AMICHEVOLE CONVERSAZIONE CON IL PROF. FRANCO FERRAROTTI
intervista di Agostino Bagnato
Ferrarotti in un ritratto di Ennio calabria
Una lunga e gradevole conversazione tra amici, a piede libero come si dice. Senza nessuna pretesa di compiutezza e di ragionamento concluso. Il professor Franco Ferrarotti, lucidissimo nel pensiero dispiegato dall’altezza dei suoi quasi cento anni, offre ancora una volta la sua sapienza ed esperienza per cercare di comprendere e giudicare gli avvenimento del nostro tempo. In questa stagione così affollata di tragedie e di minacce di ulteriori e più gravi catastrofi, il punto di vista da un prezioso osservatore storico è quanto utile oltre che necessario, per capire dove si sta andando. Cercare di comprendere come si muovono gli Stati, le coalizioni, gli schieramenti è fondamentale per ogni osservatore interessato, indipendentemente della collocazione ideale e politica.
Siamo alla vigilia del voto per il rinnovo del Parlamento europeo e nella maggioranza dei cittadini dei 27 Paesi che compongono l’Unione Europea, probabilmente, non è chiara la posta in gioco. Non si tratta soltanto di eleggere i 705 componenti dell’Assemblea che si riunisce a Strasburgo e a Bruxelles, ma anche decidere chi dovrà guidare l’Europa nei prossimi anni. Saranno gli Stati membri a designare i membri della Commissione che dovrà gestire gli infiniti dossier; il Parlamento Europeo dovrà approvare obbligatoriamente questa scelta che scaturirà dall’orientamento e dalla storia di ciascun gruppo politico. Attualmente la guida della Commissione, affidata alla tedesca Ursula von der Leyen, è stata espressa da una intesa tra Partito Popolare, Partito del Socialismo Europeo e Partito Liberale, con l’adesione di gruppi minori. All’opposizione si trovano i Conservatori e le forze di destra.
La situazione che appare oggi è molto cambiata. Le forze populiste, nazionaliste e sovraniste sembrano oggi in ascesa e il pericolo che dalle urne il prossimo 8 e 9 giugno non esca una indicazione chiara sulla maggioranza che dovrà farsi carico del difficilissimo compito di guidare l’Europa è molto probabile. Quale maggiorana sarà possibile e sarà formata? Si riuscirà a trovare una sintesi che sia in grado di conciliare le differenti esigenze dei Gruppi politici e dei Paesi che li esprimono? Qual è il reale peso dell’Italia, socio fondatore dell’Europa comunitaria nel lontano 1957 con la promozione e la firma del Trattato di Roma, al di là dei proclami trionfalistici che fanno i rappresentanti del governo, a cominciare dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni?
Parlare di questi temi così complessi con una personalità prestigiosa come Franco Ferrarotti, è una lezione di civiltà assoluta, un insegnamento indelebile, un incitamento a sapere di più. Il suo bagaglio umano e culturale, il lunghissimo magistero intellettuale, a cominciare dalla professione di sociologo e di docente universitario nei più prestigiosi atenei europei ed americani, autore di infiniti saggi e pubblicazioni sui temi più svariati della società contemporanea e del suo divenire, ne fanno un osservatore privilegiato e ascoltato nelle sedi più direttamente interessate sul piano politico, culturale, socio-economico, ideale.
Sempre disponibile a offrire il proprio prezioso, generoso e disinteressato contributo alla rivista “l’albatros”, anche in questa occasione svolge le proprie considerazioni, porgendole come riflessioni e stimoli a conoscere meglio ciò che accade. Gli sarò sempre grato per questa sua predisposizione alla divulgazione della propria conoscenza e delle sue percezioni delle realtà. Gliene saranno grati collaboratori della rivista ed i lettori.
COSA SUCCEDERÀ IN EUROPA?
Professore, tra circa una settimana siamo chiamati a votare per il rinnovo del Parlamento Europeo. La situazione appare molto complessa e gli schieramenti interni all’aula di Strasburgo non sono ben definiti, così come non sono precisi gli orientamenti dei singoli Stati. Qual è la sua impressione?
