intervista a Franco Ferrarotti
di Agostino Bagnato
Franco Ferrarotti interviene con questa intervista, esprimendo la propria opinione, sulla mobilitazione degli agricoltori europei. Lo fa con la piena consapevolezza del grande sociologo, osservatore e analizzatore della realtà socio-politica ed economica dell'Italia e dell'Europa, e dello studioso dei fenomeni storici di trasformazione delle società continentali. Sempre disponibile a rispondere alle richieste della rivista "l'albatros", esordisce sostenendo il diritto dell'agricoltura ad ottenere la dignità che merita. Questa sua presa di posizione non sorprende, conoscendo le sue lontane origini rurali e le ricerche condotte in ambito agricolo.
Professore, quali sono a suo giudizio le ragioni di fondo della protesta degli agricoltori che riguarda quasi l'intera Europa? Non si era mai vista una mobilitazione così massiccia.
A mio parere, non si tratta soltanto di rivendicazioni sindacali. È vero, la concorrenza tra sistemi agricoli sul mercato globale, sta creando serie difficoltà agli agricoltori. Il lungo periodo di protezione del reddito aziendale, garantito dalla Politica Agricola Comune, rischia di saltare a causa delle difficoltà del bilancio europeo e della situazione economica provocata dal conflitto in Ucraina. Da qui la necessità di alcune riforme della Pac che produrranno qualche ulteriore difficoltà.
Ma il problema nuovo che si presenta oggi è la perdita di dignità della categoria nel suo complesso.
Cosa intende dire con perdita di dignità?
Gli agricoltori hanno conquistato un ruolo fondamentale nella società quando hanno scelto la stanzialità per produrre il necessario all'esistenza umana e alla sua evoluzione. Da qui il riconoscimento del ruolo primario nell'economia e la valutazione della sua importanza. Per molti millenni, l'agricoltura ha testimoniato la sua identità che si è anche manifestata nella sua stessa dignità.
La tecnica, a cominciare dalla meccanizzazione, ha finito con il subordinare la coltivazione dei campi e l'allevamento del bestiame, alla scienza applicata. I risultati, come sappiamo, sono stati straordinari sul piano del miglioramento della produttività, della qualità della produzione, della riduzione della fatica materiale e della difesa della salute dei lavoratori. Paradossalmente, si potrebbe affermare che protagonista è stata la scienza. Per i mutamenti in atto nella società e per l'evoluzione tecnologica sempre più veloce, l'uomo rischia di essere sempre più emarginato. Anche sul piano delle derrate agro-alimentari, l'insorgere di processi tecnologici che snaturato la qualità delle produzioni e le tradizioni enogastronomiche (farine d'insetti, carni coltivate, salumi e formaggi delocalizzatii, ecc.), snaturano l'identità faticosamente conquistata delle derrate agro-alimentari. Di conseguenza, la dimensione socio-economica dell'agricoltura subisce un ridimensionamento.
Cosa intende dire?
Risposta Artificiale contro naturale. Tecnologia contro sostenibilità. Gli agricoltori sostengono che i costi della transizione ecologica non possono essere scaricati sulle aziende agricole. Chiedono un allentamento dei vincoli del Green Deal.
Ma la realtà è quella che conosciamo: un mutamento e un allentamento della lotta ai mutamenti climatici avrebbero conseguenze negative per il futuro del pianeta.
Cosa propone, professore? Non potrà mai esserci agricoltura senza l'uomo...
Evidentemente no! Occorre il giusto equilibrio. Gli agricoltori hanno il diritto di manifestare per sostenere le loro rivendicazioni, ma debbono anche guardare ai diritti dei cittadini tutti.
Ma la potenza delle macchine dà la dimensione di cosa potrà fare la scienza. Di conseguenza, ci sarà una perdita ulteriore di peso degli agricoltori nella società e nell'economia. Da qui la rivendicazione del riconoscimento della propria dignità.
È la prima volta che si presenta in maniera così vasta tale tematica. Perché proprio ora?
L'ho detto in precedenza.Gli agricoltori avvertono di essere l'anello debole della catena che rischia di spezzarsi, per effetto della crisi internazionale, alla quale l'Europa non sa e non è in grado di dare risposte. Da qui paure e preoccupazioni. Come sarà l'Europa del futuro?
Al rombo assordante dei trattori sempre più potenti dovrà corrispondere e venire una qualche risposta, da parte delle autorità nazionali ed europee, molto prima delle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo e della Commissione di Bruxelles.
L'impressione è che gli agricoltori hanno preso consapevolezza della gravità complessiva della situazione e vogliono concorrere a trovare e costruire risposte adeguate.
Bisognerà guardare all'uomo con maggiore attenzione, mi pare ci capire...
L'uomo deve tornare al centro della scena. Non è certamente il Quarto stato delle lotte del primo Novecento, ma non bisogna mai dimenticare la dimensione umana, di fronte alla potenza delle macchine e della tecnologia. La figura dell'agricoltura travalica quella dell'homo oeconomicus per inglobare il ruolo più complessivo di facitore di cultura, difesa dell'ambiente e del patrimonio naturale, di attore delle politiche per progettare e costruire il futuro.
Grazie, professore.
Agostino Bagnato
Roma, 3 febbraio 2024
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