di Agostino Bagnato
SALVATORE PROVINO, «Andando verso…», 2013-15, olio su tela, 200x500.
Oltre due anni di lavoro, intensissimo e faticoso. Barattoli senza conta di olio, lunghissime ore di riflessione e poi l’agire pittorico continuo e sempre controllato. L’ultima creazione artistica di Salvatore Provino, attaccata al muro del suo studio romano, appare come un vero e proprio capo d’opera. In effetti, si può parlare di un punto di arrivo del lungo percorso del maestro di Bagheria, iniziato alla fine degli anni Settanta dopo la fase legata alla scoperta della geometria non euclidea.
Ancora una volta è il groviglio della materia che la fa da padrona, materia che si addensa come manifestazione del sé, e si condensa in forme sempre rinnovate e polimorfiche. Ma questa volta la fenomenologia dell’essere è drammaticamente manifesta nel nero colore di base ovvero partenza di questa epifania gigantesca e nel bianco che prende a sprazzi il sopravvento nello spazio unitario. Si crea un contrasto di forze, tra il nero e il bianco, espresso appunto dai due colori che non ammette sfumature, non scivola nel compromesso della cromia, non vela la potenza del pensiero. Si può parlare di metafora? Probabilmente il titolo aiuta a leggere il racconto nel suo farsi parola, figura, essenza, materia. Dal Caos al Cosmos, appunto, dall’Idea che esiste in sé e dal pensiero che la manifesta, quindi dall’«Idea» al «Nous» passando attraverso fasi cosmiche che portano al «Logos».
Opera metafisica, dunque. Provino non sarà probabilmente d’accordo con questa valutazione dal sapore intellettualistico, perché considera la spiritualità e il mistero aspetti legati al carattere intrinseco dell’uomo e della sua natura in quanto tali. Probabilmente il suo procedere non ha nulla di consapevolmente catalogabile, ma è difficile osservare e leggere questo grandioso dipinto senza sentirsi annichiliti, come se si fosse calamitati, attratti, risucchiati, assorbiti e fagocitati dalla materia nel suo ribollire dal Caos primigenio e archetipale al Cosmos nel divenire ordinato dal Logos e quindi dalla futura razionalità. Il grande dipinto può essere diviso in due sezioni simmetriche, anche se la sua caratteristica basilare, come in tutte le opere di notevole dimensione, è l’unitarietà, la dimensione lineare del racconto teogonico o ctonio che sia. Ma la lettura del suo significato è pressoché personale. L’artista non detta un suo personale codice interpretativo delle sue opere, perché il linguaggio è libero, non sottoposto a nessun catalogo. In questo senso l’arte è libertà, ma non improvvisazione, disordine, anarchia. Per questo ogni lettura è opinabile ma sempre all’interno della grammatica costruttiva ed espressiva di Salvatore Provino, la cui coerenza è diventata proverbiale.
La parte sinistra potrebbe rappresentare l’origine dell’Idea, della materia primordiale in sé, che si dipana nello spazio metafisico macinando e digerendo ogni sostrato e sostanza, originando materia nuova, in via di ordinazione logica. La parte destra potrebbe manifestare l’organizzazione del pensiero che si è fatto fenomeno, «noumeno» capace cioè di manifestarsi e di essere visibile e quindi apprezzabile e valutabile, Cosmos appunto. Non c’è iato tra i due momenti, ma se frattura esiste è soltanto di contenuti e non di giudizio o di privilegio. Lo scontro tra i due tempi dell’universo è certamente percepibile, ma è nella concezione del divenire che si risolve e si acquieta, nell’«eterno, infinito andar del tempo» di cui l’uomo è particella sensibile anche se infinitesimale che si realizza come sintesi del tutto.
Salvatore Provino ha probabilmente superato se stesso, ripetendo e reinterpretando il suo mondo, ma «andando verso…» dove ciascuno di noi contemporanei trova la forza di dirigersi ed è capace di cercare in sé le ragioni dell’agire e del fare. E se verso fosse “versus”, dietro, magare un tornare indietro? Pericolo che si percepisce nel manifestarsi dell’esistenza quotidiana, ma che l’homo sapiens sapiens è in grado di avvertire ed evitare. In questo senso Provino possiede i caratteri di quel materialismo storico che si fa strumento di conoscenza e di analisi della realtà per mitigare combattere e se possibile sconfiggere la negatività dell’esistenza e il pessimismo della ragione. Egli ci aiuta a riflettere, ci sollecita ad operare, ci suggerisce il “verso…” che ciascuno deve trovare. Ma ci dice che c’è un «topos» da scoprire e da conquistare. Un «topos» che in conclusione è un punto di arrivo per ciascuno di noi, la «polis» della civiltà occidentale.
Roma, 20 aprile 2015