• Spira un vento di destra, attualmente, sull’intera Europa. Le ragioni sono molteplici e non si può fare una disamina sommaria. Bisogna comprendere bene cosa è successo nei singoli Paesi con la crisi provocata dalla pandemia e dalle conseguenze della criminale aggressione della Russia all’Ucraina. Una conversazione ragionata e approfondita richiederebbe analisi e tempi molto più lunghi, oltre a studi specifici, tenuto conto che l’Unione Europea riunisce circa cinquecento milioni di abitanti espressi da ventisette Stati. La mia impressione è che di fronte a questo stato dell’arte, come si dice, il sogno dell’Europa di Altiero Spinelli, Ernesto de Martino ed Eugenio Colorni dovrà ancora attendere. sono pertanto molto addolorato per come sono andate le cose e non sono affatto fiducioso per quanto riguarda il futuro.
Sta dicendo che le forze nazionaliste e sovraniste stanno prendendo il sopravvento?
• Mi auguro che il governo europeo che esprimeranno il prossimo Consiglio Europeo degli Stati e il Parlamento non faccia dell’Europa e della Commissione che dovrà guidarla un gruppo ragionieristico, senza una visione di futuro interno e di ruolo del Vecchio Continente nel mondo. Mi sembra che stia tornando l’idea prevalente delle patrie, di cui parlava Charles De Gaulle. Se ciò risultasse dominante e vincente, sarebbe un fatto molto negativo, non soltanto per il momento contingente che stiamo attraversando. Questa è l’Europa degli egoismi nazionali e dei piccoli affari, altro che il grande Continente di cui si avverte il più grande bisogno. Il mondo sta andando in una direzione assai incerta, irta di pericoli e di minacce: un Continente come l’Europa che non riesca a svolgere un ruolo di guida, nell’occidente atlantista, è una grave responsabilità.
A cosa si riferisce, in particolare?
• Emmanuel Macron è responsabile di proclamare una politica interventistica, giocata prevalentemente in chiave francese. Al contrario, sarebbe necessaria una iniziativa unitaria che porti a una politica estera unitaria ed una difesa comune, con strumenti autonomi e strutture militari congiunte. Senza questa ossatura non si potranno fare grandi passi in avanti.
Eppure, tuti riconoscono l’Europa potrebbe svolgere un grande ruolo nell’attuale fase storica…
• È proprio così. L’Europa dovrebbe svolgere un ruolo guida nel nuovo ordine mondiale che, in ogni caso, dovrà nascere da questa fase. Il problema è chi sarà in grado di prenderne le redini, di assumere la guida democratica. Macron appare come il nuovo De Gaulle, senza avere la statura storica e lo spessore politico. Pertanto può essere utile per una politica di sovranità nazionale e non sovranazionale, unitaria a tutti gli effetti. Se guardiamo allo scenario mondiale, ci rendiamo conto che soltanto gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea sono le uniche forze democratiche al mondo, salvo realtà periferiche. E allora, cosa fanno gli Stati che compongono l’Unione Europa? Invece di pensare in grande, di guardare al di là delle mura e delle torri dei propri territori, si incartano in una gestione da bottegai litigiosi, rinunciando a trovare una strada comune e tracciare un percorso condiviso che porti oltre quei confini angusti…
Avverto un notevole pessimismo nelle sue parole…
• Ho vissuto il sogno dell’Europa unita nelle giovinezza, a partire dagli anni Cinquanta, lavorando fianco a fianco con Altiero Spinelli, Robert Schuman e Pierre Mandès France e non posso rassegnarmi ad assistere a questo spettacolo che non meritano i cittadini europei…
Credo che siano d’accordo con lei milioni di Italiani, oltre che tanti cittadini degli altri paesi europei. Purtroppo assistiamo impotenti di fronte a questo scenario.
• Purtroppo è così. Ma non bisogna rassegnarsi, se vogliamo che l’Europa sopravviva al suo destino che i suoi attuali dirigenti hanno disegnato mediocre e scialbo. Una reazione è necessaria. Vediamo intanto cosa uscirà dal voto di sabato 8 e domenica 9 giugno 2024. L’Europa ha sempre trovato nel suo interno le forze per rinascere. Ci riuscirà anche questa volta.
Soltanto che lo scenario internazionale è molto mutato e continuerà a mutare, senza che l’Europa abbia potuto svolgere il suo ruolo adeguatamente.
• Questo è il punto. Fintanto che il ponte di comando della nave è in mano a navigatori poco adeguati, il risultato non cambierà.
RUSSIA- UCRAINA
Professore, a questo punto non possiamo non parlare della guerra non molto lontano dall’Italia. Come giudica il grave stallo nel conflitto Russia-Ucraina? Mi riferisco alla mancanza di qualsiasi iniziativa politico-diplomatica per giungere ad un cessate il fuoco e a una possibile trattiva di pace…
• Si tratta di un momento davvero difficile, sia per gli Stati Uniti che per l’Europa.
