donne subirono violenza sessuale.
Secondo El Feki, in quell'occasione ci si trovava di fronte a uomini giovani, cresciuti in un sistema politico oppressivo, disoccupati e quindi non nelle condizioni di sposarsi e tanto meno di poter fare sesso. Ma qual'è il posto che la donna e la sessualità hanno nella cultura islamica?
Rachid Boutayeb, filosofo marocchino, riporta l'opinione della studiosa Fatima Mernissi:"il Dio islamico è geloso nei confronti di ogni minaccia che potrebbe sviare l'attenzione del credente, il quale deve votare ad Allah la sua intera esistenza anima e corpo." Islam significa "sottomissione alla volontà divina", dal momento che il desiderio sessuale segue una logica sua propria, mette in questione proprio questa politica di sottomissione esclusiva.
Pertanto la fedeltà a Dio, nell'islam, può realizzarsi solo contro la donna.Ma con l'allontanamento della donna si esclude l'alterità e con essa il corpo, sia la donna che il figlio sono per l'uomo solo un patrimonio di cui disporre, una proprietà come cavalli, oro o altri beni materiali.
Nel contesto dell'odierno islam, quando si voglia parlare di corpo e sessualità non si può prescindere dalla rappresentazione che il discorso occidentale dà di essi ovvero l'avvenuta secolarizzazione del corpo. Nel moderno discorso occidentale, il corpo è rappresentazione dell'io, esso è indivisibile dal soggetto, costituisce l'individuo, in questo consiste la grande scoperta del moderno.
Attraverso il corpo e la sessualità il soggetto percepisce se stesso e la sua relazione con l'altro. E' evidente che il discorso religioso non tollera questa autonomia, in paricolare il discorso islamico non dispone ancora di un linguaggio che sia in grado di parlare alla donna moderna che comunque ha scardinato i due concetti principali, quello dello spazio e quello del sapere.
Come nelle altre religioni monoteiste la visione dell'islam ha cercato da secoli di controllare il "problema della sessualità" attaverso una rigida amministrazione degli spazi, ovvero attraverso la separazione dei sessi: la quasi reclusione della donna nella casa del padre prima, in quella del marito e dei figli poi, oltre all'imposizione di indossare il velo fuori casa.
Dal momento che nella teologia islamica , come già esposto, il corpo non esiste come ente autonomo, esso rimane subordinato al sacro, un corpo velato, controllato sottoposto a una morale binaria di purezza e impurità.
Si tratta, per dirla con il linguaggio che Foucault usa in "Sorvegliare e punire", di un disciplinamento volto a preservare l'ordine e le verità dominanti.Inoltre la cultura islamica è contraddistinta dalla differenza binaria tra corpo e anima e basata sul primato di quest'ultima. Il corpo va dunque addomesticato ed è il mezzo di trasmissione di precetti e divieti religiosi quindi è lì per servire il sacro, in caso contrario l'essere umano non ha alcuna reale esistenza.
Infine l'essere umano non è un soggetto ma solo un'immagine di Dio, destinata a riflettere il divino.
Questa è la cultura e il modo di essere di gran parte dei migranti che ci troviamo di fronte e che apre innummerevoli contraddizioni a loro e a noi.Mai come oggi la sfida dell'umanità avviene attorno alla differenza femminile e alla sua fisicità sul corpo delle donne passa il futuro del mondo.
Oggi le donne, il loro corpo, sono l'oggetto e la posta in gioco di una guerra della quale si può tracciare una mappa geopolitica:dalle donne yazide vendute come schiave, alle ragazze nigeriane rapite dai militanti di Boko Haram; senza dimenticare le donne bosniache musulmane violentate negli anni Novanta dai maschi cristiani ortodossi perchè portassero in grembo il seme del boia e partorissero davvero nel dolore.
Bruno Nassim Aboudrar, professore di Estetica alla Sorbonne Nouvelle di Parigi e autore di "Come il velo è diventato musulmano", nel ripercorrere la storia degli ultimi decenni, sostiene che "da quando il nazionalismo arabo è fallito per effetto della vittoria d'Israele nella guerra del 1967, per la delusione verso la politica sempre filoisraeliana dei Paesi occidentali, agli arabi e ai musulmani non è rimasto altro che tornare verso l'unica alternativa conosciuta.
Quella alternativa è la religione, nel senso oscurantista". Aggiunge:"la fede riscoperta ha qualcosa di nostalgico. Ma la nostalgia non riproduce la storia, la nostalgia è invece l'invenzione di un passato modellato sul nostro sogno del futuro." Anche secondo Aboudrar, quel futuro e il presente, hanno le caratteristiche di una guerra in cui il corpo della donna è strumento, ma anche obiettivo.
L'immagine della donna interamente velata e vestita di nero, il cui corpo, il volto, la forma delle mani o la luce degli occhi sono impossibili da intravedere, nega che la donna sia donna. Questa immagine segue la stessa logica della distruzione della città di Palmira.
Va sottolineato come il velo sia una caratteristica dei regimi più retrivi e oppressivi, anche nei confronti degli uomini e di chiunque la pensi diversamente e non voglia adeguarsi alle regole imposte dal potere e dagli imam come ad esempio in Arabia Saudita.
Considerazioni finali
Nell'orribile capodanno di Colonia, la libertà è stata trasformata in vulnerabilità e la violenza sulle donne, un'arma contro i valori dell'Occidente. In questo senso potrebbe essere inteso come la prova generale di uno scontro tra barbarie e civiltà, perchè saremmo davanti ad un vero e proprio attacco al cuore della nostra società.
A questo punto è evidente come l'Europa debba imparare a confrontarsi con chi è portatore di una cultura così diversa e imparare a gestire meglio il dopo accoglienza. Non ci sono ricette già pronte per affrontare quello che si sta presentando come un evento di portata epocale, si può tentare di prefigurare un percorso.
Intanto la scuola ha un ruolo cruciale non solo per i bambini ma anche per gli adulti, imparare la lingua del paese ospitante, vuol dire venire a contatto con la sua cultura e quindi i suoi valori, nella didattica si dovrebbe ad esempio fare spazio alla storia, superando l'impostazione eurocentrica, e l'insegnamento della religione andrebbe ampliato con la storia delle religioni' per conoscere meglio l'altro e poter costruire un canale di comunicazione più efficace.
La politica inoltre dovrebbe esprimere la capacità di creare le condizioni per l'inclusione dei nuovi arrivati, attraverso scelte urbanistiche e della casa lungimiranti per evitare la ghettizzazione nelle periferie delle grandi città che già sono gravate da tematiche di difficile governo e soluzione.
Importante è anche il ruolo della chiesa, cattolica, protestante, ortodossa.
Oltre alla missione umanitaria che già svolgono, dovrebbero perseguire con tenacia il dialogo interreligioso. La prossima visita di papa Francesco alla moschea di Roma, programmata per l'aprile prossimo costituisce senz'altro un segnale importante di apertura verso l'altro.
Ma qual'è l'atteggiamento dell'altro? Mancando una gerarchia all'interno dell'Islam, tutto diventa più difficile, in quanto ogni comunità, ogni imam, ogni mullah interpretano il Corano secondo visioni proprie. Di fronte alla complessità degli scenari e alla vastità planetaria, occorrerebbe un ruolo attivo anche delle istituzioni rappresentative internazionali.
Cosa può fare l'ONU attraverso l'UNICEF, l'UNESCO, l'UNHCCR, per promuovere la tolleranza partendo proprio dagli aspetti religiosi. Infine non ci sono solo diritti, anche doveri, per rispettare i quali occorre rinunciare a una parte di sé. Se non si è disponibili a un'approccio realistico e libero da astrattezze ideologiche e teologiche, non si va da nessuna parte perchè l'integrazione non sarà possibile.
Bibliografia
Stieg Larsson : "Uomini che odiano le donne".
MicroMega 5/2014:" Il corpo della donna tra libertà e sfruttamento".
L'Espresso,n.1 anno LXII, 7gennaio 2016,"Sul corpo delle donne".
La Repubblica del 10-1-2016
La Repubblica del 12-1-2016
Il Venerdì di Repubblica,22 gennaio 2016