A cosa son dovute queste difficoltà?
• A fattori contingenti, come le elezioni in Europa e quelle in America il prossimo tardo autunno. Sono appuntamenti decisivi per i destini del mondo intero, guardando alla posta in gioco. Queste circostanze hanno rallentato l’attenzione dei protagonisti dalla ricerca di una soluzione possibile. Su piano militare, qualsiasi soluzione appare difficile. L’Ucraina ha bisogno di aiuti militari sempre più moderni ed efficienti per contrastare la criminale aggressione russa, ma anche di uomini da inviare al fronte per rafforzare la difesa ucraina, oramai allo stremo. La Russia sa benissimo che, senza un accordo ed una giusta pace, non riuscirà mai tenere i territori conquistati, salvo radere al suolo città e villaggi. E allora, meglio attendere… Anche per questo motivo dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina, militarmente ed economicamente.
Molti Paesi manifestazione segni di stanchezza e di disaffezione alla causa ucraina…
• Non sono in grado di esprimere un giudizio compiuto, ma io non vedo altra soluzione se non quella di restare a fianco del popolo ucraino, continuando a incalzare la Russia per una soluzione pacifica ragionate e condivisa.
Cosa succederà da qui in avanti?
• Vladimir Putin vuole restaurare l’impero zarista, non ricostruire l’Unione Sovietica. I paesi europei ex comunisti non lo interessano più di tanto, salvo ottenere la neutralità di alcuni e risolvere la questione dell’exclave di Kaliningrad. Putin non vuole essere l’erede di Stalin. Voglio ricordare che prima del conflitto egli aveva richiamato il trattato di Brest-Litovsk del 3 marzo 1918 con cui Vladimir Lenin concludeva la pace con gli Imperi centrali in conflitto dal 1914 e riconosceva l’indipendenza dell’Ucraina. Lenin veniva contestato per avere concesso l’indipendenza alla nazione ucraina, costata una sanguinosa guerra civile per la successiva annessione all’Unione Sovietica nel 1922, conseguenza anche del trattato di Riga.
Il Presidente ucraino continua a chiedere armi per colpoire la Russia sul suo territorio
Assistiamo ad un paradosso della storia: i Romanov, destituiti dal trono e uccisi a Ekaterinburg, è come se tornassero per un risarcimento postumo…
• Putin vuole tornare al passato. Per lui la dimensione geo-politica è quella del Granducato di Moscovia; quando nel 1480 Ivan III il Grande allontanò i mongoli, iniziò a gestire i territori annessi alla Russia primigenia in maniera autocratica, samoderžava, ovvero autocrazia, facendosi chiamare car e creando lo carstvo, lo zarismo che prese forma di regno, Korolstvo, con il nipote Ivan IV il Terribile nel 1547. Il passo successivo è stato l’impero con Pietro il Grande nel 1721, seguito da Caterina II, in conseguenza delle sempre più vaste conquiste territoriali. In questo scenario, la presenza dell’Europa sarebbe fondamentale: una forza attiva e intelligente contro borghesi litigiosi come nel più oscuro passato.
Ma chi riuscirà a imporre la pace, in queste condizioni?
• Al momento, è difficile fare previsioni. Torno al punto di prima: l’Unione Europea è l’unica realtà politico-militare in grado di agire, ma non lo fa perché non ne ha gli strumenti. Dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, bisognerebbe cominciare a costruire questi strumenti unitari: politica estera e difesa comune. Ci vorranno anni per avere un ministero degli esteri autonomo e un esercito con la sua bandiera e le sue divise. Ma se la strada è questa, i primi segnali inequivocabili dovrebbero portare a una rottura delle dighe dell’incomunicabilità.
Bisognerà attendere le elezioni americane, Professore?
• Probabilmente sì. Se la Russia dovesse piegare la resistenza ucraina e dilagare militarmente, tutto diventerebbe più difficile e i pericoli di una escalation incontrollata aumenterebbero pericolosamente. Stiamo vicini al punto di non ritorno.
ISRAELE, PALESTINA, HAMAS
Professore, siamo a un passaggio tragico del conflitto tra Israele e la Palestina, complice Hamas. Cosa sta succedendo?
• I terroristi di Hamas, con il loro attacco barbarico dello scorso 7 ottobre contro kibuzzim ebraici e strutture civili dello Stato di Israele, hanno dato modo ai sionisti di scatenarsi. Le fazioni più estremistiche sono scese in campo senza nessuna remora e non sono disposte a fermarsi per nessuna ragione. Rispondono alle provocazioni e alle stragi perpetrate da Hamas con altrettanta violenza e crudeltà, pur rendendosi conto dei danni gravi che arrecano alla causa israeliana.
Cosa intende dire?
• Le continue manifestazioni di protesta in molti paesi occidentali, a cominciare dalle università americane, stanno a testimoniare che il sostegno che Israele godeva nel mondo si va inesorabilmente erodendo. Bisogna ricordare che lo Stato ebraico è l’unica democrazia nel Medio oriente e che la sua esistenza è un elemento decisivo per il mantenimento della pace in quell’area. Purtroppo quanto sta accadendo a Gaza con l’intervento militare israeliano contro la popolazione civile, con la distruzione delle strutture civili e migliaia di morti, tra cui moltissimi bambini, sta turbando la coscienza di molti occidentali. Hamas gode di un sostegno politico e militare da parte di numerosi paesi arabi, dalla Siria all’Iran, per cui non si arrenderà facilmente, salvo la distruzione fisica. Tutto ciò desta preoccupazione ed orrore. La popolazione di Israele sembra rendersi conto dei pericoli d’isolamento del proprio paese nel mondo, ha manifestato con forza per una soluzione pacifica del conflitto, ma Netanyhau non intende ragione.
Ma qual è la posta in gioco?
• Benjamin Netanyahu non accetterà mai la soluzione auspicata dall’Occidente, ovvero dare vita allo stato palestinese. Così due Stati, che si riconoscono reciprocamente e che vengono accettati dalla comunità internazionale, faciliterebbero la strada della pacificazione e della normalizzazione dei rapporti tra i due popoli.
Il problema è che Hamas non riconosce il diritto di Israele ad esistere e di conseguenza si torna al punto di partenza…
• Sì, anche se l’obiezione che viene subito fatta è che Gaza non è la Palestina e Hamas non è il rappresentante del popolo palestinese. Una contraddizione interna difficilmente risolvibile. Di cui Netayahu approfitta da tempo per allontanare una soluzione politica e diplomatica che dovrebbero imporre Stati Uniti e Unione Europea. Anche in ruolo della Russia sarebbe necessario, ma lo scenario di guerra in Ucraina allontana questa possibilità. Vladimir Putin si è autoescluso dalla partita. Pertanto, la strada è tutta in salita e l’orrore non è purtroppo finito.
Cosa intende dire, professore?
• Che la destra israeliana più intransigente, costituita anche da gruppi religiosi integralisti ed estremisti, intende colpire con tutti i mezzi possibili il popolo palestinese per indebolirlo e fiaccarlo. Si tratta di una strategia atroce, ma in questo momento sembra prendere sempre più consistenza.
Ma qual è la posta in gioco, a questo punto?
• La posta in gioco è l’esistenza di Israele. Se non passa la strategia elaborata trenta anni fa a Camp David da Bill Clinton, sfociata nell’accordo tra Yasser Arafat e Izhak Rabin che prevedeva l’esistenza di due Stati indipendenti, reciprocamente riconosciuti, la posta in gioco è l’esistenza di Israele. Se Netanyahu non accetta questa soluzione, continuando a erodere il territorio palestinese con la creazione di nuovi coloni, non c’è altra strada: o Israele o la Palestina. E oggi nessuno è in grado di affermare come andrà a finire, vista la situazione internazionale.
Un previsione catastrofica. A questo punto bisogna interrogarsi su quale destino debba avere l’intera area medio orientale: ritrovarsi all’interno di una villaya ottomana o nell’area democratica e liberale di tradizione illuministica?
• La strada più giusta e obbligata, direi, è la seconda. Il Medio Oriente, l’Europa, la parte settentrionale dell’Africa, hanno bisogno di un punto di riferimento democratico per partecipare alla costruzione del futuro come liberi protagonisti. Gli ebrei hanno diritto ad un proprio territorio, come hanno riconosciuto le Nazioni Unite nel 1947; i palestinesi hanno lo stesso diritto a vivere sulle loro terre d’origine amministrate come Stato. Qualsiasi altra soluzione non appare praticabile, salvo tragedie inenarrabili. Il mondo civile deve impegnarsi ad evitarle.
Grazie, Professore. La sua disponibilità e cordialità sono un grande insegnamento per tutti. Speriamo che possa essere ascoltato.
Salvatore Miglietta, Ritratto di Franco Ferrarotti, 2008, olio su tela, 70x50
Agostino Bagnato
Roma, 30 maggio 2024